Con 277 sì e 173 no la riforma della scuola è diventata legge. Oggi la votazione definitiva alla Camera. Soddisfazione del ministro dell’istruzione, Stefania Giannini. La norma è stata duramente contestata in aula e ottiene il no dei sindacati. Uno dei punti più oscuri è quello che riguarda l’ideologia gender presente all’interno della normativa, come spiega, al microfono di Massimiliano Menichetti, Massimo Gandolfini presidente del comitato “Difendiamo i nostri figli”, che il 20 giugno ha organizzato a Roma una manifestazione proprio contro il gender nella scuola a cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone.
R. – Per quanto riguarda l’aspetto del famoso emendamento 16, possiamo dire che ci sono elementi di discreta soddisfazione ed elementi di grossa preoccuapzione. Comunque, si è ottenuta – e ripeto, il merito va moltissimo alla manifestazione del 20 giugno – un’attenzione particolare su quell’emendamento e si è ottenuta anche una circolare da parte del Miur, in cui si specifica che l’insegnamento della ideologia gender non può invadere le nostre scuole. E questo è motivo di soddisfazione. Di preoccupazione il fatto che ci sembra sia stata usata una strategia un po’ subdola: da una parte si dice che viene rispettata la caratteristica sessuale, ma dall’altra si aggiunge immediatamente che verranno fatti dei percorsi di contrasto alla violenza di genere e alla discriminazione, e tutti sappiamo che quando utilizziamo il termine “genere” ormai non si fa più riferimento alla differenza sessuale maschio-femmina, ma si fa riferimento a questa scelta di genere, di orientamento di genere che può essere il più vario.
D. – L’articolo dice esattamente che il piano triennale propone di fatto un’educazione alla parità tra i sessi e la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni …
R. – Questo è un punto pesantissimo. E’ chiaro che è una forma molto surrettizia che introduce di fatto l’ideologia di genere, cosa sulla quale siamo totalmente in disaccordo e che costituisce per noi una grossa preoccupazione. Tant’è che stiamo cercando di attivarci su tutto il territorio nazionale per stimolare e allertare i genitori a tenere gli occhi molto aperti su questi “pof”, su questi insegnamenti extra-curriculari ma anche curriculari, che possono riguardare questa materia.
D. – Come è entrata la parola “genere” in questa riforma della scuola?
R. – C’è una legge del 2013 che aveva come allegato un piano, il cui titolo è “Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere”, in cui veniva utilizzata “violenza sessuale e di genere”. E in effetti, quel famoso emendamento di cui parlavamo prima fa riferimento proprio a questa legge del 2013, ed è questa che ci ha consentito di capire che sotto c’era una strategia subdola, perché in quel piano di contrasto alla violenza sessuale e di genere, nella parte dedicata all’educazione sono scritti appunti i “capisaldi” della ideologia di genere.
D. – Lo diciamo ancora una volta: “genere” non viene usato come sinonimo per “sesso”, ma identifica tutt’altro …
R. – La popolazione dev’essere informata e dev’essere allertata. Tutte le volte che oggi si parla di “violenza di genere”, di “discriminazione di genere”, non si sta intendendo la violenza contro le donne o contro gli uomini; non si sta dicendo la discriminazione del sesso femminile rispetto al sesso maschile, tutte battaglie di grande valore sociale e antropologico; ma si sta dicendo il genere come scelta libera, individuale che prescinde dall’essere maschio o femmina. Va detto a chiare lettere: “genere” non è più sinonimo di “sesso”.
D.- E poi lo ribadiamo: l’intento è quello di dire che la sessualità non è più legata alla biologia; subentra un concetto di astrazione, di percezione di sé …
R. - … di percezione di sé e di costruzione culturale di sé. Una sorta di autodeterminazione a 360° e che, come tale, deve addirittura diventare termine di insegnamento perché si deve dare al bambino la possibilità di scegliere tra generi diversi. Ecco: questa è, dal punto di vista antropologico, una follia totale e dal punto di vista educativo del bambino crea una confusione terribile. Noi abbiamo già oggi segnalazione di bambini che tornano a casa dai genitori e dicono loro: “Papà, mamma, io sono maschio, femmina oppure sono transessuale, transgender, gay?” - “Ma dove le hai sentite queste parole?” - “Me le hanno dette a scuola…”.
Fonte Radio Vaticana
"Genere non è più sinonimo di sesso". Questa è bella. Effettivamente, in grammatica, un nome definito di "genere maschile" o "di genere femminile" non possiede alcun "sesso". Pistola non è di sesso femminile come, del resto, pistolino non è di sesso maschile. Purtroppo non si tratta solo di grammatica, ma questi discorsi trascendono una tradizione plurimillenaria che ha costituito la struttura portante di illustri e grandi culture.
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