Se alcune donne, scampate allo sterminio nazista grazie al suo nobile gesto, non avessero divulgato la sua storia, oggi non avremmo più memoria di Giorgio Perlasca, commerciante nato a Como il 31 gennaio 1910, annoverato tra i Giusti fra le Nazioni, a Gerusalemme, per aver salvato da morte certa oltre 5000 ungheresi di religione ebraica.
Fervente fascista, si allontanò dal regime nel 1938 con l’introduzione, in Italia, delle leggi razziali. Non aderì più tardi, nemmeno alla Repubblica di Salò. Così, spostandosi per lavoro prima in Jugoslavia e poi in Ungheria, trovò rifugio presso l’ambasciata spagnola a Budapest che gli concesse la cittadinanza e il passaporto. Divenuto per tutti Jeorge Perlasca collaborò con l’ambasciatore Ángel Sanz Briz nel tentativo di salvare gli ebrei in fuga dal regime nazista. Quando Briz lasciò la città e l'impegno preso per il timore di eventuali ripercussioni da parte del governo ungherese filonazista, Perlasca decise di farsi carico in prima persona della salvezza di quegli innocenti a insaputa dello stesso governo spagnolo. Rilasciò così migliaia di finti salvacondotti che conferivano la cittadinanza spagnola agli ebrei e utilizzando i pochi fondi rimasti dell’ambasciata cercò di sfamare i sopravvissuti allo sterminio.
Tornato in Italia, dopo l’arrivo dell’Armata Rossa in Ungheria, Perlasca condusse una vita modesta, lontano dal clamore. Non raccontò mai a nessuno quanto accaduto in quel freddo inverno del ’44 lontano dall'Italia. Nemmeno a suo figlio. Ma quella "banalità del bene", come la definisce Enrico Deaglio nel suo libro dedicato all’eroe italiano, non lasciò certo indifferenti le persone tratte in salvo che, a distanza di anni, cercarono in tutti modi di rintracciare il signor Jeorge. Così negli anni ’80 Perlasca divenne noto a tutti. E a quanti gli chiedevano, increduli, del perché di quel gesto di solidarietà compiuto 40 anni prima, lui rispondeva con la semplicità delle persone umili: “Ma lei, avendo la possibilità di fare qualcosa, cosa avrebbe fatto vedendo uomini, donne e bambini massacrati senza un motivo se non l’odio e la violenza?”.
"Un insegnamento per i giovani", definì lo stesso Perlasca la sua vicenda, "per pensare, oltre a quello che è successo, a quello che potrebbe succedere e sapere opporsi, eventualmente, a violenze del genere”.
Fonte Pontile News / Progetto Dreyfus
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