Bergoglio: l’ anti-Benedetto?
Non siamo più abituati, da tempo, agli antipapi. Eppure nella Chiesa sono esistiti. Ci sono stati anche momenti in cui dei papi hanno scomunicato dei santi, come sant’Atanasio, portando la Chiesa sul limite del baratro. In altri momenti abbiamo avuto tre papi contemporaneamente.
E oggi?
Abbiamo un papa e un papa emerito. Evidentemente all’opposto, su tutto. Non solo nel metodo (teologico, riservato, colto, il primo, Benedetto; politico, mediatico, per nulla versato in teologia, il secondo), o nell’arte del governo, ma anche nella sostanza.
L’ultimo discorso di Bergoglio sulla liturgia lo dimostra chiaramente e senza più ombra di dubbio.
Ma prima di affrontarlo, vediamo qualche aspetto di questa discontinuità assoluta.
Essa è evidente per esempio nella scelta delle persone.
I primi atti di Bergoglio sono stati defenestrare i cardinali più vicini a Benedetto: il cardinal R. Burke, che era stato il consigliere principale di Benedetto per l’America, è stato prima rimosso dall’incarico prestigioso che ricopriva, poi ulteriormente messo all’angolo nella questione dei cavalieri di Malta.
Tre gli amici più intimi, tra i tedeschi, di Benedetto: Meisner, Mueller, Brandmueller; uno il suo più accerrimo oppositore, Kasper.
Ebbene Bergoglio non solo ha indicato sin dal principio Kasper come il suo nume, ma ha congedato Mueller senza alcuna remora dall’incarico di prefetto della Congregazione per la dottrina delle fede, attribuitogli da Benedetto, dopo averlo ignorato per anni. Quanto agli altri due non si è degnato mai nè di rispondere ai loro Dubia, nè di ricevergli (qui la risposta di Mueller:
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/08/il-cardinale-gerhard-muller-il-magistero-del-papa-non-ha-lautorita-di-correggere-gesu-cristo/). Neppure una parola neppure per il cardinal Carlo Caffarra, teolgoo morale di fiducia sia di Giovanni Paolo II che di Bendetto stesso.
Benedetto, con grande signorilità, ha sempre taciuto, ma per la morte di Meisner ha parlato molto chiaro ( http://www.libertaepersona.org/wordpress/2017/07/la-barca-della-chiesa-sta-per-capovolgersi-parola-di-benedetto-xvi/).
Un altro elemento di discontinuità evidente riguarda i principi non negoziabili.
Benedetto li ha citati e spiegati durante tutto il suo pontificato, accompagnando la predicazione con l’azione (ha sostenuto, per esempio, il Family day del 2005, ed ha parlato più volte alto e forte proprio in occasione di fatti concreti, come l’uccisione di Eluana Englaro). Bergoglio si è sempre rifiutato persino di utilizzare l’espressione “principi non negoziabili”; di più, in un’ intervista all’inizio del pontificato, ad Andrea Tornielli, ha dichiarato di non capirne il senso. E in effetti, molto coerentemente, non ha mai detto una parola: nè al momento dell’introduzione dei matrimoni gay in Irlanda e in Germania, nè in occasione delle unioni civili in Italia; non si è neppure degnato di salutare nessuno dei due Family day. Ha invece mostrato sempre grande simpatia per i più accerimi nemici, in politica, dei principi non negoziabili: Marco Pannella, Emma Bonino, Eugenio Scalfari... Per non parlare poi di Amoris laetitia, che contraddice sia Veritatis splendor che Familiaris consortio, o dello spazio dato ai sostenitori del mondo LGBT nella Chiesa (http://www.lanuovabq.it/it/articoli-l-irresistibile-ascesa-della-lobby-gay-20439.htm).
Un altro esempio di discontinuità sta nel modo di intendere l’ecumenismo. Sarebbe lungo approfondire questo passaggio, ma mentre Benedetto ha fatto entrare sacerdoti anglicani nella Chiesa cattolica (riportando all’unico ovile), Bergoglio ha elogiato a più riprese l’eretico e scomunicato Martin Lutero, l’uomo che divise e lacerò la Chiesa e l’Europa.
Diversissimo anche il modo di intendere il fenomeno dell’immigrazione e della sua gestione (per brevità: http://www.antoniosocci.com/benedetto-xvi-non-detto-quello-bergoglio-gli-attribuito-sullemigrazione-massa-al-contrario-difeso-lidentita-culturale-religiosa-dellitalia/)Dal blog di Andrea Tornielli, 2009, 2010
Il quinto esempio che si può fare, per approfondire l’opposizione radicale di Bergoglio a Benedetto è proprio la liturgia. Per tutta la sua vita Ratzinger ha sottolineato che con la riforma liturgica del post concilio era successo qualcosa di drammatico, buttando a mare il gregoriano, gli altari ad oriente, secoli di preghiere ed inni (contro il volere ed il mandato del Concilio Vaticano II). Per tutta la vita Ratzinger ha invocato una riforma della riforma, e dieci anni fa esatti, nel 2007, con il Motu proprio Summorum Pontificum, ha ridato piena cittadinanza, nella chiesa, alla liturgia latina, invitando tutti a rispettare la sensibilità dei fedeli amanti del rito tridentino, e nello stesso tempo tutti i sacerdoti a celebrare nelle due forme, affinchè l’una arricchisse l’altra.
Ebbene qualche giorno fa Bergoglio – che ha sta facendo di tutto per mettere all’angolo il cardinal Robert Sarah, prefetto della Congregazione per il culto divino verso cui Benedetto ha espresso per iscritto la sua ammirazione nella prefazione all’ultimo libro del presule – ha parlato di liturgia: non una citazione per il papa più liturgico degli ultimi 50 anni, Benedetto stesso; non un cenno alla riforma della riforma; non un cenno al Motu proprio scritto da Bendetto esattamente dieci anni fa!
C’è bisogno di altro per dire che Bergoglio è l’anti-papa Benedetto?
Ci vuole altro per capire perchè, mentre i media laici, massonici, ex comunisti, applaudono Bergoglio, i cattolici, sempre più numerosi, non lo apprezzano affatto, e rimpiangono Benedetto, la sua fede, la sua cultura, la sua mitezza, il suo tatto?
L'ASTUTO PRESIDENTE BERGOGLIO
di Marcello Veneziani
Confesso. Ho qualche difficoltà a chiamare Bergoglio Papa Francesco. Gli manca l’aura del sacro, il carisma religioso, la grazia del Santo Padre. Lo sento più come il presidente di una Ong, a capo di una grande, antica organizzazione non governativa.
Il suo tema cruciale non è il rapporto tra l’uomo e Dio, il mistero della fede e della resurrezione, l’anima immortale e Nostro Signore Gesù Cristo. Ma è l’accoglienza, i migranti, il soccorso ai poveri di tutto il mondo, il dialogo coi non credenti, o coi credenti d’altre religioni, a partire dagli islamici, la voglia di compiacere i media e lo Spirito del Tempo, più che lo Spirito Santo.
È un papa estroverso, cioè ad uso esterno, che avvicina i lontani e allontana i vicini; anzi, a essere più precisi o caustici, che vorrebbe avvicinare i lontani ma intanto allontana i vicini, ossia i credenti e gli ipocredenti, i praticanti flebili e incerti.
Per carità, capisco che un Papa si richiami allo spirito originario del Vangelo e faccia prevalere le ragioni dell’umanità sulla realtà di una nazione, uno stato, una comunità. Lo faceva anche Giovanni Paolo II, e con compassata sobrietà anche Benedetto XVI.
Ma Bergoglio fa un passo in più e si accoda all’ideologia dello sconfinamento di popoli, di culture, di sessi, di ogni limite. Come una qualsiasi Boldrini o un Mattarella, coi quali Bergoglio forma il Trio Accoglienza.
Vuol trasformare l’Italia in un corridoio umanitario e l’Europa in un grande centro di accoglienza, tuona contro i muri altrui e dimentica di vivere nel sicuro recinto dalle Mura Vaticane…
Riconosco al papa due meriti. Il primo, di mostrare a volte una fede ingenua, parrocchiale, casereccia, che gli fa evocare la presenza di Gesù, della Madonna e anche del Diavolo nella vita quotidiana, come si faceva da noi una volta. Una fede domestica, un po’ naive e vintage.
Bergoglio viene da un mondo che non è vecchio come il nostro, corroso dal nichilismo e dal cinismo.
E poi, altro merito, Bergoglio critica il primato assoluto del mercato e del profitto, condanna l’egoismo del neocapitalismo, a volte sfiorando linguaggi che ricordano Peron più che la teologia della Liberazione. In questo prosegue l’opera dei papi precedenti, come la Sollicitudo Rei Socialis di Papa Woityla.
Per il resto, Francesco sta facendo precipitare la Chiesa cattolica verso un destino sindacale-umanitario, genere Emergency o sant’Egidio, da agenzia per la ristorazione filantropica universale; un ente spiritualmente spento che preferisce dialogare con i progressisti atei piuttosto che con i cattolici non progressisti.
E senza convertire alla fede nessuno. La predilezione per il sociologo Bauman, l’amicizia con Scalfari e la preferenza dichiarata per il quotidiano la Repubblica ne sono testimonianze ulteriori. O il fatto che davanti a tanti massacri e persecuzioni di cristiani taccia o decida di adottare in Vaticano un gruppo di islamici, la dice lunga sulle sue priorità.
O ancora, presentarsi come il papa del sorriso, dialogante con tutti e indulgente verso chi sbaglia, e poi far fuori chiunque nelle gerarchie ecclesiastiche non sia dalla sua parte o sia ritenuto conservatore, dimostra la sua doppia faccia.
Per non dire poi del suo assordante silenzio su temi che riguardano la vita e la morte, gli aborti e le mutazioni transgeniche, la propaganda gender, le coppie gay e le adozioni omosessuali, gli uteri in affitto e le fecondazioni artificiali, la nascita e la famiglia, che furono punti cruciali nel papato di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI.
Anche davanti a episodi clamorosi, sentenze assurde o manifestazioni popolari in difesa della famiglia e delle nascite, Bergoglio tace; ma è pronto invece a intervenire quando si tratta di questioni sindacali o controversie umanitarie, ecologiche, pacifiste, senza risparmiare la demagogia e il facile moralismo.
Un papa dei migranti, un papa formato import-export, un papa-portiere alla reception dell’Albergo Italia. Bergoglio è ancora mentalmente rimasto al suo primo viaggio pastorale, a Lampedusa. Non si accorge che, tra denatalità e flussi migratori, si sta spegnendo la civiltà cristiana.
Ma soprattutto su una questione il metodo Bergoglio si rivela inadeguato: non sta avvicinando o riavvicinando alla chiesa nuovi o antichi fedeli, non sta risvegliando le vocazioni e l’assiduità nel frequentare la messa. La scristianizzazione procede, le chiese restano deserte, i dati lo confermano in modo drammatico.
Lui suscita simpatia personale e mediatica, soprattutto tra i non credenti; ma il tifo del Bergoglio fan-club non si traduce in fede.
Quando fu eletto Papa, noi sperammo che dopo un Papa teologo, intellettuale tedesco, lontano dal popolo dei credenti e vicino alle tempeste teologiche e filosofiche dell’Europa in crisi, arrivasse un papa più pastore, più comunicatore, meno legato alla crisi europea, venuto da altri mondi più giovani e lontani, meno pervasi dalla disperazione.
Il pastore argentino, che già si presentava con l’astuta mossa di chiamarsi Francesco, sembrava poter rispondere a questo bisogno di ricominciare daccapo. Solo un gesuita avrebbe potuto farsi chiamare Francesco, un francescano non avrebbe mai osato tanto.
Ma questo Papa ben presto dimostrò di non avere grazia e lumenell’agire, nel muoversi, nel dichiarare; mostrò di non sopportare la tradizione, il rito, la liturgia, di rifiutare il sacro e di ridurre il santo a rivolta umanitaria. E l’esaltazione recente di don Milani e don Mazzolarine sono la conferma.
Senza considerare quel filo di gigioneria, di piacioneria, che lo caratterizza.
Poi quei presagi nefasti, i due papi vestiti di bianco, lui che vive praticamente in albergo, la colomba dilaniata davanti ai suoi occhi, le brutte storie vaticane che riprendono a fioccare…
È come se un’energia spirituale si stesse spegnendo, e due papi insieme si annullassero a vicenda. Il papa emerito e il papa demerito…
Se il Papa fa il presidente dell’Ong
di Marcello Veneziani
Fonte: http://www.marcelloveneziani.com/articoli/papa-presidente-dellong/ Il Borghese settembre 2017 pubblicato il 30 Agosto 2017
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/chiesa-cattolica/678-il-presidente-dell-ong
Paolo VI, il papa più amato da Bergoglio
fonte https://apostatisidiventa.blogspot.it/2017/08/il-papa-emerito-e-il-papa-demerito.html
Nessun commento:
Posta un commento