“Educare ad una cultura della pace, della concordia, della solidarietà, della carità”. È questa la missione dei militari e delle Forze di Polizia nelle parole del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, che stamani all’Altare della Confessione in Basilica Vaticana ha presieduto la Messa a chiusura del Giubileo a loro dedicato, prima del Regina Caeli del Papa in Piazza San Pietro. “La pace - ha sottolineato il porporato, salutato dall’arcivescovo Santo Marcianò, ordinario per l’Italia - è aspirazione insopprimibile del cuore umano”. Voi, ha detto ai presenti, “siete meritoriamente coinvolti in prima persona nel creare, difendere e sostenere la pace in molte aree del mondo e avete chiara la consapevolezza degli ostacoli frapposti dagli egoismi e dalle violenze”. Nel pregare per quanti sono “impiegati in missioni a difesa della giustizia e del ristabilimento della pace”, il cardinale ha auspicato che “il desiderio e l’impegno” per essa “alberghi in ogni persona di buona volontà, in questo nostro mondo così travagliato da lotte che - ha concluso - causano sofferenze, distruzioni e miseria, con un aumento di vittime e di profughi e tanta povertà materiale e spirituale”. Sui sentimenti con cui i militari hanno vissuto il loro Giubileo, Luca Collodi ha intervistato il colonnello Riccardo Cristoni, già comandante del IX Reggimento Alpini, attuale capo ufficio stampa dello Stato Maggiore della Difesa:
R. – Con grande emozione! Con grande emozione perché ci ha permesso di trovarci insieme a colleghi di altre Nazioni che condividono gli stessi valori di servizio e valori sociali. Quest'Anno del Giubileo è l’occasione per sottolineare quello che è il ruolo delle Forze Armate per il servizio alla pace. In questo, le Forze Armate rappresentano lo spirito dell’Italia e ne sono state lo strumento sul campo in moltissime missioni.
D. – Missioni umanitarie che sono operative in diverse aree…
R. – Attualmente le Forze Armate sono impegnate in 18 Paesi con 25 missioni, per un totale di circa 12mila uomini. Di questi, 7mila uomini lavorano sul territorio nazionale per garantire la sicurezza. Le operazioni più significative sono in Iraq, dove i militari italiani stanno addestrando i ‘Peshmerga’, a Erbil, nel Kurdistan; fornendo, inoltre, un supporto con mezzi e velivoli dell’Aeronautica militare alla coalizione internazionale contro Is. In Libano, è presente da tempo un contingente - attualmente di 1.100 uomini - che garantisce la sicurezza nell’area controllata dalle Nazioni Unite nel sud, al confine con Israele. Altra missione importante è quella in Afghanistan: circa 900 uomini assistono, preparano e formano le forze di sicurezza locali. Degno di nota anche il nostro impegno contro la pirateria nel Corno d’Africa, davanti al mare della Somalia, dove l’Italia partecipa con una nave alla missione internazionale di contrasto ai pirati. Poi l’impegno nel Mediterraneo: l’Italia è presente con due missione, una nazionale, “Mare Sicuro”, e l’altra dell’Unione Europea, detta “Operazione Sofia”, che serve a contrastare l’attività degli scafisti impegnati nella tratta degli esseri umani sfruttando l’immigrazione. Ma, al tempo stesso, è impegnata a salvare vite umane qualora fossero a rischio in mare.
D. – Riuscite a monitorare con precisione la partenza dei migranti dalle coste del Nord Africa?
R. – Il sistema di controllo della navigazione nel Mediterraneo individua quelle che sono le navi di determinate dimensioni. I gommoni o le piccole imbarcazioni sono difficili da vedere e da individuare in mare. Ci arrivano, però, segnalazioni o da altre imbarcazioni di passaggio o dagli stessi migranti che chiamano per segnalare le difficoltà: in base a queste segnalazioni le unità intervengono. Ci sono unità navali anche di altre nazioni, perché la missione dell’Ue vede la presenza anche di altri Paesi. L’obbligo di soccorrere la vita in mare a rischio è un obbligo per tutti, anche per i mercantili che passano in quelle zone.
D. – Ci sarà un prossimo intervento italiano in Libia?
R. – Questa è una crisi che è davanti agli occhi di tutti. Come indicato chiaramente dal nostro governo, l’intervento italiano avverrà solamente sulla base di richiesta del governo libico, in un quadro di legittimazione internazionale.
D. – Colonnello Cristoni, l’Operazione “Strade sicure” contro il terrorismo come prosegue?
R. – L’impegno della lotta al terrorismo tramite le Forze Armate, ci vede impegnati non solo in “Strade sicure”, che è una operazione nazionale, perché anche l’operazione che facciamo in Iraq di contrasto all’Is, che è una organizzazione terroristica, si inserisce in questo quadro. L’Operazione “Strade sicure” nasce nel 2008 e quest’anno è stata rafforzata, così come lo scorso anno, per due grandi eventi che ci sono stati in Italia: il primo, l’Expo a Milano e quest’anno il Giubileo, a Roma. Abbiamo un grande ritorno di quello che è l’opinione dei cittadini per l’opera dei militari: un’opera discreta, che dà un senso di sicurezza alla gente che vede i soldati presenti nelle stazioni, in metropolitana, nelle strade, nei principali luoghi della vita quotidiana, anche fuori le città. Devo dire che a Roma, per esempio, abbiamo avuto una diminuzione del 30 per cento dei reati comuni.
D. – Pochi ne parlano, ma centinaia di uomini sono ancora impegnati nei Balcani…
R. – Sì, è vero. E’ un teatro molto vicino a noi e attualmente vede impiegato un contingente di 550 uomini. Tra l’altro la missione Kfor è a guida di un generale italiano. Come lo sono anche le missioni in Libano, con l’Unifil e con il generale Portolano, e in Somalia per l’addestramento delle forze somale. Molte missioni internazionali sono a guida di militari italiani e questo conferma la qualità dell’addestramento e delle capacità delle Forze Armate italiane, apprezzate in ambito internazionale.
Fonte Radio Vaticana - Marilina Lince Grassi
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