“Ebrei e cristiani, fratelli e sorelle nell’unica famiglia di Dio, che li protegge come suo popolo”. E’ un messaggio di amicizia, dialogo, profonda condivisione che il Papa lascia alla comunità ebraica di Roma nella sua visita al Tempio Maggiore. Un momento definito storico dai protagonisti e in continuità con l’abbraccio che portò qui per la prima volta Giovanni Paolo II nel 1986 e poi Benedetto XVI nel 2010. Ad accogliere Francesco i rappresentanti dell’ebraismo mondiale oltre ai membri della comunità presente a Roma da ventidue secoli. Il servizio di Gabriella Ceraso:
Gesti e parole indelebili hanno scandito la presenza nella Sinagoga di Roma del terzo Papa della storia, argentino e con un passato di amicizia profonda con gli ebrei, citata e apprezzata dai presenti. Il clima è subito di famiglia sin dall’arrivo, poco prima delle ore 16.00.
Col Papa il saluto di pace dell'intera Chiesa cattolica
Giovani, donne, anziani avvicinano Francesco per una parola e una stretta di mano e lo accompagnano nell’omaggio che rende alla loro storia dolorosa, rappresentata dalle lapidi in memoria della deportazione dell’ottobre del 1943 e dell’attentato terroristico del 1982. Poi in una Sinagoga stracolma, il Papa, tra l’entusiasmo della comunità, abbraccia il Rabbino capo Riccardo Di Segni e tanti presenti. Commovente in particolare l’incontro con i sopravvissuti all’Olocausto.
“Oggi scriviamo ancora una volta la storia”.
Così la presidente della Comunità romana Ruth Dureghello insieme con le altre autorità che prendono la parola.”Oggi dimostriamo”, aggiunge, che “il dialogo tra fedi è possibile”, anzi, davanti al terrorismo e alle nuove persecuzioni, a cui non possiamo restare indifferenti, lanciamo un "messaggio nuovo", condivisibile anche dall'islam:
“La fede non genera odio, la fede non sparge sangue, la fede richiama al dialogo”.
Ebrei, cattolici e musulmani insieme per migliorare il mondo
“Insieme dobbiamo denunciare gli orrori, insieme dobbiamo collaborare nel quotidiano”, afferma dal canto suo il Rabbino Capo Di Segni. E dialogo interreligioso, rispetto, impegno comune come fratelli, sono le prime parole pronunciate da Papa Francesco nel suo discorso:
“Nel dialogo interreligioso è fondamentale che ci incontriamo come fratelli e sorelle davanti al nostro Creatore e a Lui rendiamo lode, che ci rispettiamo e apprezziamo a vicenda e cerchiamo di collaborare. E nel dialogo ebraico-cristiano c’è un legame unico e peculiare, in virtù delle radici ebraiche del cristianesimo: ebrei e cristiani devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune (cfr Dich. Nostra aetate, 4), sul quale basarsi e continuare a costruire il futuro”.
Le sfide del mondo di oggi: ecologia integrale, pace, giustizia
La dimensione teologica del dialogo, sancita dal Concilio Vaticano II, merita di essere sempre più approfondita, sottolinea il Papa, ma è anche l’oggi ad interpellare le due fedi. Con voi - dice - "fratelli e sorelle maggiori nella fede”, secondo l’espressione di Giovanni Paolo II di 30 anni fa, appartenenti all’unica "famiglia di Dio", siamo chiamati ad assumerci "le nostre responsabilità per la città di Roma", senza perdere di vista però le "grandi sfide del mondo". “Un’ecologia integrale”, il cui significato è racchiuso nella Bibbia, e che “è ormai prioritaria”, e poi l’impegno per la pace e la giustizia da rafforzare:
“La violenza dell’uomo sull’uomo è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche. La vita è sacra, quale dono di Dio".
Da qui una preghiera accorata da fare insieme:
“Né la violenza né la morte avranno mai l’ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell’amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita”.
La Shoah: una lezione per presente e futuro
Inevitabile e commovente il riferimento del Papa alla Shoah. I volti dei pochi protagonisti sopravvissuti ce li ha di fronte. “E' una disumana barbarie perpetrata in nome di una ideologia che voleva sostituire l'uomo a Dio”. Mai dimenticarla, è il suo accorato appello:
“E il passato ci deve servire da lezione per il presente e per il futuro. La Shoah ci insegna che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana e della pace”.
Ma l’ultima parola di Francesco in questa giornata memorabile è ancora una volta di gratitudine, per 50 anni di rinnovata fiducia, amicizia e comprensione reciproca. “Sia il Signore”, è la preghiera finale del Pontefice, “a condurre il nostro cammino verso un futuro buono, migliore”, Lui che su di noi ha progetti di salvezza."Shalom alechem!".
Fonte Radio Vaticana
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