La Camera Bassa giapponese ha approvato una legge che consentirà alle truppe di combattere all’estero non più solo per difesa nazionale, ma anche in aiuto a nazioni amiche. Per il via libera definitivo bisogna attendere il verdetto della Camera Alta, ma nel Paese già infuriano le polemiche. Si tratta di un sovvertimento della Carta costituzionale nipponica, nata 70 anni fa con una forte impronta non interventista? Roberta Barbi lo ha chiesto al prof. Giovanni Battista Andornino, docente di Relazioni internazionali dell’Asia Orientale presso l’Università di Torino:
R. – Finora il Giappone ha avuto una Costituzione in cui un articolo specifico - il numero 9 - implica che le sue forze armate non possono intervenire in teatri internazionali di conflitto, ma possono soltanto essere ospitate a livello minimale nazionale per difendere il territorio nazionale. Questo articolo non è stato modificato, ma è stato reinterpretato dal governo in un’ottica “estensiva”.
D. – Ci sono già state molte proteste popolari - l’opposizione ha abbandonato l’Aula durante il voto - si contesta a questa legge di essere in contrasto con una Carta costituzionale che contiene una rinuncia perpetua alla forza…
R. – Tradizionalmente questo articolo numero 9 che viene enunciato in termini abbastanza non equivoci, e che in realtà dispone la rinuncia all’utilizzo della forza se non per motivi di autodifesa, è stato interpretato dal governo in senso “restrittivo” e quindi sostanzialmente deve esserci qualcuno che insidia la sovranità giapponese. Questo governo - ed è il motivo appunto di contesa - ha scelto una strada non di revisione costituzionale, pienamente legittima, che però avrebbe implicato vari passaggi parlamentari e anche una consultazione popolare, ma ha scelto la strada della reinterpretazione autonoma del dettato costituzionale. La maggioranza di governo è estesa, è ampia, quindi può operare anche se la Camera Alta, che ancora si deve pronunciare, dovesse esprimersi negativamente. Ci si può attendere che nell’arco dei prossimi 70 giorni la Camera Bassa, anche trovandosi di fronte a un no della Camera Alta, possa riconfermare i due dispositivi legislativi e, in questo modo, forzarne l’applicazione.
D. – Quindi se approvata anche dalla Camera Alta presto potremo vedere il Giappone combattere all’estero per la prima volta da 70 anni?
R. – Io penso che lo vedremo progressivamente, però penso per esempio al supporto logistico. Il punto non è che il Giappone non lo abbia mai fatto in assoluto, è già avvenuto. Il punto è che questo dispositivo legislativo in via di approvazione prevede che non sarà più necessario, volta per volta, che il Parlamento si esprima su un intervento.
D. – La Costituzione nipponica era stata in parte imposta dagli americani al termine della Seconda Guerra Mondiale, almeno sul tema dell’azione militare. Ora invece il Giappone potrà intervenire accanto agli Stati Uniti, o ad altri Paesi amici, in caso di minaccia diretta…
R. – Il punto è stato ben colto dal primo ministro Shinzo Abe quando ha spiegato e illustrato il progetto di legge dicendo che le condizioni ambientali in cui il Giappone si trova adesso nella regione e nel mondo sono profondamente diverse rispetto a quelle di 70 anni fa, quando finiva la guerra nel Pacifico. In questa situazione occorre che l’apparato legislativo e gli strumenti del governo giapponese siano all’altezza delle nuove sfide. Ci troviamo in una situazione un poco paradossale: gli Stati Uniti hanno scritto una Costituzione pacifista e oggi sono i primi a rallegrarsi di questi dispositivi che vengono approvati; la società giapponese è, invece, quella che punta con forza ad accendere la natura pacifista della Costituzione e quindi della politica estera giapponese.
D. – Il Paese risente del peso politico e militare della Cina, poi c’è lo sviluppo missilistico della vicina Corea del Nord: sono tra le motivazioni per cui si è giunti a questo provvedimento?
R. – Senza nessun dubbio. In realtà questo provvedimento è in via di approvazione, ma segue un lungo dibattito che è in atto da tempo in Giappone, che si è tradotto in svariate prese di posizione di questo governo e dei precedenti e in tutti questi casi non si è fatto mistero che la postura anche di difesa delle cosiddette “forze di autodifesa giapponesi” è una postura che va sempre meno a esporsi lungo in confini tradizionalmente critici - quelli per esempio con l’ex Unione sovietica al nord - e sempre di più si ri-orienta verso teatri orientali e sudorientali dove chiaramente è tangibile la presenza crescente della Cina.
D. – L’economia giapponese non è più florida come un tempo: ci sarà la copertura finanziaria per questa legge che rischia di compromettere l’immagine del premier, Abe?
R. – Questo è un procedimento legislativo “tossico” dal punto di vista politico e si inserisce anche in un contesto non facile perché il governo dovrà affrontare alcuni passaggi delicati: uno relativo al discorso che Shinzo Abe stesso dovrà fare per i 60 anni della fine della guerra, poi c’è la questione legata alle basi americane del territorio giapponese, un’altra è la riattivazione del reattore nucleare … Insomma, ha la necessità che questa legislazione passi il più in fretta possibile. Le risorse finanziarie sono un tema che viene toccato ma è la tossicità politica della scelta che viene messa in luce, più che non la sostenibilità economica.
Fonte Radio Vaticana
M.G.Lince Fenice marilinalince.blogspot.com
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