Tutti abbiamo diritto alla nostra riservatezza personale, e dunque che la nostra vita privata si svolga senza interferenze e intromissioni da parte di "intrusi" di ogni tipo. Il diritto alla riservatezza è riconosciuto dall'ordinamento giuridico, maggiormente noto come diritto della privacy, e implica tutti gli aspetti inerenti alla protezione dei dati personali, intendendosi, per questi ultimi, tanto le immagini personali (e quindi foto ovunque riprodotte, anche, aspetto che molto interessa la nostra quotidianità, sui social network), quanto i dati personali (nome, cognome, ecc.), e ogni altra notizia che riguardi strettamente la nostra vita privata. Il riferimento normativo, al quale si accennava, presente nell'ordinamento, è il "Codice in materia di protezione dei dati personali", riportato dal Decreto Legislativo n.196 del 2003. Ciò che interessa in questa sede è che, a seconda del tipo di violazione della privacy subita, vale a dire l'illecita diffusione di dati, immagini, notizie personali, risulta possibile richiedere e ottenere un risarcimento per violazione della privacy.
Partiamo dai presupposti sui quali dovrà fondarsi la nostra richiesta. Le informazioni oggetto di protezione da parte del Codice citato, sono, nello specifico, i dati personali, i dati identificativi, i dati sensibili, e quelli giudiziari. I dati personali consistono in ogni informazione che sia relativa alla persona fisica, e, in origine, anche persona giuridica, ente, o associazione, che conduca, o sia in grado di condurre all'identità della persona; parliamo cioè di dati attraverso i quali la persona venga identificata, o sia quantomeno identificabile. Il dato personale è ora attinente alla sola persona fisica, essendo stato eliminato dal Legislatore il riferimento sopracitato alle persone giuridiche, tramite il Decreto Legge n.201/2011. Lo sono, ad esempio, oltre a nome e cognome, anche il codice fiscale e l'indirizzo. Per quanto riguarda i dati identificativi, questi non conducono, ma permettono anzi l'identificazione diretta della persona in questione. I dati giudiziari sono quelle informazioni a carattere personale volte a rivelare la pendenza in procedimenti penali e amministrativi, e l'esito degli stessi; inoltre, sono classificati tali anche i dati relativi alla qualifica di indagato del soggetto, e quelli riferentisi alla sua posizione debitoria. Sono analogamente oggetto di tutela i dati sensibili, esprimenti l'origine etnica, le idee politiche, l'appartenenza sindacale, le convinzioni personali in materia filosofica e religiosa, ma anche lo stato di salute, la vita sessuale, e ogni altra informazione concernente la sfera privata individuale.
La violazione si verifica solamente in seguito all'effettiva diffusione illecita dei dati di cui discusso. Il soggetto interessato può rivolgersi, per via amministrativa, al Garante per la Privacy, il quale è abilitato a disporre l'interruzione del trattamento illecito, ma non la corresponsione di risarcimenti, ai sensi dell'art.152 del D. Lgs 196/2003 (il Codice in materia di protezione dei dati personali). Al fine di ottenere il risarcimento, infatti, l'interessato dovrà esperire la via giudiziaria, ponendo in essere un ricorso volto al risarcimento dei danni. Bisogna prestare particolare attenzione su questi aspetti, poiché i due ricorsi, da impugnare rispettivamente per via amministrativa e giudiziaria, sono alternativi, potendosi scegliere l'uno o l'altro, e qualora sia stato fatto ricorso al Garante, non sarà possibile esperire l'autorità giudiziaria se non al termine del procedimento svoltosi dinanzi a quella amministrativa, e soltanto in caso di opposizione alla decisione del Garante. Scegliendo di ricorrere in Tribunale, optando così per il risarcimento, la sede del medesimo dovrà essere quella competente territorialmente, riguardo al luogo di residenza del titolare dei diritti lesi.
In base a quanto prescritto dall'art. 15 chi ritiene di essere stato leso a seguito dell'attività di trattamento dei dati personali che lo riguardano può ottenere, in sede giudiziaria, il risarcimento dei danni senza dover provare la "colpa" del titolare che ha trattato i suoi dati. Resta ovviamente a carico dell'interessato l'onere di provare eventuali danni derivanti dal trattamento dei dati.
Tanto in sede comunitaria quanto in quella nazionale, è stato ben chiaro che i rischi maggiori sono connessi all’uso “tecnologico” dei dati, ma, valutato che l’angolo visuale è, il valore della riservatezza e dei diritti della personalità, è prevalsa la posizione che la tutela della privacy debba estendersi a tutte le specie di dati personali.
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