Date un po’ un’occhiata a questo elenco, in particolare alle professioni evidenziate tra parentesi:
Daria Bignardi (scrittrice), Vasco Brondi (cantante), Caparezza (cantante), Ennio Capasa (stilista), Pierpaolo Capovilla (cantante), Chef Rubio (conduttore tv), Max Collini (cantante), Carolina Crescentini (attrice), Marco D’Amore (attore), Costantino della Gherardesca (conduttore tv), Erri de Luca (scrittore), Diodato (cantante), Elisa (cantante), Ernia (rapper), Fandango di Domenico Procacci (casa di produzione), Fabio Fazio (conduttore tv), Anna Foglietta (attrice), Marcello Fonte (attore), Gazzelle (cantante), Gemitaiz (rapper), Gipi (fumettista), Linus (Radio Deejay), Lo Stato Sociale (band), Makkox (illustratore), Fiorella Mannoia (cantante), Vinicio Marchioni (attore), Emma Marrone (cantante), Enrico Mentana (giornalista), Ermal Meta (cantante), Francesca Michielin (cantante), Motta (cantante), Gabriele Muccino (regista), Negramaro (band), Andrea Occhipinti (produttore e distributore cinematografico), Roy Paci (cantante), Mauro Pagani (musicista), Tommaso Paradiso (cantante), Valentina Petrini (giornalista), Alessandro Robecchi (scrittore), Lele Sacchi (dj), Selton (band), Barbara Serra (giornalista), Michele Serra (giornalista), Shablo (produttore musicale), Subsonica (band), Tedua (rapper), Tre Allegri Ragazzi Morti (band), Sandro Veronesi (scrittore), Daniele Vicari (regista), Zerocalcare (fumettista).
Si salvano giusto qualche regista, qualche scrittice inventata (la signora Daria Bignardi ha una carriera da conduttrice televisiva alle spalle, beninteso che scrittore può diventare chiunque, se persino Antonino Di Pietro ha pubblicato un suo testo in passato), “giornalisti” come Michele Serra, ma il resto, fondamentalmente è solo una cosa: spettacolo.
Fate un’altra cosa, mettete in evidenza anche quell’ “Enrico Mentana”, vi servirà per la fine di questo tragicamente esilarante articolo.
Sì, conosco l’antifona, anche i vip dello spettacolo hanno diritto di dire la propria. Peccato che da anni siano schierati praticamente in massa su posizioni retoriche e sistemiche a prescindere, da prima della convulsa elezione di Donald Trump alla Casa Bianca l’8 novembre 2016
L’articolo del Rolling Stone Magazine italiano che denuncia il Male del governo anti-clandestini incarnato dal ministro degli Interni Matteo Salvini è un coacervo di luoghi comuni, retorica, buonismo inutile, valori disumani spacciati per solidali: in una parola, l’immigrazionismo.
Il titolo è eloquente: “Noi non stiamo con Matteo Salvini. Da adesso chi tace è complice”.
Adesso, tante cose mi passano per la mente, ma tra le prime vi sono senz’altro domande all’apparenza banali, che credo si farebbe chiunque non segua con particolare interesse le riviste musicali:
“Ma che vogliono questi signori del Rolling Stone?”
“Non scrivono di musica costoro?”
“Ma davvero siamo arrivati al punto che qualsiasi formato editoriale si sente competente per parlare di politica, etica, ogni singolo aspetto dello scibile umano?”
“Non scrivono di musica costoro?”
“Ma davvero siamo arrivati al punto che qualsiasi formato editoriale si sente competente per parlare di politica, etica, ogni singolo aspetto dello scibile umano?”
La risposta è sì, perché in quanto rappresentante della cultura ribelle degli ormai lontani anni Sessanta, il magazine si è sempre interessato di mettere becco sulle questioni, dai tempi in cui era pubblicato esclusivamente negli USA fino a quando non è stato importato in Italia. Per carità, padroni.
Ma mi si permetta, pur conoscendo questo triste scenario da qualche decennio, di rispondere con una pernacchia. Il fatto che la cultura pop possa essere così invasiva per una materia tanto delicata come la politica, opinione del tutto personale, è il simbolo del fallimento della società liberista.
Ma andiamo avanti. Il pezzettino, dicevamo, è un guazzabuglio. Qualcuno potrebbe dire un’accozzaglia, ma poi si rischia di rimembrare personaggi non esattamente simpatici agli elettori italiani.
I valori sui quali abbiamo costruito la civiltà, la convivenza, sono messi in discussione. Ci troviamo costretti a battaglie di retroguardia, su temi che consideravamo ormai patrimonio condiviso e indiscutibile.
Che successivamente diventa ancora più spassoso:
Rolling Stone, sin dalla sua fondazione, 50 anni fa, significa impegno nella vita politica e sociale, lotta al fianco degli ultimi e coraggio nel dire sempre da che parte sta. Caratteristiche vitali e per noi irrinunciabili. Crediamo che oggi in Italia sia fondamentale prendere una posizione chiara, crediamo che volgere lo sguardo dall’altra parte e aspettare che passi la bufera equivalga a essere complici, crediamo, una volta di più, nel soft power della cultura pop, nella sua capacità di unire, condividere, accogliere.
Insomma, Rolling Stone, nome dato in onore di una popolare band rock dal passato e dal presente pieno zeppo di alcool e droghe, non sarebbe semplicemente una rivista musicale, ma addirittura un nome che significa “impegno nella vita politica e sociale, lotta al fianco degli ultimi”.
Signorini del Rolling Stone e relativi “firmatari”, gli ultimi in questa storia sono gli italiani poveri e i clandestini che la vostra retoricuccia da due soldi spinge a far sbarcare sulle nostre coste, anziché assicurargli un futuro dove sono nati. Impoverendo noi e loro, in una lotta serrata che dalle vostre belle parole produce solo scontri etnici e sociali.
Voi con gli ultimi non c’entrate nulla. E questo endorsement involontario allo schiavismo di massa non fa che confermarlo. Cambiate aria, godetevi i vostri ricchi stipendi, pensate ad altro. Passo e chiudo.
Ah, dimenticavo, Enrico Mentana! Ricordate le due paroline magiche? Nome e cognome, sì. Ebbene, è stata talmente sentita la questione dal direttorissimo del TGLa7 (tra l’altro, iper-immigrazionista nemmeno troppo velato) che ha dovuto precisare sulla pagina facebook la sua totale estraneità alla faccenda, mostrando anche le schermate di whatsapp (poi cancellate) in cui negava agli impegnati musicologhi del sociale e degli ultimi, la sua disponibilità a fare parte della baracconata.
Da impegnati nella serietà quali sono, ovviamente, il nome del giornalista è stato incluso davvero. Probabilmente, la lista di professioni serie latitava. Quindi meglio ottenere una figuraccia inserendolo per forza.
In ogni caso state cheti, rockettari impegnati. Sapere che voi non state con Salvini ci rasserena davvero. Oltre a non fregarcene una beata mazza, ma questo non so quanto possa servire alla comunità.
(di Stelio Fergola)
fonte https://www.oltrelalinea.news/2018/07/05/noi-non-stiamo-con-gli-idioti-e-chi-parla-insieme-a-loro-e-complice/
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