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venerdì 10 aprile 2015

Se reato di tortura deve esserci che lo sia per tutti coloro che lo commettono indistintamente

Pubblico volentieri questo articolo perchè penso che se si vuole cercare di migliorare la situazione nel nostro Paese, dobbiamo essere giusti ed equilibrati nella visuale del contesto in cui avvengono i fatti, e dico che non è giusto criminalizzare le Forze dell'Ordine mescolando i fatti fra loro in modo da fare schiuma e non permettere così di vedere la realtà nella sua totalità. 
Indubbiamente l'irruzione alla Diaz e quanto accadde a Bolzaneto restano pagine molto nere nella nostra Storia, ma non per questo si deve vanificare tutto il lavoro delle FFOO che spesso con addosso la loro Divisa ricevono i peggiori insulti e sono colpiti da sassi, vernice, uova e quant'altro  durante le manifestazioni e i vari servizi d'ordine. ( Marilina Fenice Grassi )





(di Alessandro Sallusti) - La Corte di Strasburgo per i diritti dell'uomo ha sentenziato che la polizia italiana ha compiuto atti di tortura contro i manifestanti del G8 di Genova che la sera del 21 luglio 2001 si rifugiarono dentro le mura della scuola Diaz.


È vero che lo Stato deve comportarsi sempre e comunque a norma di legge, ma è anche vero che in quelle ore a Genova era in corso una vera e propria guerra contro lo Stato e contro la comunità internazionale che l'Italia stava ospitando. Cinquemila criminali provenienti da mezzo mondo si erano mescolati a una folla di manifestanti complice e avevano messo a ferro fuoco la città, attentato alla vita di poliziotti, carabinieri e civili, devastato attività commerciali.

La reazione delle forze dell'ordine, una volta ripreso il controllo del campo di battaglia, fu sicuramente dura e molti uomini in divisa l'hanno già pagata personalmente, a differenza del livello politico che ovviamente si dileguò, a partire dall'allora vicepremier Gianfranco Fini presente sul posto per coordinare gli interventi. Ma scambiare i carnefici (i manifestanti) per vittime e le vittime (i poliziotti) per assassini e torturatori è davvero troppo.

Io lo dico chiaro: non mi vergogno della polizia e dei carabinieri che operarono a Genova per difendere lo Stato di diritto dalla furia di criminali comuni, loro sì, torturatori impuniti delle nostre città e delle nostre libertà. Prima di bollare come indegne le forze dell'ordine italiane, la Corte di Strasburgo dovrebbe dichiarare fuorilegge le bande paraterroristiche di black bloc, e i loro cugini no global (pacifisti a senso unico), viste in azione a Genova, Roma, in Val Susa e più di recente sulle linee dell'alta velocità ferroviaria.


E prima che il Parlamento italiano introduca - come sta per fare - il reato di «tortura» per limitare la possibilità di contrasto delle forze dell'ordine, è bene riflettere. Credo che nessuno di noi si senta minacciato da uomini in divisa. Semmai lo Stato ci tortura lasciando mano libera ai magistrati (vedi la carcerazione preventiva per estorcere confessioni), abbandonandoci in balia della sua burocrazia, aizzando contro di noi il mostro fiscale ingiusto e ricattatore. Tutte caste intoccabili a prescindere dai reati che commettono. Reati che sono molto più pericolosi e frequenti di quelli delle forze dell'ordine. I cittadini inermi siamo noi tutti, non chi va in piazza con passamontagna, spranghe e molotov e poi fa il santarellino in Europa.






lunedì 6 aprile 2015

Il DOLORE DELL'ELEFANTINO ROI E DI ALTRI PACHIDERMI

Sappiamo che ogni 15 minuti un elefante muore a causa del prelevamento delle zanne d'avorio. Nel Parco Nazionale di Garamba, della Repubblica democratica del Congo, ne è stata fatta una carneficina.
L'IFAV, Fondo internazionale per il benessere degli animali riferisce di 68 elefanti uccisi in due mesi, e di altri 30 in poco più di due settimane.
Tutte vittime innocenti solo per l'avorio, che in questo modo è facile da accaparrarsi. Il fatto è che purtroppo ci sono solo 150 ranger che devono pattugliare oltre 12949.94 km² del parco. Così i suoi 1.700 elefanti sono diventati facile bersaglio per bracconieri e militanti armati.
Vengono dall'Uganda, dal Sudan e dal Congo e ora anche da fuori.
Il bracconaggio e la vendita dell'avorio illegale serve loro per comprare cibo, ma anche armi e munizioni. A volte gli uomini armati di fucili hanno attaccato gli animali da elicotteri, mentre altri a terra , con delle motoseghe tagliavano loro le zanne. Il prezzo del mercato nero dell'avorio in Asia, dove ill prodotto arriva, varia fra 1.000 e 1.300 dollari per libbra.
Una sola zanna a seconda delle dimensioni,può arrivare a valere da 20.000 e 175.000. In Africa, invece, a volte vengono solo cedute in cambio di munizioni e una sola zanna può valere 18.000 proiettili.
Paesi come Ciad, Camerun e Repubblica Democratica del Congo, che hanno popolazioni di elefanti sotto minaccia fortissima di bracconaggio per il loro avorio, ancora non danno segni di alcun progresso nemmeno per rallentare la strage di questi maestosi bellissimi animali.

Una triste storia come esempio, arriva dalle pianure del Masai Mara National Reserve, in Kenya ed è quella di un giovane elefantino che rimane immobile, davanti al corpo della sua mamma senza neppure voler staccare la sua piccola proboscide dalla schiena materna. Però purtroppo la mamma è stata avvelenata dai bracconieri che con una lancia l' hanno colpita in testa.
Il piccolo, che così non può più bere il latte della mamma, rischiando di morire ha bisogno di essere salvato subito. Il branco che lentamente inizia ad allontanarsi, induce l'elefantino a seguire un'altra madre che ha il suo cucciolo da allattare. Il piccolo orfano così cerca di succhiare, ma l'elefantessa dolcemente lo respinge .
Solitamente gli elefanti adottano gli orfani del branco, ma condividendo il latte solo in situazioni in cui non mettano a repentaglio la salute dei propri cuccioli. Fortunatamente, però, viene allertato Richard Roberts, del Mara Elephant Project e può avere inizio così un estremo salvataggio. La matriarca diventata molto protettiva verso l'orfano fa si che i soccorritori fatichino a catturarlo. Ma se pur faticosamente riescono e finalmente il piccolo Roi, così da loro chiamato, può essere portato in un 'orfanotrofio per elefanti.
Le prime settimane dei un giovani cuccioli di elefante orfani sono sempre critiche e non sempre tutti sopravvivono sfortunatamente ,perché la sensazione di dolore e di angoscia che li assale può diventare così forte da portarli letteralmente a lasciarsi morire nel rifiuto totale di cibo o acqua. Roi, invece viene da subito confortato e consolato dagli orfani più anziani del centro, che gli danno l'attenzione e l'amore di cui necessitava.


Marilina Fenice Grassi 
Video della storia del cucciolo Roi https://www.youtube.com/watch?v=amUWVJC1vl4



domenica 15 marzo 2015

LA MISERICORDIA?SI MA NELLA GIUSTIZIA! (una mia personale riflessione )

Ripropongo anche questo articolo che scrissi il 15/03/2015

Midrash dei bicchieri vuoti sulla Genesi:

Il Signore Dio è come un re che aveva dei bicchieri vuoti. Disse il re: "Se io vi metto delle cose calde si spaccano, se le metto fredde si incrinano. Cosa fece il re? Miscelò le cose calde con quelle fredde, le versò ed i bicchieri non si ruppero. Così disse il Signore: se creo il mondo con la misura della compassione, i peccatori saranno molti; se invece con la misura della giustizia, come potrà sussistere? Dunque lo creo con la misura della compassione e con quella della giustizia: magari resisterà!".
La mia riflessione prende spunto anche dalle riflessioni del cardinale Müller, prefetto della congregazione per la Dottrina della fede in occasione dei sinodi sulla famiglia ma attraverso le quali nasce il mio pensiero su questo argomento,sulle basi della mia personale esperienza umana .

“San Tommaso d’Aquino affermò che la misericordia è il compimento della giustizia, perché con essa Dio giustifica e rinnova la creazione dell’uomo. Pertanto, non dovrà mai essere una scusa per sospendere o invalidare i comandamenti e i sacramenti. Altrimenti cadremmo nella pesante manipolazione dell’autentica misericordia e anche di fronte all'inutile tentativo di giustificare la nostra indifferenza verso Dio e gli uomini”. Il principio della misericordia, “è molto debole quando si trasforma in un unico argomento teologico-sacramentale valido. Tutto l’ordine sacramentale è opera della misericordia divina, ma non lo si può annullare revocando il principio che lo regge.

Un riferimento sbagliato alla misericordia comporterebbe il grave rischio di banalizzare l’immagine di Dio, secondo cui Dio non sarebbe libero, bensì "obbligato a perdonare”.

E’ vero, che Dio non si stanca mai di perdonare e di offrirci la sua misericordia, ma “il problema è che siamo noi a volte che ci stanchiamo di chiederla”. “Oltre alla misericordia poi, c'è anche la santità e la "giustizia" che appartengono al mistero di Dio. Se nascondessimo questi attributi divini e banalizzassimo la realtà del peccato, non avrebbe senso per la gente, implorare la misericordia di Dio”, che è sia per il peccatore, che per le vittime innocenti dei peccatori

Come scrisse il teologo cattolico Pesch , “l’idea di un Dio castigatore e vendicativo ha gettato molti nell’angoscia a proposito della loro salvezza eterna. Il caso più conosciuto e che portò gravi conseguenze per la storia della chiesa fu il giovane Martin Lutero, a lungo tormentato dalla domanda: ‘Come posso trovare un Dio benigno’? Finché un giorno riconobbe nel senso della Bibbia, che la giustizia di Dio non è punitiva, ma giustificante, quindi misericordiosa. Su questo argomento nel XVI secolo la Chiesa si divise”.

La misericordia dunque non deve essere una visione sdolcinata di un Dio possibilista verso le esigenze umane, oppure accondiscendente o buonista. Bensì è una sfida, teologica, sociale e anche politica. Vi sono molti rischi che si nascondono nell'enfatizzazione della misericordia, tanto che a volte, questi sono contro la Verità.


In un mondo che ha rinunciato a Dio e alla ragione, allora non ci si potrebbe che accontentare dei buoni sentimenti, o peggio del sentimentalismo. Ma “la misericordia senza verità sarebbe disonesta e semplice consolazione, cioè chiacchiere a vuoto. Viceversa, si sa anche che la verità senza misericordia sarebbe fredda, scostante e pronta a ferire”.


Allora penso alle parole del teologo protestante Heinz Zahrnt : I peccatori non sono scusati e la malattia non viene idealizzata. Certo,“Gesù è un amico dei peccatori, non è però il loro compagno”… Indubbiamente il ritorno del peccatore è indispensabile, ma non è questa la condizione, ma è invece la conseguenza del dono grandioso di Dio”.


Dunque come giustamente fa notare Kasper : “Se la misericordia è la proprietà fondamentale di Dio, essa “non può essere un’attenuazione della giustizia”, ma piuttosto la giustizia di Dio “partendo dalla sua misericordia”. La misericordia dunque è la giustizia specifica di Dio” , è quindi perfezionamento e compimento della giustizia ma “non ne èl' annullamento”, bensì la presuppone, altrimenti sarebbe giustizia unilaterale e manchevole nei confronti di chi ha subito violenze di ogni tipo, e ripenso all'olocausto, al femminicidio, alle vittime del terrorismo e della mafia, delle guerre, delle “MALDICENZE”!!

Tutte cose queste, che hanno provocato ferite indelebili nell'anima delle vittime di questi fatti e che le hanno spesso emarginate rovinando loro la reputazione per lunghi anni e in alcuni casi per sempre, e a volte addirittura il corso della loro vita ( perché se ciò dovesse essere giustificato a priori, senza preoccupazione per chi ha subito, allora mi viene da dire che se dove finisce la tua libertà inizia la mia , al contempo dove finisce la tua cattiveria inizia la mia reazione che sarebbe quindi altrettanto giustificabile) .

Allora mi sorge la domanda Kantiana applicata all'esperienza personale : in cosa può sperare chi è stato vittima di tutto ciò che ho menzionato poc'anzi? Forse che l'offender sia perdonato a oltranza e la vittima si metta in saccoccia le offese e i danni subiti e dimentichi? Non siamo automi anche se stiamo vivendo in un'epoca del quasi cyber spazio.

Ci sono cose che non si potranno mai cancellare dalla memoria , perché spesso hanno cambiato la vita delle persone e il corso della vita di queste. Dunque a me piace moltissimo il pensiero di Kasper quando dice che : “per la Bibbia… la con-sofferenza di Dio non è espressione della sua imperfezione, della sua debolezza e della sua impotenza, ma è espressione della sua onnipotenza… Egli non può quindi essere passivamente e contro la sua volontà, colpito dal dolore. Ma nella sua misericordia si lascia sovranamente e liberamente colpire dal dolore” , perché il contrario , mi farebbe pensare ad un Dio apatico... lontano da me. Mentre il pensiero che Lui soffriva con le vittime, per la mia interiorità è consolatorio perché giustifica anche che Dio non soffre in quanto Dio ma come Uomo in Cristo, e questo da senso anche alla mia fede. Certamente, Cristo è venuto per i peccatori, ma non solo, è venuto anche per le vittime della cattiveria umana e ne fu un esempio Lui stesso.

In ultimo voglio ricordare il primo esempio della storia, che può definirsi anche il primo omicidio della storia: Caino e Abele. Al cap. 4, 9 troviamo scritto: “e disse il Signore a Caino dov’è Abele tuo fratello? Non lo so forse che io sono il custode di mio fratello?” e disse ancora “cosa hai fatto?, la voce del sangue di tuo fratello grida a me dalla terra” Ora sii maledetto lungi da quel suolo che per opera della tua mano ha bevuto il sangue di tuo fratello. 12 Quando lavorerai il suolo, esso non ti darà più i suoi prodotti: ramingo e fuggiasco sarai sulla terra». 13 Disse Caino al Signore: «Troppo grande è la mia colpa per ottenere perdono! 14 Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». 15 Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato. 16 Caino si allontanò dal Signore e abitò nel paese di Nod, ad oriente di Eden. Quindi c'è un accusa da parte di Dio a Caino di aver fatto un qualcosa di molto grave, per questo Caino dice al Signore: “… è così grande la mia colpa per poterla sopportare”. Dio non punirà Caino con la morte; anche se Caino ha ucciso, all'interno della famiglia, ammazzando suo fratello, ma Dio lo punirà con una pena che può essere da esempio nei confronti di altri ponendo però una sentenza:“chiunque uccide Caino verrà punito per 7 volte” cioè a dire Caino è un omicida, ma Caino si è reso conto della sua grave colpa, dunque non va ucciso perché Dio non ripaga con la stessa misura, ma lascia un segno che deve essere da esempio per tutti gli altri uomini della storia, perchè se Dio avesse ucciso Caino si sarebbe macchiato della stessa colpa di cui Caino stesso si è macchiato. Ma il presupposto di questo è che Caino, cioè chi offende, nel senso più ampio del termine, che si penta!!!
Anche se la mia è solo una piccola voce,spero comunque che venga ascoltata tenuta in considerazione anche in nome delle vittime delle ingiustizie umane!


di Marilina Fenice Grassi


Articolo da me già pubblicato all'inidirzzo http://marilinalince.blogspot.it/2015/03/la-misericordia-ma-nella-giustizia-una.html



lunedì 9 marzo 2015

IL PROBLEMA DELL'INQUINAMENTO DELL'ACQUA IN ITALIA


Qualche giorno fa è stato pubblicato da ISPRA il rapporto sulle indagini svolte sulle acque italiane superficiali e sotterranee del periodo 2011/ 2012 mettendo in evidenza la presenza di 175 sostanze attive.



Il rapporto è stato predisposto dall’ISPRA sulla base delle informazioni trasmesse da Regioni e Province autonome, che attraverso le Agenzie regionali e provinciali per la protezione dell’ambiente, effettuano indagini sul territorio e analisi di laboratorio.



Tra le regioni che presentano acque maggiormente contaminate ci sono la Lombardia (92 per cento), Sicilia (88 per cento) e Emilia Romagna (87,5 per cento) che peraltro è anche in classifica per la maggiore percentuale di acque sotterranee inquinate (72 per cento).




Ciò vuole dire che come per la Francia che si è scoperta con una importante presenza di fitofarmaci nelle falde acquifere la cui fonte principale di contaminazione è da ricercare nell’agricoltura intensiva che ha rilasciato sostanze sia delle acque superficiali, che in quelle sotterranee : http://www.statistiques.developpement-durable.gouv.fr/indicateurs-indices/f/1831/1902/pesticides-eaux-douces.html ,anche l'Italia presenta questo tipo di problema.Nel 2012 infatti sono state usate 400 sostanze diverse per 134.242 tonnellate di prodotti fitosanitari.




I ricercatori di ISPRA hanno riscontrato residui di prodotti fitosanitaricome erbicidi, insetticidi, funghicidi immessi nell’ambiente e che si ritrovano come molecole di bentazone, metalaxil, desetil-terbutilazina, atrazina e atrazina-desetil, oxadixil, imidacloprid, oxadiazon, bromacile, 2,6-diclorobenzammide.L’area maggiormente contaminata dai pesticidi è la pianura padano-veneta anche se mancano molti dati da svariate regioni. I ricercatori scrivono:<<Come già segnalato in passato, questo dipende dalle caratteristiche idrologiche del territorio e dall’intenso utilizzo agricolo, ma anche dal fatto che le indagini sono generalmente più complete e rappresentative nelle regioni del nord. Nel resto del paese la situazione è ancora abbastanza disomogenea, non sono pervenute informazioni dal Molise e dalla Calabria e in altre Regioni la copertura territoriale è limitata, così come il numero delle sostanze cercate. D’altra parte, laddove l’efficacia del monitoraggio è migliorata, sono state evidenziate aree di contaminazione significativa anche nel centro-sud >>.




In questo quadro, ciò che ha destato maggior preoccupazione è l’imidacloprid noto anche all’EFSA per il quale è stato richiesto l’abbassamento dei livelli guida essendo stato considerato dannoso per il sistema nervoso dei bambini. Nel 2011 le sostanze attive erano 166 e dunque nel 2012 si è registrato un’aumento e questoperché le molecole non scompaiono rapidamente e si assiste così all’effetto di accumulo.


marilinalincegrassi

mercoledì 18 febbraio 2015

Cosa significa rispettare?



Il rispetto è un grande valore! Uno di quei valori che non dobbiamo perdere, ma anzi dobbiamo approfondire per vivere meglio.
Vivere meglio? Come? Con chi?
Il rispetto come tutti i termini ha un'origine, deriva da un termine antico, etimologico, che ne delinea solitamente le caratteristiche.
Rispettare, riprende il verbo "guardare". Dunque inizialmente possiamo dire che rispettare significa sapersi guardare intorno. Un gran bel concetto di partenza, perché ci fa capire che non siamo soli al mondo.
Diceva Cicerone "non siamo nati soltanto per noi". Il valore del rispetto ci impone di guardarci attorno, di ri-guardare, come se ci dovessimo sforzare per vedere che attorno a noi c'è qualcosa : l'altro!
Accorgersi di non essere soli, non è soltanto una forma di rispetto verso gli altri, ma lo è anche nei confronti di se stessi. Il rispetto diventa anche il saper guardare i dettagli.
Purtroppo il grande errore di oggi è pensare che rispettare significhi accettare tutto, ma rispettare significa agire sapendo che non si è da soli. Il rispetto non è un valore che si può imporre, ma non è neanche qualcosa di incondizionato. Non dobbiamo per forza accettare tutto in nome del rispetto. Dobbiamo rispettare seguendo la nostra qualità più elevata che è la ragione. E l'obiettivo della nostra ragione è la Verità! Allora il rispetto segue la verità.
Da questo nasce la differenza tra rispetto e tolleranza...Ma qual'è questa differenza? Oggi si parla troppo di tolleranza, dimenticando che si "tollera" ciò che di per sé è negativo e che davvero non va proprio bene. Quindi, ogni volta che si sventola la bandiera della tolleranza, si evidenzia che c'è qualcosa di sbagliato in sè o di negativo. Per esempio nessuno  "tollera" una buona torta o un ottima pizza o una serata con gli amici! Tollerare significa più che altro sopportare e non accettare, qualcosa di inevitabile ma che non dipende da noi.  Tollerare non significa accettare.

Il rispetto invece come abbiamo detto segue la Verità , quindi il bene. Rispettare l'altro significa dunque trattare l'altro come un amico, non come un subalterno a cui benevolmente ogni tanto ci degniamo di dare attenzione . Ma rispetto fa anche rima con libertà, nel senso che non possiamo imporre agli altri di essere qualcosa di differente da ciò che loro vogliono essere, quindi non sforzarli a cambiare per compiacerci . Rispettare vuol dire imparare a conoscere gli altri, accantonare i pregiudizi che possiamo avere e saper osservare con attenzione: manchiamo di rispetto ogni volta che smettiamo di scoprire chi abbiamo di fronte, ogni volta che diamo gli altri per scontati, che ci convinciamo di averli capiti e smettiamo di imparare chi sono. Ma di fatto, noi "non siamo"o in un modo o in un altro, bensì "diventiamo" noi stessi giorno dopo giorno, senza mai fermarci.

Col termine rispetto, la lingua italiana significa un sentimento di riguardo e considerazione nei confronti di una persona ritenuta degna, e per essere degni di rispetto, basta essere persone normali e per bene, non c’è bisogno di eccellere in qualche campo, basta semplicemente non essere maleducati e opprimenti, ma applicarsi con serietà al proprio lavoro, superando i propri limiti per andare "oltre", a favore proprio e di ci sta intorno senza ostentazione,rendersi conto realmente e senza auto esaltazione della validità del proprio operato all’interno del contesto delle relazioni in cui ci si trova a vivere e ad operare,migliorando se stessi costantemente e con perseveranza.

Si deve aggiungere, però, che il rispetto dovrebbe essere biunivoco. Le persone si dovrebbero rispettare vicendevolmente. Infatti, sul vocabolario etimologico della lingua italiana,”rispetto” deriva dal latino "respectus" e il cui significato è : rispetto, considerazione . "Aver considerazione di se stessi prima, e degli altri subito dopo"; Il che rientra in un "egoismo positivo", perché molte volte noi impariamo ad osservare delle regole che determinamo il rapporto con gli altri ma, altrettanto spesso, ci dimentichiamo di noi che invece si chiama dignità, termine che connota nobiltà d’animo, e che induce a rifuggire da ogni bassezza.

Nel rapporto con gli altri, il rispetto si dimostra, quando la persona raggiunge uno stadio maturo che la fa uscire dall' egocentrismo facendole capire che, avendo bisogno di chi ci sta intorno, non si può calpestare il prossimo o usarlo senza riguardi!

È importante ricordare che ciascun individuo vale quanto te e che si dovrebbe trattare ogni persona con lo stesso rispetto con cui si vorrebbe essere trattati cosa che spesso è chiamata regola d’oro della vita. Ciò significa che non faresti qualcosa a qualcuno che non vorresti fosse fatto a te.

È bene ricordare, inoltre, che solo perché credi in qualcosa non significa che tutti gli altri siano obbligati a credere nella tua stessa cosa. Ad esempio se si è vegani va benissimo, ma bisogna comportarsi come se questo non rendesse migliori degli altri che per contro potrebbero non avere accesso al genere di alimenti del veganismo oppure che hanno problemi legati all’alimentazione, perché questo sarebbe incredibilmente maleducato e irriverente. E' importantissimo riservare a se stessi la stessa forma di rispetto e cortesia che si deve riservare ad un’altra persona, e se qualcuno ci manca di rispetto mettendo in discussione il nostro valore come persona, si ha il diritto di criticarlo.

Per cui se qualcuno dice qualcosa di cattivo o in tono arrogante o supponente, bisogna farsi sentire spiegando cosa si è trovato di irrispettoso e perché. Bisogna essere consapevoli delle proprie parole. Perchè non è assolutamente vero che le parole non fanno male. Le parole anzi sono armi potentissime e che possono essere fortemente irrispettose se utilizzate in modo inappropriato.

Bisogna pensare attentamente a quello che si sta per dire e anche a chi, per non rischiare di ferire l'altro.

E' molto importante coltivare le buone maniere se si vuole avere rispetto e in cambio continuare ad essere rispettati. Nessuno deve essere uno zerbino di altri. Quando qualcuno maltratta o è arrogante, non sta rispettando. E subire gli umori alternanti delle persone non è d'obbligo a nessuno!!

(Ho scritto questo articolo per tutte quelle persone che hanno sottovalutato il  rispetto che ho portato loro senza capirne il significato profondo che ad esso attribuisco).


Marilina Fenice Grassi







lunedì 19 gennaio 2015

PERDONARE SIGNIFICA ANCHE DIMENTICARE?


Prendo spunto da un’articolo che ho letto di recente, scritto da un sacerdote di cui non riesco a ricordare il nome il quale  scriveva  che bisogna chiedere perdono e perdonare per stare in pace con Dio, per perdonare noi stessi per le nostre cadute. E che si dice anche che non c'è vero perdono se non si dimentica ma che è impossibile perdonare davvero. Però  quando torniamo continuamente sulla ferita ,siamo assaliti dal rancore, e  solo se dimentichiamo l’offesa per ciò che ci è accaduto, possiamo ricominciare.  

Allora inizia la mia riflessione. Sappiamo tutti che ci sono ricordi incancellabili, ed esperienze che restano incise nel nostro subconscio per sempre. La memoria che custodiamo in noi, ci fa rivivere tutto ciò che pensavamo fosse  dimenticato.

Per questo è necessario saper distinguere tra perdono e oblio che spesso non possono andare di pari passo. Perdonare indubbiamente ci guarisce sempre e ci risana il cuore, così come essere perdonati.

Ma perdonare è una grazia di Dio, perché dal punto di vista umano è una conquista  a volte troppo difficile da raggiungere. Innumerevoli volte ci accorgiamo di essere incapaci di perdonare chi ci ha offeso! Quante volte ancora, ci rendiamo conto dell'esistenza di rancori calcificati dentro alla nostra anima che ci offuscano la fiducia verso gli altri!

Il perdono ci può far rialzare e intraprendere un nuovo cammino e ci riconcilia con la vita, con il mondo, con noi stessi e rende il peso più leggero.

Ma il passare degli anni ci lascia delle ferite nell'anima. A volte ci sono offese pesanti non perdonate e chiuse dentro di noi. Ma perdonare è comunque una grazia.

 Spesso però ci sono sentimenti umani che ci impediscono di farlo, come ad esempio il fatto di pensare che si ha ragione, oppure l'ingrandire le dimensioni dell'offesa.

Temiamo che  perdonando non stiamo dando il giusto valore a quanto ci è successo, e l’atto di perdonare ci fa pensare di metterci al loro  livello. Per questo vorremmo che chi ci ha offeso si umiliasse, imparasse una lezione, cambiasse e che non lo ripetesse più.

Il perdono dunque è anche condizionato a un cambiamento di atteggiamento da parte di colui che ha offeso e leso la nostra dignità. Così perdoniamo se gli altri si pentono, e  se compensano il danno che ci hanno provocato, se riconoscono la propria colpa e si fanno piccoli,  impegnandosi a non ricadere nello stesso errore.

Perdonare incondizionatamente  non è facile e ci resta sempre uno spiraglio di rancore. Una porta aperta all'amarezza, al rifiuto.

 Quali rancori abbiamo nell’anima e nella nostra storia personale? Non penso che l'oblio sia tanto facile. Credo che non sia possibile quasi mai. Ci sono ferite,   rancori che  pesano, di esperienze non dimenticate. Come è possibile dimenticare quello che ci ha segnati per sempre? È troppo complicato. perché fa parte della nostra storia . È come dimenticare qualcosa che ci costituisce, è una parte della nostra identità.

Quando dimentichiamo, solitamente è perché la ferita è stata superficiale e l'offesa non è stata tanto grande. Le riteniamo esperienze negative che si sono  perse nel passato e alle quali non abbiamo ritenuto di dare tanta importanza.

La memoria invece è come un bagaglio a mano che viaggia sempre con noi e che ci serve per affrontare la vita,  imparare dal passato, a conoscere la nostra storia e ringraziare e offrirle ciò che Dio fra le cose che  ci ha donato. La memoria ci aiuta ad andare oltre, al di là . Sicuramente bisogna  perdonare, ma dimenticare non è possibile.

Ci sono delle ferite insanabili della  vita , che spesso  sanguinano perché hanno intralciato il nostro cammino.  Le ricordiamo in modo nitido e ci facciamo domande continuando a sentirne il male. Ma non il dimenticare ciò che è successo, infondo non è così necessario e nemmeno possibile, poi  per quanto si voglia formattare l'hard disk della memoria, non ci si riesce, e a volte è addirittura impossibile. 
A questo proposito allora, mi torna alla mente la storia di una persona cara, un amico, si chiama Massimo Coco, ed è il figlio del primo procuratore ucciso nel primo agguato terroristico della storia eversiva e purtroppo troppo spesso non citato, Francesco Coco. Massimo nel suo libro “ Ricordare stanca”, dice a questo proposito che lui non riesce a perdonare chi  uccise il padre nel periodo in cui era ancora adolescente, privando così anche suo figlio Francesco, che porta il nome dell'illustre nonno, di una parte della  memoria storica della sua famiglia e di quella figura che sarebbe stata fondamentale per la sua crescita di figlio, e di nonno per il nipotino. E che   lo ha anche privato dei ricordi normali e belli, che qualunque persona dovrebbe avere della propria famiglia.
 Inoltre il mio amico  avanza anche un’altro aspetto che non è assolutamente trascurabile , quando sottolinea giustamente ( almeno secondo il mio modo di pensare ), che per lui non è stata assolutamente una lezione di vita quella, e che ritiene di non avere il diritto di perdonare al posto di suo padre, cioè in sua vece, o per contro, di odiare per lui, al posto suo.
Per cui a chi esorta il perdono facile, si chiede : a voi chi da questo diritto se non lo da nemmeno a me? 
 Mi viene  in mente anche un’altra situazione, quella di persone che a causa di uno sterminio provocato da menti malate e diaboliche, si trovano esattamente nella situazione di Massimo, cioè quella di non avere più una famiglia, poiché, a causa di questa decimazione, la famiglia non ha più potuto moltiplicarsi nel tempo mancandone la maggior parte degli elementi.

Il che significa per una persona privata della famiglia, che guardandosi attorno durante i momenti difficili che capitano a tutti nella vita e in cui invece se ne avrebbe bisogno,  di non riuscire a trovare volti famigliari, quelli che solitamente si dovrebbero riconoscere anche solo attraverso uno sguardo o da un sorriso quelli che magari incontri dopo tanto tempo, che improvvisamente ti ricordano qualcuno che ti è stato prossimo facendoti  dire : si, sei proprio tu, ti riconsco perché hai lo stesso modo di sorridere o di parlare di… 
Sono certa che pochi riflettono su questo fatto. Riesce a farlo solo chi ha sofferto per queste cose.

Non posso giudicare chi mi ha ferito , è vero, ma posso e devo allontanarmi dalla sua presenza. Non posso desiderare che soffra ciò che ho sofferto io, anche questo è vero, ma devo costruire su quella roccia, la mia storia.

Non posso decidere che il ricordo scompaia, ma posso decidere come agire, come trattare colui che Dio metterà nuovamente sul mio cammino, come confiderò in lui anche se una volta o più di una, sono stato tradito. Non è facile, ma questo è il cammino per la pace e per l'unità.

Leggevo che padre Josef Kentenich diceva : “Ci sono punti che non cicatrizzano mai;  punti nella  vita in cui, anche se me ne ricordo vagamente , tutto si risveglia in me. 

Quante divisioni diventano profonde perché non riusciamo a ricominciare! Quante volte l'unità non è possibile perché non abbiamo questa capacità di perdonare! Ci manca il coraggio per trattare l'altro come se tutto fosse superato, senza  ricordargli  ciò che è successo  gettandogli in faccia le sue miserie.

Ci sono punti della nostra storia che ci costano, ferite che forse non riusciremo mai ad accettare e guarire, cicatrici profonde nella nostra anima che non potremo mai superare del tutto se non offrendole tutte a Maria. Ma a me rimane la domanda su quale sia il limite di questo e cioè : Fino a che punto e soprattutto cosa è giusto perdonare e inoltre : si deve dimenticare o la memoria è un dovere??

Sono molto contenta di aver conosciuto la storia della signora Giulia Spizzichino e presto leggerò anche il suo libro

di marilinalincegrassi

Ho pubblicato questo articolo aggiornato con il Video della puntata su Sat2000 a questo indirizzo :
http://marilinalince.blogspot.it/2015/05/prendo-spunto-da-unarticolo-che-ho.html





giovedì 1 gennaio 2015

FORSE E' SOLO UNA QUESTIONE DI LINGUAGGIO PER CHI NON HA ANCORA CAPITO IL CASO



QUESTO ARTICOLO E' SCRITTO PER CHI,  A DISTANZA DI 3 ANNI, NON HA ANCORA  CAPITO  COSA E' SUCCESSO, E CHE PER TOGLIERSI IL PENSIERO DI RAGIONARCI SOPRA, DECIDE DI GIUDICARE COLPEVOLI I NOSTRI MILITARI. L'HO SCRITTO CON UN LINGUAGGIO SEMPLICE CHE E' IN LINEA GENERALE QUELLO CHE PREFERISCO, PERCHE' POSSA ESSERE ACCESSIBILE A TUTTI SENZA DOVER RICORRERE ( ME LO AUGURO! ) ALL'AUSILIO DI NOTI ATTORI CHE COSTEREBBERO TANTISSIMO( scusate l'ironia )





L’INCIDENTE E’ AVVENUTO IN ACQUE INTERNAZIONALI, LA GIURISDIZIONE DUNQUE SPETTA ALLO STATO DI BANDIERA DELLA NAVE, CIOE' ALL’ITALIA, SULLA CUI NAVE A BORDO C’ERA UN NUCLEO MILITARE DI PROTEZIONE, QUALE ORGANO DELLO STATO RICONOSCIUTO LEGALMENTE E DUNQUE SOGGETTO AD IMMUNITA’ GIURISDIZIONALE ASSOLUTA RISPETTO A QUELLE STRANIERE.

NON ESISTE UN ANELLO DI CONGIUNZIONE TRA IL COMANDANTE DELLA NAVE MERCANTILE E I MILITARI . L'INCRESCIOSO INCIDENTE E LE ACCUSE RIVOLTE AI NOSTRI MILITARI, PRESENTANO PERO' DELLE PALESI INCONGRUENZE TALI DA FAR PENSARE CHE SI TRATTI DI DUE EPISODI SEPARATI, POICHE’:

1 ) GLI ORARI DEI RAPPORTI NON COINCIDONO ANZI, HANNO UNA DIFFERENZA DI 4 ORE .

2) LE POSIZIONI HANNO UNA DIFFERENZA DI PIU’ DI 10 KM (5 MIGLIA NAUTICHE).

3) I DUE COMANDANTI : QUELLO DELLA LEXIE E QUELLO DEL NUCLEO MILITARE, ASSERISCONO CHE IL PESCHERECCIO DEI PESCATORI MORTI ERA DIVERSO SIA PER LA FORMA CHE PER IL COLORE DA QUELLO VERSO IL QUALE E’ STATA TENTATA L'AZIONE DISSUASIVA E CHE DALL’OSSERVAZIONE DEI 2 MILITARI, A BORDO C’ERANO PERSONE ARMATE VISTE IN MANIERA CHIARISSIMA.

4) LA CAMERA DI COMMERCIO INTERNAZIONALE ( INTERNATIONALE MARITTIME BUREAU ) REGISTRA CHE ALLA STESSA DATA CI FU UNA SEGNALAZIONE DI UN ATTACCO DI PIRATERIA, RIPORTATO DA UNA PETROLIERA ALLE ORE 21.50 ORA LOCALE AL LARGO DI KOCHI DA PARTE DI DUE IMBARCAZIONI LE QUALI AVEVANO A BORDO 20 PERSONE ARMATE CONTRO LE QUALI LA POLIZIA MARITTIMA INDIANA LOCALE POTREBBE AVER AVUTO UNO SCONTRO A FUOCO CRUENTO CHE POTREBBE ESSERE STATO LA CAUSA DELLA MORTE DEI DUE SFORTUNATI PESCATORI TROVATISI NEL MEZZO. METRE LA SEGNALAZIONE DEL TENTATIVO DI ABBORDAGGIO EFFETTUATO DALLA PETROLIERA ITALIANA, E’ COLLOCATO ALLE ORE 16 DELL’ORA LOCALE INDIANA, MA MOLTO PIU’ A SUD DEL PUNTO ROSSO DELLA MAPPA.

4) IL DUBBIO CHE INSORGE E’ CHE L'EPISODIO SEGNALATO DAI NOSTRI , SIA DIVERSO DALLO SCONTRO A FUOCO AVVENUTO NELL’AZIONE PIRATESCA E DELLA RELATIVA REAZIONE, AVVENUTO PROBABILMENTE ALLE ORE 21.5O IN UN’ALTRA POSIZIONE PIU’ A NORD. ORARIO CHE COINCIDE ANCHE CON L’ORARIO RIPORTATO DAI MEDIA INDIANI SUI 2 PESCATORI MORTI, QUINDI CON UNA TOTALE DIFFERENZA DI TEMPO CON L’AVVENIMENTO RIPORTATO DAI NOSTRI MILITARI DEL BATTAGLIONE S.MARCO.

MA COSA E’ SUCCESSO?

E' SUCCESSO CHE IL 15 FEBBRAIO 2012 LA PETROLIERA ITALIANA ENRICA LEXIE STAVA VIAGGIANDO AL LARGO DELLA COSTA DI KERALA ( India Sud Occidentale ), IN ROTTA VERSO L'EGITTO, CON A BORDO 34 PERSONE TRA CUI 6 MARO' DEL 2° REGGIMENTO S.MARCO CON IL COMPITO DI PROTEGGERE L'IMBARCAZIONE DAGLI ASSALTI DEI PIRATI , COSA CHE FREQUENTEMENTE ACCADE CONCRETAMENTE LUNGO QUELLA ROTTA, VERSO LE ACQUE DELLA SOMALIA.

1) Verso le ore 16.30 , l ’ufficiale di guardia in plancia,informa la Sicurezza,della presenza di un'imbarcazione oggettivamente presente sul “radar” ma priva del numero Identificativo, che viaggiava a prora dritta dell’unità navale Enrica Lexie, con una rotta a puntare verso la loro direzione;

2) Monitorata costantemente sia con il “radar” sia “otticamente”, questa risultava essere un’imbarcazione di piccole dimensioni.

3) A quel punto alla distanza di circa 800 yarde venne effettuata la procedura con : ripetuti flash ,i 3 colpi di sirena regolamentari e il mostrare le armi da parte dei nostri militari, ma senza ottenere alcun risultato,fu chiamata l’attivazione di sicurezza, mentre il dispositivo prendeva posizione, e uno dei due operatori già in posizione mostrava appunto l’arma AR 70/90 portandola ben in vista verso l’alto. Ma la cosa non servì a far cambiare rotta all’imbarcazione.

4) A distanza di circa 500 yarde fu effettuata la prima raffica di avvertimento in acqua, anche questa risultata inutile nel tentativo dissuadere tale imbarcazione ad allontanarsi , infatti persistette sulla sua rotta a puntare.

5) Successivamente vi fu una seconda raffica di avvertimento in acqua a circa 300 yarde dopo che un operatore aveva dato l’allarme della presenza di persone con armi a tracolla a bordo, avvistati con l’ausilio del binocolo;

6) Ma l’imbarcazione continuava ad avvicinarsi, e i due uomini hanno continuato ad effettuare il fuoco di sbarramento in acqua fin quando l’imbarcazione, a meno di 100 Yarde, finalmente cambiava la direzione defilando sotto il lato dritto della Lexie, scarrocciando da poppa.

7) L’imbarcazione, una volta defilata non aveva una rotta definita, in quanto più volte , riprese la navigazione verso l' unità, mentre tutto il team della Sicurezza continuava a palesare le armi e flash , fino a quando l’imbarcazione a velocità spedita, si diresse in direzione di “mare aperto” allontanandosi definitivamente.

8) Alle ore 17. 00 ltaliane fu ritenuto opportuno cessare lo stato di allarme antipirateria ,data la notevole distanza dalla minaccia. Si conoscono i dati di moto della petroliera, la direzione ( verso l'Egitto), conosciamo l'ora in cui vira e in cui arriva e che al momento dell'avvistamento dell'imbarcazione pirata , venne data tutta la potenza ai motori. Manca solo il dato del tempo della virata, ma il termine è delle 23.00

9) Poco più lontano, c'era il peschereccio indiano St.Antony che trasportava a sua volta 11 persone intorno alle 16.30 ore locali indiane.

Alle ore 22.20 una nave greca, la Olympic Flair segnala di aver subito un Approach pirate attack” da due imbarcazioni.


Così la sera del 15 febbraio 2012,la guardia costiera indiana si ritrovò con un incidente subìto dalla nostra nave LEXIE alle16,30,e la denuncia tramite radiotelefono inoltrata da un peschereccio poco dopo le 21,30, ma dichiarò che il St. Antony rientrò alle 18.20 locali, avendo ricevuto l'allarme dei pescatori rientrati in tutta fretta, coi corpi dei due poveri defunti Ma in quel luogo, il 15 febbraio del 2015, il sole tramontò intorno alle 18.35 e il crepuscolo circa sino alle 19.47.

Si evince quindi che il peschereccio rientrò già a notte inoltrata, dopo le 19.47, cosa che si vede benissimo nelle fotografie e nel filmati su you tube riguardanti l'approdo e il recupero delle vittime. I dati sicuri che abbiamo in possesso, sono : 1) l'orario dato alla stampa dalla Guardia Costiera Indiana, e confermato dal video di you tube, cioè le 22.25 dell' approdo al porto;

2) L'ora della sparatoria cioè le 16.15, per cui il tempo tra la partenza e l'arrivo è di 6 ore e 10 minuti.

3) Le distanze dante dal comandante della St. Antony in due versioni diverse,che ci fanno porre la domanda se sia possibile che il peschereccio colpito e con due deceduti a bordo, possa essere rientrato così lentamente da metterci h. 6.10min. Poichè nessuna delle 2 versioni fornite, giustifica la possibilità che a colpire i pescatori possano essere stati i nostri due militari.

Quindi due fatti avvenuti in orari e luoghi diversi diventano non si capisce come , uno solo perché la Lexie, viene collegata alla morte dei due pescatori nonostante le dichiarazioni del comandante del peschereccio St. Anthony e delle comunicazioni via radiotelefono. Ma la guardia costiera indiana non tiene conto della segnalazione della petroliera greca , anche se gli orari indicati proprio da essa :la Olympic Flair e dal peschereccio via radiotelefono coincidono.

In comune la nave greca e quella italiana hanno il colore nero e rosso della chiglia come venne descritto dai superstiti del St. Anthony.

La Lexie è l’unica che inverte la rotta per rientrare in porto, mentre la nave greca invece prende il largo.

A distanza di un anno dall’accaduto, si è potè accertare la presenza di contractors a bordo dell’Olympic Flair della società greca Diaplous, dotati di armi e proiettili di calibro Nato (lo stesso rinvenuto nei cadaveri dei pescatori).

Ma un'altra domanda ancora sorge spontanea :

PUO’ UNO STATO SOVRANO DELEGARE LA GIURISDIZIONE DEI PROPRI MILITARI ( ART.97 CONVENZIONE SULL’ALTO MARE DELL’ONU) AD UN ALTRO STATO?

Questa è la prima parte della spiegazione, poi c'è quella delle perizie balistiche ecc. ecc..

Marilina Fenice Grassi



giovedì 18 dicembre 2014

QUANDO DIO E' MERCIFICATO



IL DIO MERCIFICATO!! ASSURDO!! DIO CHE HA SACRIFICATO SUO FIGLIO SULLA CROCE PER NOI, GRATIS CIOE' PER GRAZIA ,  PER ASCOLTARE LA SUA PAROLA UNA PERSONA GUADAGNA 4 MILIONI DI EURO MENTRE GLI ITALIANI NON ARRIVANO ALLA FINE DEL MESE, INDIGNATEVI ANCHE VOI!!

Per ascoltare un "Bignami"dei 10 Comandamenti dove al 2° Comandamento“Non nominare il nome di Dio invano”, ha fatto l’occhiolino ad una  corrente anticlericale, affermando a sproposito che tutte le più grandi guerre e le stragi si sono fatte in nome di Dio scordandosi che la maggior parte dei conflitti nascono per denaro e geopolitica, e che le più grandi stragi sono state consumate, e ancora si consumano, nelle dittature comuniste , quindi atee (o nazifasciste e spesso neopagane). Non scordiamoci che con Mao Zedong con i  78 milioni di morti,   si sono lanciate due bombe atomiche, non nel nome di Dio, e che Hitler usò il suo “Gott mit uns” (in italiano Dio con noi), solo perché ereditato dall’esercito prussiano, mentre il dio di Hitler era  panteista e neopagano: “questo non mi fermerà dallo sradicare completamente, dalle radici fino ai rami, il cristianesimo in Germania. 


Nel terzo comandamento, cioè ricordarsi di santificare il Sabato, Benigni mette sullo stesso piano l’uomo e gli animali, affermando che “gli animali sono il nostro prossimo”. La bellezza di quel comandamento è certo proprio nel mostrare l’uomo come custode del creato,  ma non come un parassita, non si deve quindi scadere nel considerarci un tutt’uno con il resto. Il creato a noi è dato in " comodato d'uso " e che dobbiamo conservare secondo la legge del buon padre di famiglia

Noi cattolici dovremmo ricordarci che la Fede è prima di tutto un dono  e, in quanto tale, ci viene dato gratis cioè per Grazia e soprattutto senza merito. Questo dono ci dovrebbe rendere più generosi nei confronti di chi  non l’ha ancora ricevuto o l’ha rifiutato.

Sul Comandamento “Non Uccidere se il comico ammette giustamente che è legittima l’autodifesa, come lo sono le guerre di liberazione. Allora perché se la prende  con le crociate?Conosce il motivo per cui sonos tate indette? Perchè allora non parlare dell’aborto che  è la maggior causa di morte nel mondo, che ogni anno uccide quasi 50 milioni di bambini nel grembo della madre. 
Parlando  poi di crimini contro l’umanità : siamo di fronte al più imponente, silenzioso genocidio della storia dell’umanità, tuttora in corso, dove circa un miliardo di esseri umani sono stati sterminati negli ultimi quarant’anni! 
Un' altra stupidaggine è quando afferma di conoscere a menadito “la pagina” di una frase Biblica…Ma ormai tutti sanno che la Bibbia è scritta in versetti e in tale modo è considerata e  non in base ad un determinato numero di pagine.

La bellissima frase del Talmud poi , che recita :“A una donna che si ama si perdonano persino le corna. A una donna che non si ama più non si perdona nemmeno una minestra salata. State molto attenti a non far piangere una donna: poi Dio conta le sue lacrime! E' bene ricordare che la donna è uscita dalla costola dell’uomo, non dai suoi piedi perché debba essere pestata, né dalla testa per essere superiore, ma dal fianco per essere uguale, un po’ più in basso del braccio per essere protetta e dal lato del cuore per essere amata”. Questo passaggio è ripreso anche da San Tommaso d’Aquino, che lo ha fissato come pilastro della fede cattolica. La donna per il cristianesimo infatti è qualcosa di più nobile di quanto non fosse nell’ebraismo, grazie a Maria, colei che riscattò Eva, e che venne secondo la tradizione cattolica , incoronata come Regina dei Cieli. 

Sarà anche stata una buona esibizione  di un  uomo di spettacolo,ma che con la cifra che ha ricevuto come compenso, ci mancherebbe che l'avesse anche fatto male. Ma non è sicuramente stato un ragionamento basato su conoscenza e verità in grado di risvegliare coscienze sopite. Perché prendiamo per buone solo le cose dette in televisione? Ci sono ottimi teologi biblisti ed esegeti anche nei Monasteri , basterebbe frequentarli ... gratis!

Marilina Fenice Grassi

Rotterdam - Disinformazione democratica

    Rotterdam - Disinformazione democratica Nei giorni scorsi tutte le televisioni (ad iniziare dal TG di SKY) e i giornali (e non soltanto...