lunedì 1 febbraio 2016

I robot cambieranno il futuro: è ora che l'Italia ci pensi

Investire nella ricerca sull'intelligenza artificiale; sviluppare robot in grado di rilanciare il nostro comparto manifatturiero; fare in modo che l'introduzione sempre più pervasiva delle macchine nelle aziende non produca costi sociali; lavorare sempre di più in modo interdisciplinare; preparare i nostri giovani a capire l'automazione e a crearsi professionalità adeguate al mondo di domani. Sono alcuni degli spunti proposti ai ricercatori in robotica dell'Istituto Italiano di Tecnologia di Genova da Maria Chiara Carrozza, una delle più importanti scienziate italiane in campo robotico, ex-ministro della Ricerca e freschissima di nomina a presidente della commissione di valutazione dei due progetti "bandiera" della ricerca europea, quello sul grafene e lo Human Brain Project, che punta a realizzare un supercomputer in grado di simulare il funzionamento di un cervello umano. L'invito ai ricercatori dell'IIT è stato formulato durante un affollato workshop, tenutosi lo scorso 15 gennaio nell'auditorium dell'istituto genovese (e al quale sono riuscito a intrufolarmi anch'io).
Carrozza è deputato, ricopre numerosi incarichi alla Camera, per esempio nella Commissione Affari Esteri e nel Comitato per lo sviluppo sostenibile, ma non ha mai reciso il cordone ombelicale che la lega alla ricerca. Alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, dove ha avviato e diretto per anni il programma che ha portato allo sviluppo delle protesi robotiche di mano braccio probabilmente più evolute al mondo, continua, senza assegno, l'attività di scienziata, soprattutto per quanto riguarda tutto l'ampio settore della robotica indossabile: esoscheletri, protesi o simili sviluppati dall'Istituto di Biorobotica. Una posizione di “prima linea” nella ricerca che le consente di parlare con cognizione di causa e avere un'idea chiara delle tendenze e dei problemi con cui chi lavora in questo settore deve confrontarsi.

Macchine morali
Uno dei principali cambiamenti ravvisati da Carrozza nel modo in cui vengono concepiti i robot è il fatto che oggi, contrariamente al passato, si tende a dare loro una “moralità”, che consiste nel conferire alla macchina la facoltà di decidere quello che può o non può fare. Per esempio, le auto a guida autonoma devono sapere che non possono investire un pedone e che devono rispettare il codice della strada, fermarsi ai semafori e agli incroci, lasciar attraversare la gente sulle strisce e cose di questo genere. Trasposta ad altri robot, concepiti per esempio per fare la guerra, questa “moralità” conferita alle macchine assumerebbe un potere enorme, quello di decidere la vita o la morte di esseri umani.
Ma è lecito che una macchina di questo tipo possa definire in autonomia il proprio obiettivo e colpirlo? Osserva Carrozza: «Scienziati come Stephen Hawking o imprenditori come Elon Musk e Steve Wozniak (il primo proprietario di Tesla, che produce auto elettriche, il secondo cofondatore di Apple) hanno lanciato l'allarme sullo sviluppo di un'intelligenza artificiale che possa entrare in macchine robotiche destinate alla guerra. Musk stesso di recente ha creato una fondazione per promuovere la ricerca per un'intelligenza artificiale non pericolosa, orientata a uno sviluppo positivo e non a creare danno agli esseri umani. Ed è in questa direzione che deve andare anche l'Italia. I nostri istituti di ricerca devono indirizzare in modo preciso il loro lavoro sull'intelligenza artificiale e i ricercatori devono essere coscienti delle implicazioni delle macchine che realizzano, conoscere i termini del problema ed essere attori propostivi del dibattito su questi temi».

Vantaggi per il sistema
Anche le imprese italiane potrebbero trarne grande vantaggio, così come tutto il manifatturiero. «Penso – dice ancora Carrozza – a sistemi intelligenti ideati per aiutare una forza lavoro che ha un'età media sempre più alta, o per una logistica che ha bisogno di prendere decisioni in tempi sempre più rapidi. In questa evoluzione, oltre all'intelligenza artificiale giocherà un ruolo fondamentale l'avvento del 5G, cioè di un sistema di telecomunicazioni in grado di trasferire in tempo reale una quantità enorme di informazioni. Questo consentirà di vedere finalmente un pieno sviluppo della Cloud robotics, e darà anche un'enorme spinta alla teleoperazione o al controllo a distanza, perché non avremo più problemi di latenza del segnale. Che cosa significa? Che finalmente sarà possibile per un chirurgo operare a distanza, perché non ci sarà più alcuno sfasamento temporale tra i comandi impartiti a un robot remoto e l'azione compiuta dal robot stesso». La combinazione positiva di diverse tecnologie, quindi – intelligenza artificiale e comunicazioni ultraveloci in primis – aprirà la strada a robot in grado di operare sempre più a vantaggio dell'uomo.

Prepararci al futuro
Ma quale sarà l'impatto delle nuove macchine sulla società? Oggi si parla molto di Industry 4.0, di fabbriche automatiche in cui l'uomo praticamente non avrà compiti manuali. E si affaccia già un presente in cui i robot escono anche dai luoghi di lavoro ed entrano nelle nostre case. Che cosa ci porterà questa trasformazione? «Dobbiamo stare attenti – avverte Carrozza – a non fare nostre tendenze che già riscontriamo in altri paesi, come in Cina, dove si pensa a creare fabbriche di sole macchine, senza presenza di uomini. Se sarannno utilizzati con questa finalità i robot finiranno certamente per cancellare un numero enorme di posti di lavoro. Già vediamo questa tendenza anche in aziende italiane, che puntano a ridurre sempre più la presenza umana non soltanto per un fatto di produttività ma anche per ridurre i problemi di sicurezza. Di fronte a una trasformazione di questo tipo, quello che dobbiamo fare è preparare le nuove generazioni a scenari futuri in cui tante professioni non esisteranno più e sarà fondamentale un elevato grado di preparazione per accedere alle nuove posizioni che si apriranno grazie alla diffusione delle macchine».
Cambieranno, per effetto dei robot, soprattutto quelli domestici, le modalità di acquisto e di produzione. «Già ora – sottolinea Carrozza – esistono consumatori che vogliono avere un ruolo molto più attivo e, per questo, vengono definiti “prosumers”, in grado cioè di prodursi in autonomia le cose di cui hanno bisogno. Se non prendiamo atto fin d'ora di questi nuovi scenari e non prepariamo i nostri giovani a esserne parte integrante, attraverso il nostro sistema scolastico e universitario, in futuro avremo molti più disoccupati di quanti ne abbiamo oggi».

Tendenze della robotica
Che cosa porteranno questi nuovi scenari nell'ambito della ricerca robotica? Maria Chiara Carrozza individua molte tendenze. Per esempio l'affermarsi di robot domestici per l'entertainment e capaci di diventare assistenti personali, per gli anziani o nelle famiglie. In altre parole, veri e propri robot “sociali”.
Ci sarà anche un grande sviluppo di robot “bioispirati”, nati cioè dall'osservazione della natura e da una sempre più necessaria “interdisciplarità”, che i robotici dovranno adottare come metodo di lavoro nella progettazione di macchine complesse. Gli ingegneri dovranno sempre più parlare con biologi, fisici, psicologi nel mettere a punto nuovi robot. Che, a loro volta, tenderanno ad essere concepiti sempre di più come sistemi ibridi, per esempio trapiantabili o impiantabili, come l'occhio bionico, le protesi o anche i sistemi robotici per la riabilitazione di pazienti o per la chirurgia o la diagnostica. In questo filone si inserisce anche la robotica “indossabile”, come per esempio gli esoscheletri, pensati sia per la riabilitazione che per l'ausilio di lavoratori o di persone anziane nello svolgere azioni impegnative fisicamente.
Grandi gruppi investono pesantemente nello sviluppo di auto a guida autonoma, che sono un po' il paradigma dell'idea di cambiamento introdotto dalle macchine: meno incidenti, meno vittime, più parcheggi nelle città, tempi di trasporto più rapidi, più organizzazione e razionalità e più tempo libero a nostra disposizione. Ma questo è uno scenario ideale pubblicizzato dalle aziende: sarà in realtà nostro compito, dai ricercatori che sviluppano questi dispositivi fino agli utilizzatori finali, fare in modo che le cose vadano realmente così.

Capire limiti e impatti
In molti casi esistono ancora ostacoli, nodi tecnologici da superare per arrivare a robot che realizzino realmente quanto promesso. Per esempio, le protesi non sono ancora “naturali”, perché i loro attuatori producono rumore durante il movimento e perché la tecnologia di sensori che utilizziamo è la stessa da 20 anni e non riproduce fedelmente il senso del tatto umano. O, ancora, l'attuale tecnologia delle batterie non garantisce ai robot un'autonomia sufficiente per creare macchine veramente autonome.
«Stiamo progettando – dice ancora Maria Chiara Carrozza – robot in grado di colonizzare ogni nostra attività: la produzione industriale, l'esplorazione dei mari e dei pianeti, l'assistenza ai malati. Abbiamo robot chirurghi, robot sociali che entrano nelle nostre case, dotati di intelligenza e di capacità di apprendere, grazie anche ai grandi passi avanti che stiamo facendo nei campi dell'intelligenza artificiale e del “deep learning”. Ma in molti casi dobbiamo ancora capire l'impatto di quello che stiamo facendo e scoprire i limiti delle tecnologie che stiamo sviluppando. E lavorare per superarli».
Macchine di questo tipo cambieranno le nostre vite, non c'è alcun dubbio. Il compito che ci si pone oggi, come un dovere ma anche come una grande opportunità, è di comprendere il cambiamento e governarlo. L'invito lanciato da Maria Chiara Carrozza, non solo ai ricercatori ma a tutti gli attori di questa trasformazione – cittadini, imprenditori, politici – è di rendersene conto e diventare parte attiva di un dibattito che non può più essere rimandato.

Se vi interessa seguire tutto l'intervento di Maria Chiara Carrozza all'IIT di Genova (in inglese) embeddo qui sotto il link a un video che lo ripropone integralmente.

Fonte Riccardo Oldani

Milla Lince Grassi



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