Attacco all’Europa. E’ allarme anche nella tranquilla Ravenna capitale dei “foreign fighters”. Obiettivo la tomba di Dante che umiliò Maometto…
Il centro culturale di studi islamici della Romagna (Ccsir) ha costruito e gestisce la moschea di Ravenna in via Rossa, è la seconda in Italia per dimensioni. Parte della cittadinanza non ha accolto favorevolmente questo insediamento, per la paura dei focolai del terrore e la presenza certificata di un numero considerevole di foreign fighters: uno su dieci di quegli 87 arruolati nelle fila del terrore ha avuto collegamenti con la Bizantina Ravenna, tanto da meritare l’appellativo di “capitale d’Italia” di questi affiliati. Hanno transitato o hanno aderito al califfato degli orrori, scuotendo la quiete di questa ” maison” territoriale e del suo tranquillo andamento di vita, di persone metodiche, che alternano sentimenti di solidarietà a intolleranze sopite o non dichiarate, a fiaccolate in nome di …. a dibattiti desolanti nei quali emerge la paura sommersa o taciuta, ad una biciclettata, contro vento verso il mare. Nessuno di noi rinuncerà alle proprie abitudini, continueremo a frequentare teatri, cinema, assemblee, piazze, ristoranti o sale da the. C’è una forte volontà percepita di evitare scontri, religiosi o di civiltà, ma è indubbio che il livello di allerta è salito, e Ravenna non fa eccezione. Nel canto 28° dell’Inferno , Dante descrive le orrende pene che soffrono i seminatori di discordie, cioè coloro che in vita hanno operato lacerazioni politiche, religiose e familiari. Maometto è rappresentato come uno scismatico e l’Islam come una eresia. Al Profeta è riservata una pena atroce: il suo corpo è spaccato dal mento al deretano in modo che le budella gli pendano dalle gambe, immagine che insulta la cultura islamica». Percio’ la tomba del divin poeta è diventata un obiettivo sensibile… Le parole chiave dell’alfabetiere ravennate, per lo sviluppo di strategie che fortifichino e cementino i principi e gli obiettivi che molti di noi si sono dati in nome di una tolleranza universale, mi sembra giusto rinnovarle con una frase conosciuta, che può indurre a pensare come ad un ossimoro: “O ci salviamo tutti o non si salverà nessuno”. La nostra civiltà ha lacrime da versare in contrapposizione alle banlieue, alle droghe, alle armi pesanti, alle donne chiuse nei loro burqua, perché le lacrime lavano, scivolano composte, sono fatte di acqua e sale e detergono i dolori indotti o provocati. Le custodiamo nel nostro corpo e le facciamo uscire perché abbiamo fortunatamente la capacità di commuoverci, di soffrire anche dei dolori che appartengono oggi al nostro paese: l’Europa. E finché proveremo commozione e dolore, anche per ciò che non ci colpisce direttamente, farà di noi “esseri umani” congiunti in un destino comune..
Maria Grazia Vannini
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