sabato 28 marzo 2020

Censura: vietato indagare sugli Usa all’origine del Covid-19



Quando ci fu l’epidemia di Ebola in Africa, nell’autunno del 2014, pubblicammo su “Luogo Comune” la notizia, uscita su un quotidiano della Liberia, il “Daily Observer”, nella quale uno scienziato locale, il dottor Broderick, accusava apertamente gli americani di aver ingegnerizzato in laboratorio il virus dell’Ebola. Il nostro articolo fece un certo scalpore, e la redazione di “Matrix” mi invitò in trasmissione per andare a parlarne. Io sapevo benissimo quello che sarebbe successo, ma decisi di andarci comunque. «So che lei ha pronto del materiale, su Ebola: anche qui c’è una teoria e un sospetto dietrologico», mi presentò Luca Telese. Spiegai che non avevo nessuna informazione particolare. I sospetti affioravano, ad esempio, proprio sul “Daily Observer”, citato anche da “Matrix” (ma per un altro articolo).  «Sullo stesso giornale, la settimana scorsa – spiegai – un noto scienziato ha pubblicato un articolo nel quale lui (non io) accusa apertamente gli Stati Uniti, o quantomeno il Pentagono, di aver bio-ingegnerizzato questo virus, e poi di averlo portato in Africa. Di qui poi la teoria del complotto si dirama in due direzioni». Quali?
Telese interpella una virologa, Silvia Meschi, che sembra non rispondere alla domanda. In realtà in studio mi avevano lasciato parlare e la discussione con Telese si era effettivamente sviluppata, ma i produttori della trasmissione, in fase di montaggio, Massimo Mazzuccoavevano poi deciso di tagliarla. «Bio-ingegnerizzato vuol dire cambiato, modificato», spiega la Meschi, che afferma di “non credere” che questo possa realmente avvenire. «Eppure – obietta Telese – spesso i virus sono stati usati per la guerra batteriologica». Per la Meschi, il virus dell’Ebola è «poco diverso» da quelli che avevano causato epidemie negli anni precedenti. Visto? Quando ho iniziato a spiegare che la cosiddetta teoria del complotto si dirama in due direzioni, la parola viene subito data alla virologa, che dice: non ci credo. In realtà, in trasmissione io avevo approfondito la questione: Telese mi aveva lasciato parlare fino in fondo. Poi, evidentemente, in montaggio, i produttori hanno deciso che fosse meglio non approfondire troppo, “tagliando” sulla virologa (che poi, di fatto, ha ammesso lei stessa che il virus era stato modificato).
Comunque, il succo della faccenda è che il mainstream non vuole affrontare quell’argomento: lo sfiora, al massimo, col brivido del peccato; ma poi, prima di accusare seriamente gli americani di qualunque cosa, ci pensa due volte. Nel pezzo che è stato tagliato, infatti, io avevo suggerito che, una volta finita l’epidemia, i giornalisti scavassero più a fondo, sulle vere responsabilità di chi aveva messo in giro questo virus. Ma naturalmente, sul mainstream, questo dibattito non c’è mai stato. Adesso sta succedendo la stessa cosa: parte l’epidemia in Cina e mette la sua economia in ginocchio, proprio mentre gli americani stavano cercando di contrastare la poderosa crescita economica dei cinesi. Cioè: quello che gli americani non sono riusciti a fare in due anni di guerra sui dazi, il virus è riuscito a farlo in soli due mesi. Ovviamente a qualcuno viene il sospetto: che ci sia stata, Francis Boylemagari, una “manina” americana, che abbia lasciato in giro distrattamente, da qualche parte, in Cina, il virus bio-ingegnerizzato? E non è un sospetto fondato sul nulla.
Il 31 gennaio, infatti, l’università di Nuova Delhi pubblica una ricerca intitolata: “Strane somiglianze di inserti unici, nel coronavirus 19, di proteine di Hiv”. Per chi è interessato, esiste su YouTube un video intitolato “Gli studi dell’università di Delhi“, che traduce praticamente tutta la ricerca, passo per passo. In sintesi, viene fuori che i ricercatori hanno trovato nel virus delle tracce evidenti di una manipolazione genetica. Curiosamente, due giorni dopo la ricerca viene ritirata senza una valida spiegazione, e scompare nel nulla: nessuno ne parla più. Naturalmente sappiamo tutti quanto è facile obbligare un’università a ritirare una qualunque cosa, se dà fastidio: basta ricattarli, dicendo che non riceveranno più finanziamenti, e saranno disposti anche a sostenere che la Terra è piatta. Questa è dietrologia, d’accordo. Ma resta il fatto che nessuno ha mai smentito, scientificamente, i dati contenuti nella ricerca.
A supporto della tesi del virus bio-ingegnerizzato interviene anche il professor Francis Boyle dell’università dell’Illinois, cioè l’uomo che nel 1989 ha scritto la legge americana sull’utilizzo di armi biologiche. Nelle scorse settimane, Boyle ha rilasciato diverse interviste, nelle quali sostiene che il coronavirus attuale sia un prodotto di ingegneria genetica. Quindi non è l’ultimo dei cretini, ad affermarlo. Poi succede che, il 26 febbraio, Roberto Quaglia produce un video intitolato “Sbalorditive coincidenze“, nel quale riprende l’ipotesi della “manina” americana. E trova anche quella che sarebbe stata l’occasione propizia per trasportare comodamente il virus in Cina: i giochi militari internazionali, a cui hanno partecipato anche 300 soldati americani, che si svolti proprio a Wuhan nell’ottobre del 2019 (cioè alcune settimane prima della comparsa dell’epidemia in Roberto Quagliaquella zona). «Guarda caso – dice Quaglia – due settimane sono proprio i tempi dell’incubazione». L’affluenza di militari da tutto il mondo, aggiunge, «ad una eventuale nazione-canaglia fornirebbe l’occasione perfetta per contrabbandare in loco eventuali patogeni da rilasciare segretamente».
Naturalmente, Quaglia non afferma con certezza che siano stati gli americani. Ma sottolinea, appunto, la “curiosa coincidenza”. Tra le altre cose, Quaglia ha anche fatto notare che lui aveva già anticipato l’ipotesi di un utilizzo di armi anche di tipo biologico in un suo libro, pubblicato 15 anni fa, “Il mito dell’11 Settembre”, in cui si parla di armi biologiche “etniche”. Il video di Quaglia ha avuto un successo enorme: ha raggiunto mezzo milione di visualizzazioni in pochi giorni, oggi è arrivato a oltre 900.000 visualizzazioni e sta per raggiungere il milione. E temo che questo gli sia costato caro: perché, curiosamente, proprio in questi giorni Amazon ha deciso, senza motivo apparente, di togliere dalla vendita il libro di Quaglia. Gli hanno dato solo una motivazione generica, del tipo “non rispetta i nostri standard”. Chiaramente è una motivazione che non sta in piedi, visto che il libro è stato su Amazon per almeno 10 anni. Non se n’erano accorti, prima, che quel libro “non Il libro censurato da Amazonrispettava gli standard”? Evidentemente quel libro dava molto fastidio. E il fatto che adesso avesse cominciato a vendere molto ha portato qualcuno a decidere che era meglio toglierlo di mezzo.
Capito come funziona, il sistema? Si chiama “censura soft”, è una censura invisibile. Chi è interessato, sappia che il libro ormai è disponibile solo sul sito di Roberto Quaglia, all’indirizzo www.mito11settembre.it. Chiusa la parentesi torniamo al virus, perché adesso succede una cosa interessante, Accade infatti che il 13 marzo la Cina accusa ufficialmente gli Stati Uniti di averle portato in casa il virus, e proprio durante le esercitazioni militari di Wuhan. L’accusa è partita da un video nel quale si vede il direttore del Cdc americano, Robert Redfield, che risponde a un’interrogazione parlamentare e ammette che, in America, nei mesi scorsi, ci sono stati dei casi di coronavirus che sono stati fatti passare per normale influenza. La domanda: «In assenza di test, è possibile che coloro che sono stati colpiti dall’influenza possano essere stati catalogati erroneamente, mentre in effetti avevano il Covid-19? Negli Stati Uniti potremmo avere delle persone che muoiono per ciò che sembra un’influenza, mentre in realtà potrebbe essere il coronavirus Covid-19?». Risponde Redfield: «In effetti, oggi negli Usa alcuni casi sono stati diagnosticati in quel modo».
Giustamente, quindi, adesso i cinesi chiedono dei chiarimenti, agli americani, per sapere esattamente da quando, effettivamente, il Covid-19 sia in circolazione negli Stati Uniti. Questo è il testo del tweet che è stato fatto il 13 marzo da Lijan Zhao, portavoce del ministero degli esteri cinese: «Il Cdc è stato colto in flagrante. A quando risale il “paziente zero” negli Stati Uniti? Quante persone sono state contagiate? Quali sono i nomi degli ospedali? Potrebbe essere stato l’esercito americano a portare l’epidemia a Wuhan. Stiate trasparenti! Rendete pubblici i vostri dati! Gli Stati Uniti ci debbono una spiegazione». Robert RedfieldNaturalmente i cinesi non hanno detto che gli americani l’hanno fatto apposta, a portagli il virus: non possono dire una cosa del genere, scatenerebbero una crisi internazionale. Però hanno fatto notare la cosa, e il dubbio l’hanno posto pubblicamente, in forma ufficiale.
Quindi, qui le possibilità sono due: o cinesi passano il loro tempo a guardare i video di Roberto Quaglia e si fanno venire delle strane idee di notte, oppure c’è davvero qualcosa ce bolle in pentola (e Quaglia ha semplicemente avuto l’intuizione giusta, due settimane prima che fossero fatte queste dichiarazioni). Fra l’altro, i cinesi hanno protestato con gli americani anche per un’altra cosa: e cioè la strana chiusura del laboratorio di biotecnologia di Fort Detrick, nel Maryland, avvenuta l’estate scorsa. Ufficialmente, il laboratorio è stato chiuso per motivi di sicurezza nazionale, dovuti al fatto che mancavano i controlli per il contenimento dei materiali pericolosi. Quindi i cinesi, giustamente – di nuovo – chiedono chiarimenti anche qui: perché magari, dicono, il virus può essere uscito da lì. E i virus non è scappano dai laboratori da soli, a piedi, di notte: qualcuno deve metterseli in tasca e portarli fuori. Ma anche in questo caso la notizia è caduta nel nulla, e l’argomento non è mai stato ripreso dai media mainstream.
Ora, se tutte queste notizie venissero amplificate dai media occidentali, ci sarebbe un certo tipo di pressione pubblica, sugli americani, per fare chiarezza sulla gestione di questi laboratori. Invece, nessuno dei grandi media riprende mai queste notizie. Oppure, peggio ancora: le etichettano subito come bufale, senza fondamento. Dobbiamo tutti accettare questo virus come se fosse una maledizione divina, che ci è piovuta addosso “tramite il pipistrello”. E nessuno si deve mai permettere neppure di suggerire l’ipotesi di una diffusione intenzionale del virus. Questo è il messaggio che sta passando dal mainstream. E’ una cosa che sa bene Diego Fusaro, che in una trasmissione televisiva recente ha provato a suggerire proprio questa ipotesi, ed è stato immediatamente aggredito a messo a tacere dal conduttore e dagli altri, presenti in studio. Fra l’altro, che questa ipotesi sia Il paper della John Hopkins Universityassolutamente plausibile non lo diciamo solo noi, dell’informazione alternativa. Lo dicono gli stessi documenti della John Hopkins University, la stessa che nel 2019 ha condotto l’ormai arcinota simulazione di pandemia mondiale chiamata “Evento 201″, nella quale si ipotizzava una pandemia di coronavirus che partiva dal Sudamerica per poi diffondersi in tutto il mondo.
E c’è anche un altro documento della John Hopkins, che parla chiaramente della possibilità di una diffusione intenzionale del virus. Il documento si chiama “Preparazione per una pandemia da patogeno respiratorio ad alto impatto”, ed è del settembre 2019 (le date sono importanti). Dal documento leggiamo: «Se dovesse presentarsi un patogeno respiratorio ad alto impatto, sia in modo naturale o come risultato di rilascio accidentale, oppure intenzionale, avrebbe probabilmente delle conseguenze significative sulla salute pubblica, sull’economia, sul sociale e sulla politica». Ancora: «I governi nazionali devono prepararsi per l’uso intenzionale di un patogeno di tipo respiratorio. La preparazione ad un evento intenzionale deve includere il riconoscimento del fatto che la diffusione intenzionale di un patogeno respiratorio ad alto impatto potrebbe andare ad aggravare in maniera sostanziale le conseguenze straordinarie di una pandemia naturale con lo stesso agente».
Quindi non solo prevedono apertamente un rilascio intenzionale, ma dicono anche che le conseguenze sarebbero addirittura peggiori. Ed ecco il motivo: «Una differenza fondamentale tra una situazione di rilascio intenzionale e una in cui il patogeno respiratorio ad alto impatto si diffonde in modo naturale sarebbe la possibilità di perpetrare attacchi multipli, o un “reload”, nel caso di attacco intenzionale». Ad esempio: si potrebbe fare un primo attacco intenzionale in Cina, per mettere in ginocchio la loro economia troppo esuberante, e poi magari un “reload” in Italia, forse per punirci dell’accordo stipulato di recente proprio con la Cina. Un “reload” fatto magari con un virus simile a quello rilasciato in Cina, ma non necessariamente identico. Suona familiare? A questo punto, qualcuno dirà: ma l’ipotesi della diffusione intenzionale non sta piedi, perché comunque, Ray Dalio, patron di Bridgewateralla fine, sono gli stessi americani che adesso si ritrovano il virus in casa, ed è la loro economia che rischia di essere messa in ginocchio; quindi, non possono averlo fatto loro. All’apparenza è un ragionamento valido, ma in realtà non è così.
E’ un po’ come quando senti dire, rispetto all’11 Settembre: gli americani non si farebbero mai, da soli, una cosa del genere. E’ vero: gli americani – intesi come nazione, come popolo nel suo insieme – non si farebbero mai, da soli, una cosa del genere: quella è gente normale, è gente come noi, e le persone normali non si fanno delle cose del genere, da sole. Ma qui non stiamo parlando di un popolo: stiamo parlando di un ristrettissimo gruppo di psicopatici, a cui non può fregare di meno di mettere in ginocchio l’economia di mezzo mondo, perché loro – magari – ne traggono un vantaggio personale. E chi mai, vi chiederete, potrebbe trarre un vantaggio personale da una situazione del genere? Per esempio, potrebbe essere un grande fondo d’investimento internazionale, che abbia scommesso – per esempio, sempre – su un crollo generalizzato di tutte le Borse più importanti entro il mese di marzo di quest’anno. Apriamo a caso il “Wall Street Journal” del 22 novembre scorso, cioè un mese dopo i giochi di Wuhan, e leggiamo il titolo: “Bridgewater scommette un miliardo e mezzo di dollari, in opzioni, sulla caduta dei mercati”. Bridegwater è il più grande fondo d’investimento mondiale, maneggia un capitale complessivo di circa 160 miliardi di dollari. «La Bridegwater e associati – dice l’articolo – ha scommesso oltre un miliardo di dollari che i mercati mondiali crolleranno entro marzo, secondo fonti che sono a conoscenza della faccenda». Ma che strano…
Mentre noi siamo tappati in casa, nemmeno fossimo agli arresti domiciliari, mentre ci scanniamo per stabilire quanto sia veramente pericoloso il virus, mentre ormai andiamo in giro per strada evitandoci l’un l’altro come degli appestati, mentre i negozi chiudono, le fabbriche chiudono e la gente si preoccupa seriamente del proprio futuro, c’è qualcuno che sta tranquillamente seduto a guardare gli indici delle Borse che crollano e si prepara magari a incassare qualche miliarduzzo di guadagno, pulito pulito, grazie a tutto quello che succede. Ora, io non posso sostenere che sia questa, per forza, la spiegazione di tutto quello che sta succedendo. Ho solo messo in fila una serie di elementi, che portano a una conclusione sensata. Se ce ne sono altre, cari giornalisti, ben vengano: fatevi avanti. Ma smettetela, per favore, di raccontarci che questo virus ce l’ha portato il pipistrello. Perché, a questo punto, non ci credono più neppure i bambini. A questo punto, voi non offendete più neppure la nostra intelligenza, nel raccontarci queste cose: offendete direttamente la vostra. Fate il vostro dovere, una volta tanto, cari giornalisti. Provate a scavare un po’ più a fondo. Provate a fare due più due, per vedere se – per caso – fa quattro. Lo dico solo per evitare che situazioni del genere si ripetano in futuro. Dovrebbe quindi essere anche il vostro interesse primario, quello di scavare a fondo, senza paura, in queste faccende.
(Massimo Mazzucco, video-editoriale “Coronavirus, è stato il pipistrello”, trasmesso in anteprima da “Contro Tv” e poi pubblicato su YouTube e sul blog “Luogo Comune” il 19 marzo 2020. Fotografo, regista e video-reporter, Mazzucco è da 15 anni tra le voci più autorevoli, a livello internazionale, dell’informazione alternativa al mainstream).

Galloni: il Mes è una follia, ma il tradimento verso gli italiani risale al 1981

nino galloni mes follia

<<Le grandi decisioni di politica economica, come il divorzio del 1981 tra Tesoro e Bankitalia, non sono mai passate per il Parlamento». Galloni sgombra il campo da un equivoco: non è stata “l’Europa” a mettere nei guai l’Italia. E’ stata la classe dirigente italiana a smontare l’industria pubblica e svendere quella privata. «A quel punto, Francia e Germania hanno fatto dell’Italia una colonia a vantaggio dei loro interessi», ma solo dopo la decisione dell’Italia di rinunciare a valorizzare il proprio grande potenziale economico.
A Galloni, il Mes sembra «una follia», letteralmente: «Dato che il credito privato è più elevato del debito pubblico, allora i privati pagheranno la differenza?». Assurdo, visto che «chi compra i titoli di debito sta dando risorse allo Stato». Quanto all’ex ConteFondo salva-Stati, ora Meccanismo Europeo di Stabilità (creato per assicurare fondi ai governi, senza più moneta sovrana, nel caso il mercato non comprasse i loro bond), Galloni è netto: «Non si può decretare la depenalizzazione per un istituto come il Mes», i cui funzionari non rispondono alle leggi dei paesi membri.
«Casomai, gli Stati avrebbero dovuto accordarsi sull’istituzione di un tribunale penale europeo per le questioni monetarie, finanziarie e tributarie», sostiene l’economista. «Sarebbe stato coerente con la Costituzione italiana, laddove parla di limitazioni della sovranità (ma certo non contro la logica del diritto, depenalizzando reati commessi da qualcuno che è al di sopra della legge)».
Aggiunge Galloni: «Se tutta questa manfrina sul Mes serve a introdurre nel sistema la categoria del “legibus solutus”, cioè del sovra-sovrano, è chiaro che siamo tornati indietro dal punto di vista della civiltà».
Il problema però non è di oggi, ricorda Galloni: innanzitutto, «i partner Ue hanno sottoscritto accordi basati su parametri che non tenevano conto del fatto che l’economia potesse andare male: si riteneva che l’Ue e l’euro, di per sé, avrebbero garantito una crescita costante, attorno al 2% annuo».
Poi c’è stata la doccia fredda del 2009, eppure le premesse allarmanti non mancavano: i tassi di sviluppo negli anni ‘70 erano altissimi, ma sono calati già negli anni ‘80.
Negli anni ‘90 sono ulteriormente scesi, e così negli anni duemila, fino a crollare negli ultimi anni. L’economia è in crisi, ma i parametri Ue sono ancora quelli della crescita presunta. «In base al principio “ad impossibilia nemo tenetur”, questi parametri sono annullabili». Galloni e DraghiIn una situazione recessiva, che senso ha limitare ancora il deficit al 3% del Pil, e il debito pubblico al 60% del prodotto interno lordo? «Non si era prevista una situazione di crisi e recessione? Male: allora l’accordo era mal fatto, quindi bisogna modificarlo».
Comunque, ragiona Galloni, «riguardo al parametro debito-Pil, quelli che firmarono per l’Italia ai tempi di Maastricht non lo sapevano, che il debito italiano aveva superato il Pil già da anni? Perché sono andati a firmare che il debito pubblico doveva scendere sotto il 60%, quando già era al 115%?». Secondo l’economista, «sarebbe stato meglio dire: debito pubblico e debito privato non possono superare il 400%».
In quel caso, oltretutto, noi italiani «saremmo “virtuosi” insieme alla Germania, mentre oggi tutti gli altri paesi sono oltre il 400%, se si somma il debito dello Stato a quello delle famiglie e delle imprese». In altre parole, «noi siamo le pecore nere solo per il debito dello Stato, ma si sa che grossomodo il debito pubblico corrisponde alla ricchezza privata».
Vie d’uscita, a parte le polemiche sul Mes? Per Galloni, «qui bisogna mettersi intorno a un tavolo seriamente – Italia, Francia e Germania in primis – e dire: rispettiamo solo i parametri che abbiano un senso (e questi non ne hanno: lo sanno pure i sassi). E che siano parametri espressi da organi che sanno di cosa stanno parlando, e non da politici che vanno a svendere i loro paesi».
(Fonte: video-intervento di Nino Galloni su YouTube registrato con Marco Moiso il 20 novembre 2019).


sabato 21 marzo 2020

La Corte costituzionale tedesca deciderà il futuro di euro e UE il 5 maggio



di Antonio Di Siena
La notizia sta passando sotto silenzio praticamente in tutta Europa (specialmente in Italia) per questo parlarne è di fondamentale importanza.
Il 5 maggio la Corte Costituzionale tedesca si pronuncerà definitivamente sulla compatibilità del quantitative easing dell’era Mario Draghi con i principi fondamentali dello stato tedesco.
Una sentenza già prevista per il 24 marzo e rinviata (con molte resistenze) solo a causa dell’emergenza coronavirus a cui i tedeschi tengono molto e che potrebbe decidere una volta per tutte le sorti dell’UE e quindi dell’Italia.
La Corte di Karlsruhe non è nuova a gudizi di questo tipo, già nel 2013 infatti aveva sottoposto a vaglio il programma OMT (Outright monetary transactions), il famoso “scudo antispread” ipotizzato (e mai utilizzato) dalla BCE, che prevedeva acquisto illimitato di titoli di Paesi membri con spread fuori controllo.
Un giudizio che fu promosso dai falchi della CDU e doveva sostanzialmente occuparsi di accertare se: 1) la BCE stesse travalicando le sue funzioni (garanzia della stabilità dei prezzi); 2) se il meccanismo OMT fosse un modo fraudolento di aggirare il divieto di finanziamento degli Stati membri.
Dopo un lungo conflitto di competenze, nel 2016, la Corte dichiarò legittimo lo scudo antispread a patto che la BCE si attenesse scrupolosamente al rispetto di limiti di utilizzo molto stringenti. Fra questi il principale era che il loro volume dovesse essere estremamente limitato e preordinato.
Ora il problema è che alla luce di questo un QE da 750 mld rischia di far saltare il banco.
Sia per l’importo complessivo dell’operazione, sia perché un piano di acquisti forzati e cadenzati nel tempo determinerà per forza di cose un ulteriore scostamento dalle quote imposte dal capital key, in un contesto già fortemente sbilanciato in favore dei Paesi meno “virtuosi”.
Detto in altre parole si rischia che in pochissimo tempo non ci siano più bund tedeschi da comprare. Quindi per poter efficacemente attuare questo nuovo gigantesco QE la BCE dovrebbe necessarimente cambiare le regole, in modo da poter procedere ad acquisti massicci di titoli degli Stati con debiti più alti (Spagna e Italia in primis).
Ma questo inevitabilmente non solo violerebbe quei paletti posti dalla giurisprudenza di Karlsruhe in tema di OMT, ma farebbe al contempo aumentare la percezione di un QE esclusivo strumento di sostegno ai PIIGS.
Come è evidente quindi la questione è tutt’altro che una bazzecola.
Perché in uno scenario in cui per salvare l’Europa l’unica strada realmente percorribile è quella di una Germania che accetta politicamente (e pacificamente) di modificare ancora una volta le capital key (o magari di rinunciarvi definitivamente), i tedeschi stanno facendo l’esatto contrario.
Con la scusa che la questione dei limiti del mandato della Bce è orma diventata troppo centrale nella giurisprudenza costituzionale infatti, i tedeschi stanno di fatto demandando la decisone su QE e capital key al loro potere giurisdizionale. E il ricambio di organico in seno alla Corte di Karlsruhe lascia ipotizzare che insieme ad esso stia avvenendo un contestuale cambio di orientamento rispetto al passato.
Se così fosse o il piano Lagarde finirebbe vincolato agli stessi limiti posti a suo tempo per il piano OMT diversamente Berlino si chiamerebbe fuori.
Per questo affermare che il nuovo QE rischia di saltare per davvero non è un’assurdità.
In questo quadro quindi assume tutta un’altra logica e coerenza la notizia trapelata stanotte (e non ancora smentita) di Conte che avrebbe chiesto l’attivazione del MES.
Detto in parole più semplici.
Non ha nessun senso chiedere il MES se la BCE ha realmente cambiato orientamento di politica monetaria ed è pronta a creare dal nulla 750 mld di €. Se lo si fa evidentemente questo cambio di paradigma non è avvenuto.
Con tutta evidenza quindi, e consci dell’imminente decisione della giurisprudenza tedesca, alla BCE non hanno fatto altro che orchestrare un grande bluff (resta solo da capire se con o senza la complicità del Governo italiano).
In ogni caso fra un mese in mezzo il piano salva Europa potrebbe saltare per aria. E qualcuno rischia di restare col cerino in mano e la Troika in casa. Indovinate chi è.
FONTE: lantidiplomatico.it
LINK: https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-la_corte_costituzionale_tedesca_decider_il_futuro_di_euro_e_ue_il_5_maggio/29278_33706/

mercoledì 18 marzo 2020

Vox Italia

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Con il Coronavirus cadono le ipocrisie. Basta pagliacciate.
Viviamo giorni strani, caratterizzati da una paura che paralizza.
Non sappiamo quanto durerà questo clima di terrore, instaurato improvvisamente da un virus capace di abbattere in un battibaleno tutte le nostre (fragili) certezze. L’Unione Europea nel frattempo ha gettato la maschera, mostrando al mondo intero la sua totale inconsistenza e il suo vero volto di mera sovrastruttura tecnocratica usata a mo’ di spaventapasseri utile a spaventare i gonzi, subito archiviata ora che il gioco è diventato duro per davvero.
Schengen è morto, mentre Germania, Francia e tutti i principali attori continentali decidono in piena autonomia come affrontare una crisi epocale che mina dalle fondamenta le istituzioni delle principali “democrazie” (si fa per dire) occidentali. Solo l’Italia- più per un riflesso pavloviano che per convinzione in verità - guarda ancora con il cappello in mano ai burocrati di Bruxelles e Francoforte, sperando di elemosinare qualche spicciolo per curare i malati. In realtà, nonostante la “cupidigia di servilismo” della nostra classe dirigente, il coronavirus ha mandato in “quarantena” anche il farlocco “mito europeista”, figlio degenere e miserabile di una globalizzazione moribonda e fallimentare che finalmente sta collassando su sé stessa.
Viviamo un clima fatto di ansie e legittime preoccupazioni ma - come promette il libro del Siracide - “non bisogna avere paura nella tribolazione, perché è con il fuoco che si prova l’oro”. D’altronde “per rinascere bisogna prima morire fino in fondo”. E noi stiamo infatti vedendo morire giorno dopo giorno tutte le parole d’ordine che hanno accompagnato tristemente la nostra vita quotidiana negli ultimi trent’anni.
A parte casi irrecuperabili, tipo Marattin, non c’è oggi infatti homo sapiens che abbia il coraggio di proporre ulteriori tagli alla sanità, libera circolazione di uomini, merci e capitali, supremazia del privato sul pubblico e via discorrendo. Quel mondo è già morto, e nessuno ne sente in vero la mancanza. Perfino il presidente Mattarella - al cui confronto Don Abbondio sembra un personaggio temerario – ha trovato il coraggio di criticare Christine Lagarde, nuovo capo della Bce che - in preda ad un raro impulso di sincerità - ha candidamente dichiarato che ai banchieri europei dell’emergenza sanitaria in generale - e dei problemi dell’Italia in particolare - importa meno di zero. Pure il Pd ha fatto finta di scandalizzarsi, dimostrando una volta ancora come l’establishment italiano possa farsi complice di qualsiasi pratica nefandezza, ma non possa tollerare parole tanto crude e indegne quanto vere e autentiche come quelle veicolate da madame Lagarde.
In conclusione voglio spendere due parole sui tanti “Epulone”- “filantropi” per gli amanti della neolingua - che in questi giorni fanno sfoggio di “generosità”, regalando denari ai centri di eccellenza sanitaria che affrontano l’emergenza coronavirus.
Non facciamoci irretire. Pur senza evocare il “non sappia la mano destra ciò che fa la sinistra” di evangelica memoria, non ci vuole una intelligenza sublime per capire che si tratta di volgari e pacchiane strumentalizzazioni politiche. Gli stessi mondi che hanno distrutto la sanità italiana per servire i dettami del neoliberismo più feroce, si lavano ora la coscienza “facendo la carità” allo Stato. Sappiano questi “signori” che uno Stato serio non accetta “la carità” di nessuno, men che meno di uomini che appartengono ad una classe predatoria e senza un briciolo di credibilità.
Come prevede la nostra Costituzione inoltre, nel caso in cui ve ne fosse effettivo bisogno, i pubblici poteri possono e devono confiscare la proprietà privata per ragioni di utilità generale. Per cui finitela con le pagliacciate. Non è più aria.

Francesco Toscano, presidente Vox Italia


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La sanità secondo Bergoglio è stata distrutta dagli evasori

Fabio Fazio, il

Certo che i globalisti non passano un bel momento rischiano di perdere tutto quindi invitano i loro lacchè a impegnarsi di più.
La domanda che tutti si sono fatti in questi giorni Come siamo arrivati a questo punto? hi ha smantellato e distrutto La nostra Costituzione e la nostra sanita?
La risposta che devono dare i servi è semplicissima:"Sono stati gli evasori."
Fazio il principe dei servi è stato il primo,subito seguito dalla bildeberghina Gruber nel suo programma a la 7 e dulcis in fundo il pastore Bergoglio che ha perso il suo gregge.
Il papa Bergoglio dopo aver ringraziato medici infermieri e altri in prima linea nella lotta al conivirus si indigna nei confronti di quelli che hanno indebolito il sistema sanitario...gli evasori e dice:"
Mi ha molto colpito l’articolo scritto su Repubblica da Fabio Fazio sulle cose che sta imparando da questi giorni. Tanti passaggi, ma in generale il fatto che i nostri comportamenti influiscono sempre sulla vita degli altri”. Lo afferma, in un’intervista a Repubblica, Papa Francesco che parla di questi difficili giorni per l’emergenza coronavirus.
“Ha ragione ad esempio quando dice: ‘È diventato evidente che chi non paga le tasse non commette solo un reato ma un delitto: se mancano posti letto e respiratori è anche colpa sua’ - spiega il Pontefice - Questa cosa mi ha molto colpito”.
Alfredo d'Ecclesia

L’ordine liberale collassa su pressione del coronavirus

Paul Antonopoulos, AHTribune 18 marzo 2020
La decisione del presidente degli Stati Uniti Donald Trump di annullare i voli tra l’Europa e il suo Paese, ad eccezione del Regno Unito, e d’imporre una quarantena di 14 giorni prima che si potesse entrare fu una spiacevole sorpresa per l’Europa, poiché Washington l’annunciò senza preavviso e coordinamento. La restrizione veniva introdotta per 30 giorni, causata dalla pandemia di coronavirus dichiarata dall’Organizzazione mondiale della sanità. Sebbene l’Europa abbia ritenuto che l’azione fosse eccessiva, l’Unione europea falliva completamente nel trattare il coronavirus e tali azioni erano pienamente in linea con le misure adottate da molti Paesi, tra cui Israele e Australia. In Israele, tutti coloro che arrivano dall’estero devono porsi in quarantena per due settimane a casa, con le autorità che non consentono soggiorno in hotel, in effetti non c’è turismo. Sebbene l’Australia abbia imposto una quarantena di 14 giorni ai nuovi arrivi, i soggiorni in hotel sono consentiti. Perciò, il crescente numero di restrizioni ai movimenti introdotte da molti Paesi a causa del coronavirus colpisce seriamente le economie nazionali e l’idea stessa della globalizzazione. Insieme a Stati Uniti, Israele e Australia, la Russia decise di por termine ai voli con Italia, Germania, Francia e Spagna, con alcune eccezioni. Altri Paesi rafforzavano il regime dei visti, come India, Thailandia e Sri Lanka, una la lista che probabilmente si allungherà. Dato che il coronavirus sfugge al controllo in alcuni Paesi dell’Unione Europea, molti ucraini tornano a casa, il che potrebbe creare un focolaio nel Paese che ha già un sistema sanitario teso. Riunioni ed eventi internazionali e nazionali vengono annullati, incluso forse il più importante, la Conferenza ministeriale dell’Organizzazione mondiale del commercio, che avrebbe dovuto svolgersi in Kazakistan. I campionati mondiali di pattinaggio non si svolgono più in Canada e gli Stati Uniti si rifiutano di ospitare le tappe della Coppa del mondo di sci. Sebbene l’annullamento dell’Organizzazione mondiale del commercio sia il maggiore evento vittima del coronavirus, a fine anno si terranno le Olimpiadi estive di Tokyo, con la cerimonia della fiaccola iniziata pochi giorni fa in Grecia. Il destino delle Olimpiadi di Tokyo non è ancora deciso, il che sarebbe una perdita devastante considerando che quest’anno era il maggiore evento del mondo. Il Comitato Olimpico Internazionale e il Giappone sono ancora decisi a tenere il famoso evento sportivo, il che è comprensibile poiché un ritardo o cancellazione sarebbe un devastante colpo finanziario per il Paese asiatico.
La chiusura di molti Paesi agli stranieri e la cancellazione di eventi è un duro colpo per le economie nazionali e mette in discussione la legittimità dell’ordine mondiale globalizzato liberale. Sembra che la globalizzazione stia morendo mentre la paura del coronavirus si diffonde nel mondo. L’idea di un mondo aperto e globalizzato è un valore fondamentale del mondo liberale e qualsiasi opposizione ad esso è stigmatizzata come regime brutale, specialmente se consideriamo come il mondo liberale vedeva l’Unione Sovietica e vede la Corea democratica. L’idea liberale di libertà di movimento è accettata quasi universalmente, e questo si estende a chi viaggia o cerca lavoro all’estero. Tuttavia, tale visione del mondo e le abitudini formate su di essa iniziano a scomparire poiché le persone subiscono gravi perdite finanziarie e sono soggette a sanzioni, come la quarantena. Questo accade in vari Paesi, indipendentemente dalla loro posizione sui voti democratici e di libertà. Inoltre, il fatto che gli Stati Uniti di Trump siano in prima linea nella presunta inversione della globalizzazione, come sostenuto per la chiusura degli Stati Uniti agli stranieri che arrivano dall’Europa e del famoso annuncio di costruire un muro al confine tra Stati Uniti e Messico, significherà che sfrutterà ogni vantaggio del coronavirus. È improbabile che sia una soluzione a breve termine e Trump trascinerà tale situazione per attuare i cambiamenti che desidera. Il coronavirus è il pretesto perfetto per Trump per attuare politiche isolazioniste e dare un altro colpo al mondo liberalizzato e globalizzato. L’Unione europea, come epitome dell’ordine liberalizzato e globalizzato, fu scioccata dalla mossa di Trump, e mentre lotta con il coronavirus e la crisi dei migranti al confine della Grecia, è improbabile che possa fare molto per preservare lo status quo che cerca disperatamente di difendere.
Trump si è costantemente opposto ai confini aperti, quindi non è così sorprendente. La vera sorpresa arriva da otto Paesi europei che imposero controlli alle frontiere: Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Ungheria, Lituania, Polonia, Svizzera e, sorprendentemente, Germania, che chiudeva i confini con Austria, Svizzera, Francia, Lussemburgo e Danimarca, una mossa sorprendente considerando che la cancelliera tedesca Angela Merkel era un campione delle frontiere aperte durante la crisi migratoria del 2015. In effetti, se l’Unione europea aprì le sue frontiere al flusso di migranti privi di documenti, l’alleanza si chiudeva con la diffusione del coronavirus. Sebbene la Merkel sia un’ardente difensore del liberalismo, anche lei dovette concentrarsi internamente. L’Unione europea come istituzione difende ancora le frontiere aperte, col presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen affermare che “Dobbiamo mantenere il flusso di merci in Europa senza ostacoli”. Tuttavia, questa è una crisi per la Germania con almeno 9360 casi confermati e riteneva che l’unica soluzione sia contrastare le frontiere aperte nonostante richiese che Grecia, Bulgaria e Italia aprissero i loro confini ai migranti privi di documenti nel 2015. Forse tale pandemia di coronavirus in Europa ora porteà a critiche più forti all’attuale ordine liberale e più simpatia dall’Europa settentrionale all’Europa mediterranea, che in passato aveva subito le richieste della frontiera aperta di Berlino e Bruxelles. Il colpo finale arrivava tuttavia quando l’Unione Europea dovette accettare di dover chiudersi ai cittadini di Paesi terzi con l’eccezione di Gran Bretagna, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera; i campioni della frontiera aperta dovevano chiudere i loro confini.
Traduzione di Alessandro Lattanzio

martedì 17 marzo 2020

Stop Mes
































🔴Con vero piacere pubblico un articolo di approfondimento al MES del Dr. Commercialista Pierluigi Antenucci, ben argomentato e ricco di approfondimenti. 
La riforma del MES, o meglio il  "Meccanismo Salva Banche Tedesche", non deve essere firmata. Il MES  deve essere solo ABOLITO, come vanno stracciati tutti gli altri trattati europei. Questa  cosa deve essere chiara a tutti NO AL MES. 
ORA ABBIAMO COSE PIÙ IMPORTANTI A CUI PENSARE. 
DOBBIAMO RIPRENDERCI IL  SACROSANTO DIRITTO DI STAMPARCI LA NOSTRA MONETA PER MONETIZZARE TUTTA LA NOSTRA ECONOMIA REALE. 


🔵Articolo  del Dr. Commercialista 
     Pierluigi R. Antenucci

Il MES - Meccanismo Europeo di Stabilità - o ESM - European Stability Mechanism - si configura fondamentalmente come un ente finanziatore per gli Stati; esso opera con moneta già in circolazione (non di nuova emissione) che gli Stati stessi versano al fondo a titolo di partecipazione al capitale; questa medesima moneta verrà poi prestata dal MES agli Stati stessi a interesse in caso di difficoltà finanziaria.

Il meccanismo operativo del fondo è volto evidentemente ed essenzialmente a stritolare finanziariamente e condizionare politicamente gli Stati per conto della Troika provocandone ineluttabilmente l’inconsapevole e progressiva cessione di sovranità.
Con ogni probabilità è nato anche per rastrellare dagli Stati ingenti quantità di denaro in circolazione in maniera più rapida, potenzialmente anche indebitandosi a sua volta e/o generando perdite; la copertura della parte di eventuali perdite eccedente le riserve e il capitale proprio del fondo, infatti, può essere richiesta agli Stati partecipanti che saranno obbligati ad adempiere entro stretti termini.


Il suo personale ad ogni livello gode di immunità di giurisdizione per gli atti compiuti nell’esercizio delle proprie funzioni.
Lo stesso personale gode altresì dell’inviolabilità in relazione a tutti i propri atti e documenti. 
I beni dell’ente sono immuni da ogni forma di giurisdizione.
Gli archivi e i locali sono inviolabili.
I redditi del MES, prodotti con i fondi versati dagli Stati, sono esenti da qualsiasi imposta.

Il fondo richiede il versamento del nostro denaro (per ora “solo” 125 mld di euro circa) per poi riprestarcelo “in caso di necessità” (uno stato di necessità che, proprio per l’entità delle somme da conferire, diverrebbe molto più probabile).
Tutti i membri del MES si impegnano incondizionatamente e irrevocabilmente, con la sottoscrizione del Fondo, a versare il capitale richiesto entro sette giorni dal ricevimento della richiesta.

La successiva erogazione del prestito, praticamente con denaro del medesimo Stato richiedente assistenza, sarà gravata di interessi e subordinata a rigorose condizionalità politiche e macroeconomiche, di conseguenza anche sociali, da adottarsi da parte dei governi, ivi compresa, con le ultime modifiche, la ristrutturazione del debito che consiste nella falcidia, da parte dello Stato, del debito contratto nei confronti dei detentori di Titoli del debito pubblico: in altre parole i possessori di Titoli di Stato rischiano, alla scadenza, di prendere indietro cifre consistentemente inferiori rispetto alla somma pagata all’atto dell’acquisto; un’altra specie dell’assurdità identificata sotto il nome di bail-in (termine inglese che si può tradurre in italiano “salvataggio interno” e che più semplicemente consiste, in caso di difficoltà finanziarie o fallimento di una banca, nel prelievo forzoso dei depositi dei risparmiatori per ricoprire le perdite della banca stessa che si trova in difficoltà). Ulteriori conseguenze di tale vincolo saranno, da una parte, l’esponenzialmente accresciuta difficoltà dello Stato di acquistare moneta, di piazzare, quindi, i titoli del debito pubblico per finanziarsi, dall’altra, il consequenziale innalzamento dello spread.

L’assistenza finanziaria da parte del MES avviene o per mezzo di prestiti o per mezzo di acquisto di titoli del debito pubblico sul mercato primario. 
Sono dunque prestiti effettuati con denaro gravato di più che doppio debito per lo Stato in quanto: 
- tale denaro viene prima preso in prestito (rectius acquistato) dalla banca centrale, con l’intermediazione di alcune banche commerciali autorizzate, gravato dunque del debito nei confronti dell’istituto di emissione che lo “presta” dopo averlo emesso dal nulla;
- poi viene conferito al MES, cosicché lo Stato se ne priva e al tempo stesso ne resta debitore nei confronti del sistema bancario che glielo ha prestato;
- successivamente, al momento del ricevimento dell’assistenza finanziaria da parte del fondo, lo stesso denaro viene gravato dell’ulteriore debito nei confronti del MES che lo rigira, prestandolo, agli Stati.
La somma erogata dal MES consiste dunque in un prestito gravato da un più che duplice debito a carico dello Stato che lo riceve; un debito che equivale al 200% del capitale oltre agli interessi, verso il sistema bancario all’atto dell’emissione e verso il MES al momento del ricevimento dell’assistenza.
Se la vera ragione della sua costituzione fosse stata quella di salvare gli Stati prestando denaro, in luogo della più che duplice usura, sarebbe stata sufficiente una piccola e molto più semplice modifica alle previste modalità di acquisto del debito pubblico, permettendo alla BCE (che ora non può tecnicamente acquistare, con il suo denaro creato dal nulla, titoli del debito pubblico in maniera diretta) la possibilità di acquisto dei titoli direttamente sul mercato primario, emettendo e prestando qualsiasi somma dovesse essere necessaria; come ebbe ad affermare Draghi “whatever it takes” o “tecnicamente la Bce non puó finire il denaro” come è ovvio che sia, considerato che lo crea dal nulla senza alcun limite esistente se non le decisioni di politica monetaria ritenute opportune dai vertici della banca centrale.
In tale maniera aumenterebbe la quantità di moneta in circolazione con conseguente evidente ripresa dell’economia, anche se effimera e di breve termine a causa della palesemente ingiusta e illegittima modalità di emissione “a debito” della moneta. Una modalità di emissione che, sebbene non sia statuito e previsto da alcuna legge o trattato che l’euro sia proprietà della BCE, in pratica consente a questa di agire come se fosse realmente proprietaria della moneta che emette, considerato che l’atto del prestare è prerogativa esclusiva del proprietario. Una modalità di emissione incomprensibile e dannosa, poiché, inevitabilmente e in breve tempo, provocherebbe di nuovo la rarefazione della base monetaria in incostanza di Quantitative Easing continuo, che, tuttavia, a sua volta, provocherebbe un aumento continuo dell’indebitamento dello Stato ricevente la moneta.

In Grecia si è arrivati ad una quota dell’80% del debito pubblico in mano a MES e BCE. In Italia, per ora, il 40% è detenuto dalla banca centrale, mentre la restante quota è nelle mani dei mercati composti per lo più dalle banche commerciali. 
Con l’istituzione del MES, si vuole conseguire l’obiettivo del possesso maggioritario dei titoli di Stato da parte di MES e BCE in modo da poter la Troika determinare a proprio piacimento la politica del paese beneficiario del prestito ricevuto con il suo stesso denaro, forzando la mano con pressioni e coercizioni del genere dello spread o mancati o ridotti acquisti di titoli in caso di non gradimento di indirizzo politico. 
Tale affermazione trova conforto anche nel Decreto n. 96717 del 7 dicembre 2012, con cui il Ministero dell’Economia e delle Finanze del governo Monti, governo in odore di incostituzionalità, ha stabilito che, a decorrere dal 1° gennaio 2013, tutte le nuove emissioni di Buoni del Tesoro Poliennali (BTP) di ogni specie, di Certificati di Credito del Tesoro (CCT) di ogni specie, e ogni eventuale futura emissione di titoli di Stato con scadenza superiore ad un anno, di tipologia o con caratteristiche differenti da quelle sopra richiamate, è soggetta alle Clausole di Azione Collettiva. 
L’introduzione delle Clausole di Azione Collettiva è stata resa obbligatoria per l’Italia a seguito della firma apposta il 2 febbraio 2012 sempre da Monti al Trattato che istituisce il Meccanismo Europeo di Stabilità, firma poi ratificata dal Parlamento Italiano il 19 luglio dello stesso anno.
Le clausole di azione collettiva consentono ad una maggioranza qualificata di investitori di modificare i termini e le condizioni di pagamento di un titolo, anche tagliandone il valore, in maniera giuridicamente vincolante per tutti i detentori del titolo stesso.
Una volta acquisita dal MES la maggioranza qualificata dei titoli di Stato, il fondo, unitamente alla BCE, ben potranno stabilire il destino dei titoli del debito pubblico detenuti dai cittadini, come sopra spiegato, determinandone la perdita dell’importo corrispondente anche in linea capitale, provocando l’allontanamento degli investitori dall’acquisto dei titoli di Stato e costringendo così quest’ultimo a rivolgersi al MES per la stretta finale.

Risulta lecito a questo punto affermare che lo strumento MES ben potrebbe essere utilizzato come mezzo per legalizzare i golpe di Stato.

Attraverso il sapiente uso dei meccanismi della moneta debito la Troika si prepara a stritolare sempre più i singoli Stati ed i loro popoli, annullandone il diritto di autodeterminazione, con il cappio dell’usura maxima, in questo caso più che raddoppiata.

domenica 15 marzo 2020

CORONAVIRUS: 2 PAESI UE SI SONO FREGATI LE MASCHERINE DIRETTE IN ITALIA



“Denunceremo in tutte le sedi internazionali competenti i Paesi che si macchieranno della pratica ignobile di requisire mascherine che sono destinati a Paesi in difficoltà come l’Italia. E’ inaccettabile che materiale medico destinato all’Italia venga fermato per strada”.
VERIFICA LA NOTIZIA

Lo ha detto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, rivelando in una diretta su Facebook che “alcune mascherine acquistate da ditte italiane e che si sono bloccate alla frontiera in alcuni altri Paesi, che stanno provando a requisire queste mascherine e usarle a uso interno”.
Intanto loro se le tengono. Poi, tu li denunci alla polizia spaziale della Federazione dei Pianeti. Se non le mandavi ai cinesi, oggi ne avremmo di più.
Ah, intanto, con qualche settimana di ritardo:
“Oggi abbiamo adottato un sistema di
autorizzazione delle esportazioni fuori
dall’Ue, che dovranno quindi essere au-
torizzate dai governi europei. Ciò è
necessario perchè abbiamo bisogno di
questo materiale per i nostri sistemi
sanitari”.
Lo ha annunciato la presidente della
Commissione Ue, Ursula von der Leyen,
in un video su twitter. Per combattere
l’epidemia di coronavirus, l’Unione Eu-
ropea limita dunque l’esportazione di
materiale di protezione come le masche-
rine.
 Intanto, però, le mascherine mancano. Anche ai Vigili del Fuoco: “Le mascherine che ci hanno messo a disposizione sono un numero minimo e l’indicazione è stata di utilizzarle solo in caso di estrema necessità”, ci spiega Pompeo Mannone, segretario nazionale Fns (Cisl), “Purtroppo però, quando noi interveniamo non sappiamo mai la situazione alla quale andiamo incontro. É impossibile valutare prima se armarsi di protezione o meno”. Non considerando che all’interno dei mezzi di soccorso non si possono tenere distanze di un metro l’uno dall’altro e quindi questo basterebbe a rendere necessaria la mascherina protettiva in ogni operazione. Così vale anche per gli altri dispositivi, come guanti in lattice o in nitrile e gel disinfettanti a base di alcol. Introvabili anche nelle stazioni di comando.
Mancano le risorse. E il rischio di contagio per i vigili del fuoco è all’ordine del giorno. Ma c’è di più. Il paradosso lo si legge ancora una volta nelle carte. Dove dal Comando Nazionale arriva anche la soluzione a tali mancanze. E’ scritto a pagina 1 del documento riguardante le linee guida, firmato dal Capo del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, oltre che dal dirigente dell’Ufficio di Coordinamento delle attività sanitarie e di medicina legale, che “laddove non sia possibile rispettare la distanza interpersonale di 1 metro (…) andranno utilizzate le mascherine chirurgiche ovvero, in alternativa, il sottocasco antifiamma in dotazione a protezione di naso e bocca (prevenzione diffusione droplets) nonché l’elmo con visiera trasparente abbassata.”
Insomma, secondo il Ministero degli Interni, per ovviare la mancanza di mascherine protettive i vigili del fuoco possono utilizzare il sottocasco e posizionarlo in modo da coprire parte del viso. La stessa protezione che solitamente gli uomini utilizzano in qualsiasi tipo di intervento per proteggersi da fiamme libere e calore e che, pertanto, non può essere sterile seppur i suoi tessuti fossero in grado di filtrare il virus. “Anche nel caso venisse provato che il Covid19 non riesca a passare da quei tessuti per garantire la nostra sicurezza dovremmo averne in dotazione un numero molto alto. In modo da riuscire a cambiarli dopo ogni intervento. Il che è del tutto impossibile ”, dichiara ancora Mannone. Il quale, in una lettera inoltrata all’Amministrazione, ha fatto presente che tale indicazione “potrebbe essere fuorviante e pericolosa per la salute del personale in servizio”. Chiedendo, nero su bianco, che venga modificato il passaggio nelle linee guida.
Stessa storia anche per i controlli del personale. Secondo le nuove disposizioni infatti “i Comandi Provinciali e le Direzioni Regionali dovranno disciplinare controlli a tutela di tutto il personale anche mediante termometri a infrarossi o auricolari da acquisire per tutte le sedi di servizio, ove non già disponibili”. Ma nessun dispositivo è mai arrivato alle varie sedi. “Non abbiamo alcun termometro ad infrarossi. Non ci sono mai stati forniti”, ci confessa Antonino Stilo, segretario territoriale Fns Cisl e Vvf di Reggio Calabria.
EPPURE SI POTREBBE AGIRE – “Dodici ore: ecco quanto ci vuole per riconvertire un’azienda e iniziare la produzione di massa di mascherine chirurgiche. Continuo a ricevere segnalazioni su personale costretto a lavorare, in questi giorni, privo dei dispositivi di protezione. Parlo di forze dell’ordine, commercianti che operano nei servizi essenziali, come l’alimentare, persino operatori sanitari delle case di riposo”. Così il deputato di Forza Italia, Roberto Caon, in una nota.
“Non è possibile che la seconda manifattura d’Europa non sia in grado di organizzarsi in tempi rapidi. Da imprenditore con una lunga esperienza nel settore degli stampi per l’abbigliamento e la pelletteria parlo a ragion veduta – spiega il parlamentare di Vigonza – Ci sono decine, se non centinaia di laboratori artigiani e industriali che hanno tutto il necessario per mettersi subito al lavoro, con costi di partenza vicini allo zero. Sono disponibile a condividere il mio know – how in materia. Siamo in emergenza e non è ammissibile perdere tempo”.

Rotterdam - Disinformazione democratica

    Rotterdam - Disinformazione democratica Nei giorni scorsi tutte le televisioni (ad iniziare dal TG di SKY) e i giornali (e non soltanto...