Via libera dell'Eurogruppo al terzo salvataggio finanziario della Grecia, dopo il sì - la scorsa notte - del Parlamento di Atene al primo pacchetto di riforme concordate dal premier Tsipras a Bruxelles per ottenere nuovi aiuti dai partner europei ed evitare l’uscita dall’Euro. Il voto favorevole è costato però la spaccatura del partito di governo Syriza, mentre la popolazione è scesa in piazza per contestare le misure di austerità imposte dai creditori. Il servizio :
Una notte drammatica per il premier Tsipras, per la tenuta del suo governo e per la Grecia tutta, spaccata sul Piano di Riforme, approvato oltre lo scadenza della mezzanotte fissata come termine ultimo da Bruxelles a garanzia di quanto pattuito, in cambio di 86 miliardi di nuovi aiuti dai partner europei. 249 i voti a favore alle misure di austerità, ben oltre i 151 necessari, grazie al supporto delle opposizioni al governo di Atene, il primo - ricordiamo - di estrema sinistra nella storia dell’Unione Europea, che esce spaccato da questa seduta, con ben 34 deputati - su 149 del partito Syriza del premier - che hanno detto no al Piano, mentre altri 6 si sono astenuti. Eppure Tsipras si era appellato all’unità della sua maggioranza: “senza il vostro sostegno nel voto di stasera - aveva detto – sarà difficile per me restare alla guida del governo”, su cui ora pesa dunque una grande incognita. “Ho fatto una scelta di responsabilità e di dignità”, ha cosi difeso Tsipras l’accordo stretto con i creditori, che a Bruxelles sono al lavoro per un prestito ponte per il fabbisogno immediato del Paese e la riapertura delle sue banche. Una strada ancora tutta in salita e sconosciuta da percorrere per la Grecia.
Ma quali scenari si aprono in Grecia nel giorno forse più difficile sul per il suo premier, che sarebbe già al lavoro per un rimpasto di governo? Lo abbiamo chiesto al prof. Carlo Altomonte, docente di Politica economica europea, all’Università Bocconi di Milano:
R. – La Grecia ha avuto questo programma di aiuti rinnovato dal Consiglio europeo, sicuramente a condizioni forse più dure di quelle originariamente previste, però – mi faccia sottolineare – non più dure dal punto di vista dell’austerità finanziaria, questo è un errore, ma più dure dal punto di vista del controllo dei governi sul pacchetto di riforme che il governo di Atene dovrà fare.
D. – Si resta però perplessi quanto sentiamo che il ministro delle finanze tedesche, Schäuble, ancora oggi ha commentato che un’uscita temporanea dall’euro sarebbe per la Grecia la via migliore, ed ha aggiunto che un taglio del debito greco è inconciliabile con l’appartenenza all’Unione Europea. Come dire che siamo al punto di partenza dei negoziati?
R. – Schäuble ha la sua visione che evidentemente sta diventando una visione – purtroppo, diciamo – prevalente anche nel Parlamento tedesco. Schäuble pensa che solo i Paesi che siano in grado di rispettare un certo tipo di ortodossia finanziaria possano stare nella moneta unica. Schäuble è un convinto europeista, a modo suo. E quindi ritiene che la Grecia stia meglio fuori dalla moneta unica – ovviamente, che stia in Europa ma fuori dalla moneta unica – piuttosto che dentro. Detto questo, è vero che attualmente i trattati non consentono il finanziamento dei debiti tra uno Stato e l’altro. Però, un conto è dire che il debito non viene ridotto nel suo valore nominale, un conto è dire che la scadenza del debito e gli interessi che i greci pagheranno sul debito non possano essere rivisti in termini ancora più favorevoli.
D. – Se è vero, però, che le politiche di austerità imposte dalla Troika hanno impoverito la Grecia, perché non mettere sotto accusa proprio la Troika, specie il Fondo Monetario Internazionale, che in passato ha avuto esperienze fallimentari nelle politiche di austerità imposte in molti Paesi in via di sviluppo? Ecco, perché non si apre anche un dibattito su questo?
R. – Sono il primo a pensare che con la Grecia abbiamo fatto tanti errori, che abbiamo imposto al Paese un programma di austerità che il Paese non era in grado di sostenere, come si è visto nei risultati fallimentari che il programma di riforme ha avuto in Grecia dal 2010 fino al 2012-2013. Però, ricordiamoci anche che nel 2014 la Grecia stava iniziando a crescere: avrebbe segnato l’1,5% di crescita e nel 2015 i numeri erano ancora più positivi. Nel 2014 la Grecia aveva un avanzo primario di bilancio e aveva anche una crescita nelle esportazioni. Perché, alla fine, dopo una ricetta che – ripeto – è stata sicuramente più dura di quella che sarebbe stato legittimo somministrare al Paese, comunque la Grecia stava svoltando. Dopodiché è arrivato il nuovo governo ed ha cambiato le carte in tavola e la Grecia – ahimé! – si ritrova al punto di partenza, se non addirittura peggio. Il programma varato domenica è un programma che dice ai greci: dovete essere in grado di pagare il prestito che vi stiamo facendo, dovete piantarla di essere il Paese con la fiscalità più generosa d’Europa, perché tollerate troppe evasioni; inoltre avete le pensioni a 55 anni, avete i lavori usuranti, tra i quali ci sono anche i parrucchieri, eccetera eccetera. Quindi, si dice: “Noi diamo i soldi ma voi vi allineate agli standard di spesa pubblica riformata di tutti i Paesi europei, e partendo da qui fate una serie di altre riforme che vi consentano di riprendere la crescita, dopodiché siamo anche pronti a discutere una rimodulazione del debito”. Perché l’alternativa è che domani i greci non abbiano i soldi per le pensioni, per gli stipendi, per le medicine; con questo programma invece ce li hanno.
D. – L’importante, però, è che su questi Piani calati dall’alto sulle popolazioni ci sia anche un controllo ed un adeguamento, laddove non funzionino …
R. – Sono d’accordo con lei sul fatto che ovviamente – e il programma lo prevede – ci sia una revisione a brevissimo del programma di aiuti; io penso che già alla fine di settembre ci sarà una prima revisione. Anche perché a questa conclusione positiva della prima revisione del programma di aiuti è anche legata la discussione sulla moratoria del debito. Quindi i greci avranno tutto l’interesse a far bene nei primi mesi e poi riaprire il dibattito per valutare se sia possibile estendere la scadenza del debito. Forse la Grecia può essere l’esperimento attraverso il quale l’Europa impari a gestire le difficoltà di un suo Stato membro, aggirando in parte le regole strette che abbiamo e che ci impediscono di farlo. Se invece ci ostineremo, e se il piano non dovesse funzionare – e potrebbe non funzionare – a propinare alla Grecia la solita ricetta, a quel punto l’Europa avrà fallito ma evidentemente a quel punto, di nuovo, la Grecia sarà stata un laboratorio, perché non ci fermiamo lì. Ovviamente, dopo la Grecia arriverà la Spagna e arriveranno altri Paesi.
Fonte Radio Vaicana
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