Paul Antonopoulos, AHTribune 18 marzo 2020

La chiusura di molti Paesi agli stranieri e la cancellazione di eventi è un duro colpo per le economie nazionali e mette in discussione la legittimità dell’ordine mondiale globalizzato liberale. Sembra che la globalizzazione stia morendo mentre la paura del coronavirus si diffonde nel mondo. L’idea di un mondo aperto e globalizzato è un valore fondamentale del mondo liberale e qualsiasi opposizione ad esso è stigmatizzata come regime brutale, specialmente se consideriamo come il mondo liberale vedeva l’Unione Sovietica e vede la Corea democratica. L’idea liberale di libertà di movimento è accettata quasi universalmente, e questo si estende a chi viaggia o cerca lavoro all’estero. Tuttavia, tale visione del mondo e le abitudini formate su di essa iniziano a scomparire poiché le persone subiscono gravi perdite finanziarie e sono soggette a sanzioni, come la quarantena. Questo accade in vari Paesi, indipendentemente dalla loro posizione sui voti democratici e di libertà. Inoltre, il fatto che gli Stati Uniti di Trump siano in prima linea nella presunta inversione della globalizzazione, come sostenuto per la chiusura degli Stati Uniti agli stranieri che arrivano dall’Europa e del famoso annuncio di costruire un muro al confine tra Stati Uniti e Messico, significherà che sfrutterà ogni vantaggio del coronavirus. È improbabile che sia una soluzione a breve termine e Trump trascinerà tale situazione per attuare i cambiamenti che desidera. Il coronavirus è il pretesto perfetto per Trump per attuare politiche isolazioniste e dare un altro colpo al mondo liberalizzato e globalizzato. L’Unione europea, come epitome dell’ordine liberalizzato e globalizzato, fu scioccata dalla mossa di Trump, e mentre lotta con il coronavirus e la crisi dei migranti al confine della Grecia, è improbabile che possa fare molto per preservare lo status quo che cerca disperatamente di difendere.
Trump si è costantemente opposto ai confini aperti, quindi non è così sorprendente. La vera sorpresa arriva da otto Paesi europei che imposero controlli alle frontiere: Austria, Repubblica Ceca, Danimarca, Ungheria, Lituania, Polonia, Svizzera e, sorprendentemente, Germania, che chiudeva i confini con Austria, Svizzera, Francia, Lussemburgo e Danimarca, una mossa sorprendente considerando che la cancelliera tedesca Angela Merkel era un campione delle frontiere aperte durante la crisi migratoria del 2015. In effetti, se l’Unione europea aprì le sue frontiere al flusso di migranti privi di documenti, l’alleanza si chiudeva con la diffusione del coronavirus. Sebbene la Merkel sia un’ardente difensore del liberalismo, anche lei dovette concentrarsi internamente. L’Unione europea come istituzione difende ancora le frontiere aperte, col presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen affermare che “Dobbiamo mantenere il flusso di merci in Europa senza ostacoli”. Tuttavia, questa è una crisi per la Germania con almeno 9360 casi confermati e riteneva che l’unica soluzione sia contrastare le frontiere aperte nonostante richiese che Grecia, Bulgaria e Italia aprissero i loro confini ai migranti privi di documenti nel 2015. Forse tale pandemia di coronavirus in Europa ora porteà a critiche più forti all’attuale ordine liberale e più simpatia dall’Europa settentrionale all’Europa mediterranea, che in passato aveva subito le richieste della frontiera aperta di Berlino e Bruxelles. Il colpo finale arrivava tuttavia quando l’Unione Europea dovette accettare di dover chiudersi ai cittadini di Paesi terzi con l’eccezione di Gran Bretagna, Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera; i campioni della frontiera aperta dovevano chiudere i loro confini.
Traduzione di Alessandro Lattanzio
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