“Perché in tutti i Paesi del mondo le donne siano onorate e rispettate, e sia valorizzato il loro imprescindibile contributo sociale”. È questa l’intenzione universale di preghiera di Papa Francesco per il mese di maggio 2016, promossa dall’Apostolato della preghiera. Il Papa, come di consueto da qualche tempo a questa parte, l'ha accompagnata con alcune riflessioni in un videomessaggio. Il servizio di Roberto Piermarini:
“È innegabile il contributo delle donne in tutti gli ambiti dell’attività umana, iniziando dalla famiglia. Ma soltanto riconoscerlo... È sufficiente?”. È la domanda che Papa Francesco si pone all’inizio del suo videomessaggio dedicato all’intenzione universale del mese di maggio dell’Apostolato della preghiera:
“Hemos hecho muy poco por las mujeres…
Abbiamo fatto molto poco – riconosce il Papa – per le donne che si trovano in situazioni molto difficili, disprezzate, emarginate, e perfino ridotte in schiavitù”. “Dobbiamo condannare – soggiunge – la violenza sessuale che soffrono le donne ed eliminare gli ostacoli che impediscono il loro pieno inserimento nella vita sociale, politica ed economica”.
“Se pensi che questo è giusto – conclude Francesco – fa conoscere questa petizione con me”:
“Es una oración: para que en todos los países…
È una preghiera: perché in tutti i Paesi del mondo le donne siano onorate e rispettate, e sia valorizzato il loro imprescindibile contributo sociale”.
Durante il videomessaggio compare in sovraimpressione una serie di affermazioni sul tema della tutela del lavoro femminile:
“Il mio lavoro vale tanto quanto quello di un uomo.
Non sarò mai una schiava
No alla violenza di genere.
Basta con la discriminazione nel lavoro
Uomini e donne siamo figli di Dio”.
“Il problema del lavoro è grave, per gli alti livelli di disoccupazione giovanile, e perché a volte il lavoro stesso non è dignitoso”. Con questo tweet lanciato dall’account @Pontifex, Papa Francesco pone l’accento su uno dei problemi maggiori della società contemporanea. Su questo tema, nel contesto del Giubileo della misericordia, è iniziato ieri a Roma un seminario internazionale, organizzato dal Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace insieme all’Organizzazione internazionale del lavoro. Il servizio di Michele Raviart:
Dignità del lavoratore, giusti salari, facilità di accesso al credito per i giovani. Queste le chiavi per uno “sviluppo sostenibile” del lavoro, tema del workshop che vede riuniti fino a giovedì prossimo al Notre Dame Global Gateway di Roma organizzazioni internazionali e di ispirazione cattolica attive nel settore. Il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:
“Papa Francesco ha già parlato di due fragilità: l’ambiente e i poveri. Anche il lavoro sta diventando una fragilità. L’obiettivo è sempre più quello del profitto, del reddito e del guadagno e l’uomo si trova sempre più nella precarietà. Come possiamo assicurare la dignità del lavoro? Come possiamo rendere il lavoro stabile? Come può contribuire, lo stesso lavoro, ad esperienze di pace nella società? Questo è proprio ciò che vogliamo trattare”.
Obiettivo del seminario è allora anche quello di formulare soluzioni a livello globale, a partire dalla tutela del lavoratore. Gianni Rosas, direttore della rappresentanza dell’Oil in Italia e San Marino:
“Nonostante siamo nel XXI secolo, continuano a permanere delle forme di lavoro in condizione di schiavitù e in mancanza di qualsiasi diritto. Ci sono delle criticità relative ai lavoratori, che lavorano però guadagnano meno di quello che è necessario per uscire dalle forme estreme di povertà. Non dimentichiamo che ci sono più di 400 milioni di lavoratori nel mondo che lavorano, ma vivono in condizioni di povertà, loro e le loro famiglie”.
Tutele contrattuali, quindi, ma anche proposte per affrontare l’eccesso di lavoro automatizzato e digitalizzato, che rischia di marginalizzare la persona umana – e in particolare i giovani - in nome di un profitto cieco. Ancora il cardinale Turkson:
“Come ha detto Henry Ford, lo scopo della finanza non è di fare profitto, ma di aiutare le persone a realizzare il bene comune. Se noi riusciamo, allora, a creare accesso al capitale per quelli che hanno buone idee di sviluppo e così via, i giovani non aspetteranno più il lavoro da qualcuno, ma potranno essere loro gli imprenditori e non andare, quindi, sempre alla ricerca del lavoro, ma essere creatori di lavoro”.
In questo senso sono da incentivare esperienze come il microcredito e la associazioni che promuovono il lavoro giovanile nei Paesi più poveri. Mons. Roberto Vitillo, capo delegazione alle Nazioni Unite di Ginevra per Caritas Internationalis:
“Noi crediamo che il mondo non sia molto attento a questo problema. Invece, in quasi ogni continente ci sono giovani ben preparati, ben educati, ma senza lavoro. Anche lo stipendio, però, deve essere giusto, per permettere specialmente alla famiglia di crescere bene, per permettere al lavoratore o alla lavoratrice di provvedere ai bambini, alla scuola, e anche a loro stessi, come genitori.
Fonte Radio Vaticana - Marilina Lince Grassi
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