domenica 15 marzo 2020

CORONAVIRUS: 2 PAESI UE SI SONO FREGATI LE MASCHERINE DIRETTE IN ITALIA



“Denunceremo in tutte le sedi internazionali competenti i Paesi che si macchieranno della pratica ignobile di requisire mascherine che sono destinati a Paesi in difficoltà come l’Italia. E’ inaccettabile che materiale medico destinato all’Italia venga fermato per strada”.
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Lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, rivelando in una diretta su Facebook che “alcune mascherine acquistate da ditte italiane e che si sono bloccate alla frontiera in alcuni altri Paesi, che stanno provando a requisire queste mascherine e usarle a uso interno”.
Intanto loro se le tengono. Poi, tu li denunci alla polizia spaziale della Federazione dei Pianeti. Se non le mandavi ai cinesi, oggi ne avremmo di più.
Ah, intanto, con qualche settimana di ritardo:
“Oggi abbiamo adottato un sistema di
autorizzazione delle esportazioni fuori
dall’Ue, che dovranno quindi essere au-
torizzate dai governi europei. Ciò è
necessario perchè abbiamo bisogno di
questo materiale per i nostri sistemi
sanitari”.
Lo ha annunciato la presidente della
Commissione Ue, Ursula von der Leyen,
in un video su twitter. Per combattere
l’epidemia di coronavirus, l’Unione Eu-
ropea limita dunque l’esportazione di
materiale di protezione come le masche-
rine.
 Intanto, però, le mascherine mancano. Anche ai Vigili del Fuoco: “Le mascherine che ci hanno messo a disposizione sono un numero minimo e l’indicazione è stata di utilizzarle solo in caso di estrema necessità”, ci spiega Pompeo Mannone, segretario nazionale Fns (Cisl), “Purtroppo però, quando noi interveniamo non sappiamo mai la situazione alla quale andiamo incontro. É impossibile valutare prima se armarsi di protezione o meno”. Non considerando che all’interno dei mezzi di soccorso non si possono tenere distanze di un metro l’uno dall’altro e quindi questo basterebbe a rendere necessaria la mascherina protettiva in ogni operazione. Così vale anche per gli altri dispositivi, come guanti in lattice o in nitrile e gel disinfettanti a base di alcol. Introvabili anche nelle stazioni di comando.
Mancano le risorse. E il rischio di contagio per i vigili del fuoco è all’ordine del giorno. Ma c’è di più. Il paradosso lo si legge ancora una volta nelle carte. Dove dal Comando Nazionale arriva anche la soluzione a tali mancanze. E’ scritto a pagina 1 del documento riguardante le linee guida, firmato dal Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre che dal dirigente dell’Ufficio di Coordinamento delle attività sanitarie e di medicina legale, che “laddove non sia possibile rispettare la distanza interpersonale di 1 metro (…) andranno utilizzate le mascherine chirurgiche ovvero, in alternativa, il sottocasco antifiamma in dotazione a protezione di naso e bocca (prevenzione diffusione droplets) nonché l’elmo con visiera trasparente abbassata.”
Insomma, secondo il Ministero degli Interni, per ovviare la mancanza di mascherine protettive i vigili del fuoco possono utilizzare il sottocasco e posizionarlo in modo da coprire parte del viso. La stessa protezione che solitamente gli uomini utilizzano in qualsiasi tipo di intervento per proteggersi da fiamme libere e calore e che, pertanto, non può essere sterile seppur i suoi tessuti fossero in grado di filtrare il virus. “Anche nel caso venisse provato che il Covid19 non riesca a passare da quei tessuti per garantire la nostra sicurezza dovremmo averne in dotazione un numero molto alto. In modo da riuscire a cambiarli dopo ogni intervento. Il che è del tutto impossibile ”, dichiara ancora Mannone. Il quale, in una lettera inoltrata all’Amministrazione, ha fatto presente che tale indicazione “potrebbe essere fuorviante e pericolosa per la salute del personale in servizio”. Chiedendo, nero su bianco, che venga modificato il passaggio nelle linee guida.
Stessa storia anche per i controlli del personale. Secondo le nuove disposizioni infatti “i Comandi Provinciali e le Direzioni Regionali dovranno disciplinare controlli a tutela di tutto il personale anche mediante termometri a infrarossi o auricolari da acquisire per tutte le sedi di servizio, ove non già disponibili”. Ma nessun dispositivo è mai arrivato alle varie sedi. “Non abbiamo alcun termometro ad infrarossi. Non ci sono mai stati forniti”, ci confessa Antonino Stilo, segretario territoriale Fns Cisl e Vvf di Reggio Calabria.
EPPURE SI POTREBBE AGIRE – “Dodici ore: ecco quanto ci vuole per riconvertire un’azienda e iniziare la produzione di massa di mascherine chirurgiche. Continuo a ricevere segnalazioni su personale costretto a lavorare, in questi giorni, privo dei dispositivi di protezione. Parlo di forze dell’ordine, commercianti che operano nei servizi essenziali, come l’alimentare, persino operatori sanitari delle case di riposo”. Così il deputato di Forza Italia, Roberto Caon, in una nota.
“Non è possibile che la seconda manifattura d’Europa non sia in grado di organizzarsi in tempi rapidi. Da imprenditore con una lunga esperienza nel settore degli stampi per l’abbigliamento e la pelletteria parlo a ragion veduta – spiega il parlamentare di Vigonza – Ci sono decine, se non centinaia di laboratori artigiani e industriali che hanno tutto il necessario per mettersi subito al lavoro, con costi di partenza vicini allo zero. Sono disponibile a condividere il mio know – how in materia. Siamo in emergenza e non è ammissibile perdere tempo”.

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