La perizia: pallottole troppo grandi per essere dei fucilieri. A cui si aggiungono testimonianze fatte con "copia e incolla"
Che il processo messo in campo dall'India nei confronti dei due fucilieri di marina,Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, fosse al limite del ridicolo, non è una novita.
Ma dalle carte che i legali indiani hanno consegnato al Tribunale internazionale per il diritto del mare di Amburgo, emergono alcuni dettagli sconcertanti.
Non solo quelle testimonianze fotocopia rilasciate da alcuni pescatori sopravvissuti il giorno in cui Valentine Jelastine e Akeesh Pink persero la vita, ma soprattutto l'allegato numero 4 che riporta l'autopsia svolta sul corpo dei due pescatori uccisi. Sembrava essersi persa nei cassetti dei tribunali indiani, e invece è rispuntata ad Amburgo. Nel documento, la prova che i proiettili che hanno colpito a morte i due indiani non sono quelli in dotazione ai marò.
Le deposizioni
Come riporta il Quotidiano Nazionale, in un articolo a firma di Lorenzo Bianchi, le testimonianze di chi avrebbe assistito alla morte dei due pescatori si assomigliano eccessivamente. Come se nell'essere redatte fossero state scritte dalla stessa mano e opportunamente falsificate in modo da dimostrare la colpevolezza di Latorre e Girone. Dopo gli eventi del 15 febbraio 2012 al largo delle coste del Kerala, i testimoni dichiarano che gli assassini sono i "sailors", i marinai, facendo nome e cognome dei due marò. Le testimonianze, allegate tra le carte che l'India ha depositato ad Amburgo, sono contenute nell'allegato 46.
A rilasciarele sono il comandante del peschereccio, Freddy Bosco (34 anni), e il marinaio Kenserian (47), i quali dichiaro "onestamente e con la massima integrità" che la loro imbarcazione "finì sotto il fuoco non provocato e improvviso dei marinai Massimiliano Latorre e Salvatore Girone della Enrica Lexi".
Il primo campanello d'allarme riguarda proprio il duplice errore riportato nei verbali. Entrambi i marinai, infatti, avrebbero sbagliato a pronunciare il nome della nave difesa dai Marò, che infatti si scrive "Lexie". Ora, la cosa più probabile è che entrambe le dichiarazioni siano state scritte dalla stessa persona con una sorta di "copia e incolla" necessario per far coincidere le due versioni.
Ma non sono solo queste le corrispondenze. Altri passaggi sembrano scritti con la carta carbone. Secondo i due testimoni, i "tiri malvagi" hanno provocato la "tragica morte dei cari amici e colleghi Valentine, alias Jalestin, e Ajesh Binke". Anche sulle loro condizioni dopo l'evento, la versione coincide in maniera sospetta. I due pescatori avrebbero subito una "indicibile miseria e una agonia della mente, una perdita di introiti. La nostra ordalia non è finita".
Secondo Luigi Di Stefano, perito di parte che ha seguito la vicenda di Ustica, l'India non avrebbe dovuto consegnare queste carte al Tribunale di Amburgo. Che non aveva il compito di giudicare le responsabilità dei Marò, ma solo quale fosse il Paese legittimato a tenere il processo. Un modo quindi per ribadire la colpevolezza non dimostrata di Latorre e Girone, mossa che però ha fatto calare un velo di legittima dubbiosità sulla veridicità delle testimonianze.
Il proiettile
Non è tutto. Perché il più interessante dei documenti consegnati dai legali indiani ai giudici di Amburgo è l'autopsia che l'anatomo patologo K. S. Sasika fece sui due pescatori uccisi. Nella seconda pagina dell'allegato 4, infatti, si legge che il proiettile estratto dal cervello di Jalestine è troppo grande per essere uscito dalle armi dei fucilieri di marina. Quello misurato dal medico aveva un'ogiva di 31 millimetri, una circonferenza di 20 millimetri alla base e di 24 nella zona più larga. Le munizioni in dotazione ai Marò, invece, sono dei calibro 5 e 56 Nato. Il proiettile italiano misura solo 23 centimetri, quindi è evidente che quello estratto dalla testa del pescatore non possa essere stato esploso dai mitra Minimi e Beretta Ar 70/90 di Latorre e Girone.
Infine, dalle carte si evince che il Gps del Saint Antony dove hanno trovato la morte i pescatori venne fatto recapitare dal capitano dell'imbarcazione non il giorno in cui attraccò al porto, ma solo 8 giorni dopo. Conservando tutto il tempo necessario a manometterne i dati.
fonte http://www.ilgiornale.it/
I Traditori italiani hanno consegnato i nostri marò ad uno stato che difatto li aveva sequestrati, ora viene fuori che quelle erano tutte scuse, mi chiedo chi pagherà i due ragazzi e le loro famiglie? I traditori italiani pagheranno mai per il loro vile gesto ?
RispondiEliminaI vigliacchi non pagano mai e sono sempre i primi a salire sul carro del vincitore.
RispondiEliminaCose da non credere, un paese da terzo mondo ha tentato di insegnare la giustizia al nostro paese. Roba da matti!!!.
oddio, al nostro Paese in fatto di giustizia può insegnare praticamente chiunque. Da noi fa schifo.
EliminaSe non fosse così mai e poi mai li avrebbero rimandati là.
Luridi vigliacchi , hanno lasciato i nostri marò ad uno stato di fanatici schifosi ..-e ora???
RispondiEliminachi paga...le scuse nel buco del c...lo
Ora, per forza di cose, dopo il rientro dei maró rottura diplomatica definitiva con i selvaggi ed espulsione di tutti i loro cittadini puzzolenti stupratori e spacciatori dall'Italia
RispondiEliminaElicotteri scambiati con i due Marò. Un primo ministro, fasullo, che pur di contentare l'industria che commercia con l'India, a sua volta pentita dell'acquisto, sequestra due militari per far retrocedere l'Italia dall'imporre la penale approfittando dell'incidente occorso ad un peschereccio con barchini pirati. Si sono sempre comportati da indiani. Ci sarà del vero quando si dice: non fare l'indiano?
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