Il rientro in Italia di Girone: l'intreccio fra affari e diplomazia fra Italia e India
Mentre fra la diplomazia italiana e quella indiana era in atto una guerra a colpi di ricorsi e proteste reciproche, gli affari hanno fatto il loro corso. Come si dice, ‘pecunia non olet’. L’economia indiana è cresciuta negli ultimi anni a livelli che noi europei possiamo soltanto sognare,
una crescita che ha alimentato in maniera significativa la cooperazione
economica fra il Belpaese e il Subcontinente. Basti citare un po’ di
numeri. Nei venti anni dal 1991 al 2011 l’interscambio Italia-India è
cresciuto di 12 volte, anche se a partire dal 2012 è iniziato un trend
decrescente, che ha portato il commercio bilaterale a 7,2 mld di € nel
2014, segnando comunque un aumento del 3,6% rispetto al 2013. L’Italia è il quarto partner commerciale dell’India tra i Paesi UE
(dopo Germania, Regno Unito e Belgio). Il buon andamento è continuato
anche nell’ultimo anno e infatti, nel complesso, l’export italiano verso
l’India nel mese di aprile 2015 è cresciuto del 24,9%. Le importazioni
italiane dall’India, viceversa, nel mese di aprile 2015 sono cresciute
del 13,9%. Macchinari e apparecchi continuano a rappresentare la prima
voce dell’export italiano in India, oltre un quarto delle importazioni
italiane dall’India rientrano invece nella categoria tessile e
dell’abbigliamento. Quanto al flusso di investimenti diretti, le aziende
italiane nel 2012 hanno investito in India oltre 1 mld di Euro nel 2012
secondo Eurostat. A fine 2012 l’Italia aveva in India uno stock cumulato di IDE (investimenti esteri diretti) pari 3,75 mld €. Quasi tutti i grandi gruppi industriali italiani sono presenti nel Subcontinente, una presenza che traina le PMI nell’ inserimento in un mercato con enormi potenzialità di sviluppo.
I settori nei quali vi è la maggior possibilità d’investimento sono
quelli degli autoveicoli e della meccanica, le costruzioni, il settore
energetico, quello alimentare e quello dell’arredo. In virtu’ dei sempre
più numerosi accordi commerciali regionali e con i paesi limitrofi,
l’India si sta posizionando come un ‘hub’ globale per la produzione dei
mezzi di trasporto, con particolare attenzione al mercato asiatico.
Contemporaneamente si sta portando avanti un enorme sforzo di
adeguamento infrastrutturale con la costruzione di strade, ponti,
ferrovie, metropolitane e aeroporti, un crescente sviluppo indiano che
ha un bisogno sempre maggiore di energia per essere sostenuto e, non a
caso, il settore energetico è quello che negli ultimi anni ha attirato
il maggiore afflusso di IDE. Infine, particolarmente attente al mercato
indiano sono le aziende del settore difesa, tra cui certamente emerge il
Gruppo Finmeccanica ma anche Beretta e Fincantieri. Non mancano ovviamente gli investimenti dall’India verso l’Italia a dicembre, ad esempio, lo storico marchio di design Pininfarina è stato acquistato dal gruppo indiano Mahindra.
Nonostante quindi gli affari siano andati avanti senza curarsi della crisi diplomatica fra Roma e Delhi, è innegabile che esista un fortissimo legame fra relazioni politiche ed economiche.
Un intreccio fra economica e diplomazia estremamente complesso. Uno fra
tutti il caso delle tangenti per la vendita di 12 elicotteri Agusta-Westland (controllata da Finmeccanica) per le quali sono finiti sotto accusa alcuni esponenti politici del partito di Sonia Gandhi principale
oppositrice del premier indiano Modi. La faccenda e il suo stretto
legame con il procedimento arbitrale fra Italia e India sui Marò è
emerso in tutta la sua evidenza circa due mesi fa. Lo scorso 23 dicembre
presso il Tribunale Arbitrale è stata recapitata una lettera di Christian Michel, intermediario
di armi inglese e oggetto di un mandato di cattura da parte delle
autorità indiane. Nella lettera Michel sostiene che Modi avrebbe chiesto
a Matteo Renzi di aiutarlo a costruire un dossier che
dimostrasse un legame fra lo stesso Michel e Sonia Ghandi proprio
nell’ambito della vendita degli elicotteri, il tutto in cambio della
totale liberazione dei due Marò. Al di là o meno della veridicità delle
accuse, che sono tuttora ancora da dimostrare, è innegabile che intorno
alla controversia fra Roma e Delhi ruotino interessi miliardari.
Durante l’ultimo summit fra Unione Europea e India, oltre alle
fondamentali questioni del terrorismo e della cooperazione politica si è continuato a discutere sull’importantissimo Trattato di Libero Scambio che Bruxelles e Delhi stanno negoziando dal 2007. Sul tavolo anche gli ingenti investimenti che la BEI (Banca Europea degli Investimenti) potrebbe
concedere sul fronte infrastrutturale, in particolar modo per la
costruzione della nuova metropolitana di Lucknow, tanto voluta e
promessa da Modi. Con un tempismo quasi perfetto, lo stesso giorno il
Tribunale Arbitrale ha annunciato che avrebbe deciso a breve sul rientro
o meno di Girone.
A questo punto è interessante ipotizzare due possibili scenari nell’intreccio fra affari e diplomazia
(o meglio, a questo punto, diritto internazionale). Nel caso il
Tribunale decidesse per il rientro di Girone in Italia, il caso Marò
potrebbe definirsi teoricamente chiuso o almeno rimandato a qualche anno
e pesare molto meno nelle relazioni italo-indiane. Tale eventualità
potrebbe facilitare molto le trattative in sede europea rendendo molto
più semplice la conclusione di molti accordi di natura commerciale e
d’investimento. Non dimentichiamo che l’Italia ha un peso molto grande
all’interno dell’UE ed è in grado in influenzare i negoziati con le
autorità indiane. D’altra parte una sconfitta in sede giudiziaria
dell’India potrebbe comportare un grave smacco per il governo Modi, governo nazionalista che ha fatto del caso Marò un tema cardine per il sostegno da parte dell’opinione pubblica. Ultimamente Modi sta sperimentando un calo dei consensi,
dovuto principalmente alla mancata realizzazione di molte delle riforme
economiche che aveva promesso, e il ritorno di Girone in Italia
peggiorerebbe la situazione. Vi è così il rischio di una possibile
decisione da parte di Delhi di non rispettare comunque la sentenza,
commettendo un grave illecito internazionale. L’India non è nuova ad
iniziative del genere, come ad esempio il ‘sequestro’ del nostro
ambasciatore in piena violazione della Convenzione di Vienna. Più
recentemente, proprio in barba alla decisione del Tribunale
Internazionale del Mare di sospendere ogni procedimenti giudiziario nei
confronti dei Marò, è stata fissata una nuova udienza della Corte
Suprema indiana sul caso. Il sospetto che sia un segnale nei confronti
del nostro governo è abbastanza fondato. Nel caso quindi di un rifiuto
dell’india di rispettare la sentenza, la situazione si complicherebbe
esponenzialmente, costringendo l’Italia ha portare avanti contromisure
che potrebbero contemplare anche il boicottaggio a livello economico e
in sede di negoziati, con un grave pregiudizio nei confronti delle
relazioni economiche bilaterali. Nel caso invece di una sentenza
sfavorevole all’Italia e ad un prolungamento della permanenza di Girone
in India, si continuerebbe a vivere la situazione che si vive ormai da
più di quattro anni. Un prolungamento quasi ‘ad libitum’ della crisi
diplomatica e la paralisi dell’azione diplomatica italiana in sede
giudiziaria. L’unica soluzione potrebbe ravvisarvi in qualche accordo
‘extra-giudiziario’ con l’Italia che favorirebbe i negoziati economici
con l’India in sede UE in cambio di un eventuale ritorno di Girone in
Italia.
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