Lo storico giornalista ed inviato di guerra presenta il nuovo libro dedicato al caso dei due fucilieri di Marina: "L'Italia sperava che finisse a tarallucci e vino e per questo non ha mai avuto il coraggio di proclamare la loro innocenza"
Lo storico giornalista ed inviato di guerra presenta il nuovo libro dedicato al caso dei due fucilieri di Marina: "L'Italia sperava che finisse a tarallucci e vino e per questo non ha mai avuto il coraggio di proclamare la loro innocenza"
"Due persone sul cui capo pende un'accusa ma che in tre anni e mezzo non sono ancora state rinviate a giudizio: questi sono i marò. Due uomini a cui viene negato qualcosa che sarebbe scontato in qualsiasi Stato di diritto."
Toni Capuozzo parla con passione di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due fucilieri di marina detenuti in India dal 2012 con l'accusa, infamante, di aver ucciso due pescatori indiani scambiati per pirati. Capuozzo ha conosciuto di persona Latorre, nel lontano 2006 e sul caso dei due marò ha scritto anche un libro, "Il segreto dei marò", che verrà presentato domani sera alle 21 al "Presidio" di piazza Aspromonte alla presenza degli ex ministri Mario Mauro e Ignazio Larussa, insieme a Matteo Carnieletto de ilGiornale.it.
Ieri Mattarella ha auspicato il rientro dei marò in Italia. Qual è lo stato attuale delle cose?
"È preoccupante. Sono appena stati nominati in giudici della Corte arbitrale internazionale dell'Aja, ma è difficile aspettarsi una decisione diversa da quella del Tribunale del Mare di Amburgo, che aveva pilatescamente sospeso ogni iter giudiziario."
Nel concreto che significa?
"Che Latorre e Girone restino sotto scacco della giustizia indiana per anni. Italia e India si confronteranno per decidere chi ha diritto a processarli. E loro continueranno a non aver diritto a un processo che attendono già da tre anni."
"Che Latorre e Girone restino sotto scacco della giustizia indiana per anni. Italia e India si confronteranno per decidere chi ha diritto a processarli. E loro continueranno a non aver diritto a un processo che attendono già da tre anni."
Come siamo arrivati a questa situazione?
"Nella diplomazia, come in ogni altro confronto, i rapporti di forza contano. Qui abbiamo una diplomazia indiana da sempre determinata all'offensiva e una diplomazia italiana sempre in ritirata e sempre in cerca di un accordo al ribasso. Lo stesso governo Renzi avviò un negoziato che era in buona sostanza un patteggiamento."
La responsabilità politica, dunque, di chi è?
"Dal 15 febbraio 2012, giorno dell'incidente, si sono succeduti cinque ministri degli Esteri e tre della Difesa. Non metto tutti sullo stesso piano, perché è evidente che quelli del governo Monti portano colpe maggiori, ma non posso negare che siano tutti compartecipi di un fallimento."
Tra i responsabili di questo disastro, qualcuno ha pagato per i propri errori?
"Nessuno. Corrado Passera, che si impegnò per farli tornare in India, continua a far politica e ha fondato un partito. L'ex Presidente Napolitano li ricevette al Quirinale per poi rimandarli a Dehli: non si riceve al Colle chi ha ucciso, sia pure per sbaglio, due pescatori inermi."
Come si esce da questo impasse?
"È il momento di una soluzione extragiudiziale, serve un'iniziativa politica. Roma e Dehli dovrebbero intrecciare un dialogo costruttivo: Modi avrebbe l'occasione di un gesto magnanimo, Renzi potrebbe risolvere un problema che si trascina da troppo tempo. Bisogna riportare il conflitto nell'alveo di un confronto giuridico serio. Solo quello."
In che senso?
"Lo scontro diplomatico ha coinvolto i rapporti tra i due Paesi ad ogni livello: l'India non ha partecipato ad Expo 2015, importanti aziende italiane vengono esclusi da appalti in India per centinaia di milioni di euro. Bisogna svelenire il clima, lo chiedono le comunità commerciali dei due Paesi."
E lo chiedono soprattutto i fucilieri di marina. Come convincere l'India a permettere loro di tornare in Italia, in attesa che venga celebrato il processo?
"Impegnandosi a presentarsi a Dehli il primo giorno della prima udienza, se il processo si terrà in India. Trattando i pescatori indiani morti come se fossero italiani, nel caso il processo dovesse celebrarsi a Roma. Del resto anche dovessero tornare in Italia non ci sarebbe pericolo di fuga, né di inquinamento delle prove, né di reiterazione del reato."
Da sempre convinto dell'innocenza dei marò, lei conosciuto personalmente Latorre, in Afghanistan, nel 2006: che tipo d'uomo é?
"Una persona perbene. A Kabul mi faceva da capo scorta: mai una sgommata, mai una spacconata. E se in Afghanistan uno vuole giocare a fare il Rambo ti assicuro che le occasioni non mancano."
Il suo libro si intitola "il segreto dei marò": qual è questo segreto?
"È un segreto di Pulcinella: quello sulla loro innocenza. Loro hanno sempre detto di non essere colpevoli, ma le Istituzioni italiani hanno sempre tenuto questo segreto nascosto."
Perché?
"Sostenere apertamente l'innocenza dei marò avrebbe causato un aspro braccio di ferro diplomatico, cosa che l'Italia non voleva fare, temendo per i propri affari. Eravamo convinti che si sarebbe risolto tutto a tarallucci e vino. E invece..."
Giovanni Masini - Gio, 12/11/2015
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