Invece di cercare di capire quello che è successo partendo dal diritto internazionale e dalla giurisdizione del caso e dalle responsabilità di chi ha tradito i due marò DANDO ORDINI CHE NON SI POTEVANO DARE ,e i nomi non sono ancora usciti.Si sa chi sono i militari che hanno dato gli ordini non si sa chi sono stati i politici a dirgli di dare quegli ordini, senza l'assenso di Di Paola e di Monti e sicuramente era a conoscenza anche Giorgio Napolitano,quegli ordini non sarebbero stati dati.L'unico che non sapeva niente era Giulio Terzi venuto a conoscenza della vicenda 5 ore dopo.
Di tutto questo non sai deve parlare,i manipolatori organizzati hanno cercato tra salutini e fiocchettini di evitare la vicenda,di esaltare responsabili di questa vicenda dovevano far vedere che esisteva anche un inesistente centro destra,da contrapporre a un inesistente centro sinistra,altrimenti il gioco non è credibile,ed ecco chela disinformazione può continuare.
Chi vuole fare carriera deve parlarne,da innocentista o da colpevolista ed ecco l'articolo di Ferdinando Camon.
Credo che chi ha fatto l'articolo ignori completamente la vicenda avrà letto Matteo Miavaldi o qualcuno che ha ripreso i suoi scritti.
Le sue riflessioni sono esattamente contrarie alla ricerca della verità,il silenzio assenso dei carabinieri sulla perizia balistica poi è commovente.
Ma cosa c'è dietro questa storia che vuole trasformare tutti gli italiani in imbecilli ?
Si vogliono forse coprire i veri responsabili di questa vicenda?
E i nomi ancora nessuno li ha fatti ne dei militari e ne dei politici e ne dei manipolatori che dalla manifestazione di Roma in poi si sono messi al servizio della marina per depistare e far cancellare le tracce di chi e perchè?
Alfredo d'Ecclesia
Con la stima che tutti dobbiamo avere verso le nostre Forze Armate, con l’affetto che dobbiamo mostrare verso i nostri soldati in missione, con tutta la comprensione verso lo spinoso caso dell’incidente tra i nostri marò e i pescatori indiani uccisi al largo sulla loro barca, mi permetto di dire che è incauto che politici e autorità istituzionali tributino onori ai due fucilieri rientrati in patria. Ribadisco così una posizione che è sempre stata di questo giornale, sin dall’inizio del ‘caso marò’ e del contenzioso tra New Delhi e Roma. Noi gente comune, noi lettori di giornali, noi popolo, siamo stati a lungo sviati (non dico ingannati, ma tenuti all’oscuro) nella comprensione del punto centrale di questo intricato e doloroso incidente internazionale. Il punto centrale non è quale dei due Stati,India o Italia, abbia il diritto di celebrare il processo. Non è quale organismo super-nazionale possa stabilire dove debbano risiedere nel frattempo gli imputati. Il punto centrale è un altro: questi nostri soldati, in missione, lontano dalla patria, hanno ucciso? Era inevitabile? E perché?
Loro dicono che hanno sparato in mare, sull’acqua, non ad altezza d’uomo, in direzione di una barca che gli veniva addosso con intenzioni ostili, con uomini a bordo che alzavano armi dalla canna lunga: hanno uno straccio di prova? Hanno scattato una foto di quella barca? Degli uomini armati? No? E perché no? Queste domande ce le poniamo perché le autorità indiane hanno eseguito perizie balistiche sulle mitragliette Minimi dei marò, e hanno stabilito che sono state proprio quelle a sparare i proiettili rimasti poi nel corpo delle vittime e nel legno della barca. La maggior parte di noi italiani non ha più la cultura per capire come ogni fucile “firma” i colpi che spara, in modo tale che poi, se recuperi un proiettile, puoi risalire alla singola arma che l’ha sparato. Le armi da guerra (a differenza delle armi da caccia) hanno la canna rigata all’interno. La rigatura serve a far ruotare il proiettile su se stesso. Solo così, ruotando, il proiettile perfora l’aria in linea retta. Come un trapano. Altrimenti subisce spostamenti, come una freccia o un sasso. E non va più sul bersaglio.
Ogni singolo fucile ha un suo modo di rigare le pallottole che spara, diverso da tutti gli altri fucili, anche dello stesso lotto di fabbricazione. Una della perizie balistiche effettuate inIndia ha indicato che a sparare furono le mitragliette di due marò. Non quelle dei due arrestati, ma è possibile che nella concitazione della sparatoria chi va sulla rastrelliera ad afferrare le armi prenda le prime che trova. Particolare importantissimo: alla perizia erano presenti i tecnici dei nostri carabinieri. Non hanno pubblicato alcuna contestazione. I marò dicono di aver sparato in mare, in acqua, colpi di avvertimento. Ma i pescatori risultano colpiti al petto. Com’è possibile una tale deviazione della traiettoria? Inoltre: la mastodontica petroliera su cui erano imbarcati i marò era molto più veloce del barchino indiano, poteva raggiungere i 20 nodi, mentre il barchino arrivava a 10 al massimo. Allora la grande nave non poteva allontanarsi e sparire senza far fuoco?
Queste domande dovrebbero già avere avuto risposta, e l’avrebbero avuta, se da parte indiana ci fosse stata la cura che il caso merita e si fosse andati al processo. Il continuo rinvio, perfino dell’imputazione (che non è stata ancora formulata), è uno sfregio a tutte levittime, che a questo punto sono sia i pescatori morti che i marò prigionieri. Perché se l’impostazione indiana reggesse, come l’abbiamo esposta, allora si dovrebbe appurare se il fuoco aperto dalla nave fosse un atto d’avvertimento che doveva finire in mare, e invece erroneamente e tragicamente è finito sulla barca. Questo è il punto. Da qui potrebbe venir fuori che i nostri marinai non volevano uccidere e non sono colpevoli. Ma questo non basta a farne degli eroi. E non cambia il destino dei pescatori indiani, che in definitiva sono morti perché erano poveri. Poveri pescatori, non pirati.
(Ferdinando Camon, “Marò: non c’è alcun eroismo, ci sono due morti”, da “Avvenire” del 1° giugno 2016, ripreso da “Micromega”).
tratto da http://www.libreidee.org/2016/06/camon-maro-restano-quei-2-morti-pescatori-non-pirati/#comment-37817
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