UNA NAZIONE IN-DIFESA - LE SPERICOLATE MANOVRE DELL’AMMIRAGLIO DE GIORGI (ANCORA A CAPO DELLA MARINA MILITARE NONOSTANTE LO SCANDALO) PER SABOTARE LA RIFORMA DELLA DIFESA BY PINOTTI - NEL MIRINO C’ERA ANCHE IL SUO SUPERIORE, IL GENERALE CLAUDIO GRAZIANO
L’ammiraglio De Giorgi navigava sott’acqua per creare una crepa tra il Governo e il generale Graziano, comandante in capo di tutta la Difesa. De Giorgi ha mosso mari e monti per stoppare la riforma: politici e faccendieri in primis…
G.D.F. per “la Repubblica”
La battaglia navale al giorno d’oggi è un gioco di potere, che si combatte tra cene e sms. Ricordate le vecchie partite sui fogli a quadretti? Le caselle più piccole adesso sono occupate da parlamentari; quelle da tre, che si potrebbero chiamare “incrociatori” sono i grandi dirigenti statali; come “corazzate” ci sono i ministri mentre la pregiatissima “portaerei” da cinque è rappresentata dal presidente del consiglio e dalla sua cerchia ristretta.
Ecco l’ammiraglio Giuseppe De Giorgi, ancora al vertice della Marina militare nonostante le ondate sempre più alte dello scandalo lucano, ha fatto una partita simile con l’obiettivo di affondare la riforma della Difesa voluta da Roberta Pinotti.
La procura di Potenza ha registrato le sue manovre per silurare il Libro Bianco, il documento fortemente sostenuto dalla ministra ligure per razionalizzare le tre forze armate, eliminando i doppioni e le ridondanze ma soprattutto potenziando il comando centrale a discapito dell’autonomia di Marina, Esercito e Aeronautica.
In pubblico l’ammiraglio non ha mai taciuto la sua contrarietà al piano. Al telefono invece ha costruito una lobby personale, che si è lanciata all’abbordaggio degli avversari: corsari che non agivano per amore della flotta, ma solo per incassare un bottino di raccomandazioni, ricordando che c’erano «contratti da finalizzare».
Così Nicola Colicchi, navigato manager d’area ciellina, viene “sollecitato” da De Giorgi a «porre un argine all’azione» del generale Claudio Graziano, ossia del comandante in capo di tutta la Difesa e suo superiore.
L’ammiraglio è talmente infuriato da «valutare un’azione per mobbing» e dice di volere chiedere aiuto anche a «”sant’Egidio” con riferimento all’opportunità di far chiamare la ministra e farle capire che “ha rotto i c…”». Un’operazione mirata a far sì «che tra il ministro e il generale si creasse una crepa». Graziano infatti è l’ufficiale che deve forgiare la riforma del settore militare.
A maggio 2015 l’audizione in Commissione del Senato della Pinotti secondo De Giorgi segna un punto a suo favore, perché viene scelto un calendario lento. Cita il presidente Nicola La Torre che gli avrebbe parlato di «depotenziare il documento» di riforma. Gianluca Gemelli dalla sua propone un «aiuto in Parlamento» tramite Paolo Quinto, collaboratore di Anna Finocchiaro.
Poi la battaglia navale prosegue. Infilando una serie di cene di sensibilizzazione, secondo una strategia approvata via sms dall’ammiraglio: Graziano Delrio e Raffaele Tiscar, vice segretario generale di Palazzo Chigi. Colicchi informa di avere radunato a casa sua anche il senatore pd Roberto Cociancich.
A giugno 2015 «tramite la Uil» vengono interessati «amici parlamentari Pd renziani: Maria Cecilia Guerra e Andrea Manciulli». L’ammiraglio chiede: «Anche 5stelle». La risposta è: «5stelle posso arrivare anche a Di Battista». Replica di De Giorgi: «Parliamone». Tutto accompagnato da sorrisini, che segnano l’ingresso degli emoticon nella storia degli atti giudiziari.
Ci sono affondi istituzionali, con il tentativo di portare il Quirinale verso le tesi della Marina, e abbordaggi più spericolati, come la richiesta di far intervenire un’imprenditrice nautica spezzina per conquistare il guardasigilli Andrea Orlando: una figura definita molto vicina a De Giorgi. E molto interessata agli appalti della flotta. Un altro segnale di quel porto delle nebbie dove lobby e affari si confondono.
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