mercoledì 12 settembre 2018

Lo Stato (islamico) nello Stato (francese)



di Leone Grotti
L’Istituto Montaigne pubblica in Francia un nuovo rapporto (La fabbrica dell’islamismo) e denuncia che un musulmano su tre è «fondamentalista» e vuole creare una società separata dai «miscredenti»



Quasi un musulmano su tre (28 per cento) in Francia è «fondamentalista» e «secessionista», ha come obiettivo quello di «separarsi dalla società impura» occidentale per costruirne una nuova e diversa fondata sulla religione islamica e i suoi precetti; soprattutto i più giovani si abbeverano su internet e nelle librerie a fonti salafite, che oltre a fornire una visione complessiva del mondo, determinano qual è il comportamento corretto da tenere in ogni frangente della vita. La Francia si trova perciò davanti a un fronte compatto di musulmani che aderisce all’ideologia islamista, veicolata soprattutto da Turchia e Arabia Saudita sul web, in libreria e tra i banchi di scuola. Un pericolo latente che potrà sventare solo attraverso la «ragione» e con l’aiuto di quei musulmani che hanno il coraggio di offrire un discorso alternativo efficace.
FABBRICA DELL’ISLAMISMO. Così si potrebbe riassumere, in modo sintetico e di conseguenza lacunoso, il contenuto del rapporto di 617 pagine appena pubblicato dall’Istituto Montaigne e redatto da Hakim El Karoui: La fabbrica dell’islamismo. Il docente universitario, saggista e consigliere politico governativo ha fornito una mappa inquietante della genealogia dell’islamismo e di come ha preso piede in Francia, proprio nel momento in cui il presidente Emmanuel Macron parla di costruire un islam repubblicano.
IDEOLOGIA. La visione del mondo salafita esercita un fascino particolare sui musulmani francesi, in particolare quelli più giovani: denunciando la decadenza del mondo occidentale, caratterizzata dai comportamenti troppo libertini delle donne e dall’accettazione dell’omosessualità, propone alla comunità dei «veri credenti» di separarsi fisicamente dalla popolazione miscredente, veicolando un’interpretazione letterale del testo coranico attraverso internet e pubblicazioni teologiche, e favorendo la nascita di un’economia parallela (come il business dei prodotti halal).
«ONNIPRESENTE SU INTERNET». «Il discorso islamista è onnipresente su internet», si legge, e influenza il 30 per cento dei musulmani. Secondo il rapporto è l’Arabia Saudita innanzitutto a veicolare il fondamentalismo sia attraverso strumenti diplomatici (Lega musulmana mondiale, università di Medina, Assemblea mondiale dei giovani musulmani e Organizzazione internazionale di aiuto islamico) che economici, avendo speso in 50 anni 85 miliardi di dollari, soprattutto per favorire la costruzione nel mondo di 1.359 moschee e 2.000 scuole coraniche, oltre che per formare gli imam di tutto il mondo.
SERVONO I MUSULMANI. Secondo El Karoui non si può rispondere all’ideologia islamista con la paura, ma bisogna farlo con la ragione e «immaginare una strategia multi-dimensionale: una nuova organizzazione dell’islam, in Francia e in Europa», possibile solo «attraverso la promozione di un discorso alternativo da parte dei musulmani europei».
TENTAZIONE RADICALE. Il rapporto conferma sostanzialmente quanto scoperto da Olivier Galland, che nel suo studio La tentazione radicale mostrava come un musulmano su due tra i 14 e i 16 anni non condanna del tutto gli attentati a Charlie Hebdo, uno su tre ha una concezione assolutista della religione e il 20 per cento legittima l’uso delle armi per difendere il Corano. Un’intervista a Galland, che denuncia la sociologia marxista che giustifica gli islamisti e l’incapacità dei francesi di guardare in faccia la realtà, verrà pubblicata sul numero di Tempi di settembre.

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