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Di Stefano Davidson
Gerusalemme capitale d'Israele
A proposito di FAKE NEWS e Palestina torno sull'argomento per chi parla per luoghi comuni:
NELLA VERITÀ STORICA NON C’È ASSOLUTAMENTE TRACCIA DI UN ‘POPOLO PALESTINESE DISTINTO’, MA SOLO DI ‘ARABI’. Ciò è confermato a più riprese dai dati relativi alla popolazione originaria della Palestina, da quelli dell’immigrazione araba legale ed illegale, e da tutte le dichiarazioni arabe precedenti che confermano il fatto che il termine ‘palestinese’ era associabile più al popolo ebraico che non a quello arabo.
IL ‘POPOLO PALESTINESE’ COME VIENE PROPAGANDATO OGGI, CIOÈ ESCLUSIVAMENTE ARABO, LEGATO ALLA PALESTINA DA SECOLI (SE NON MILLENNI) DI STORIA, CON UNA SUA PROPRIA CULTURA E IDENTITÀ NAZIONALE ‘PALESTINESI’, NON È CHE UN’INVENZIONE POLITICA SUCCESSIVA AGLI ANNI ’60.
Fino al 1967 la maggior parte di coloro che si chiamano ‘palestinesi’ erano ragionevolmente soddisfatti della loro identità siriana o della cittadinanza giordana (o egiziana).
L’USO DEL TERMINE ‘PALESTINESE’ SENZA IL SUFFISSO ‘ARABO’ E DI ESPRESSIONI QUALI: ‘PALESTINA OCCUPATA DA ISRAELE’ È SERVITO ALLO SCOPO DI CONFONDERE L’OPINIONE PUBBLICA, INDUCENDO A PENSARE CHE CI SIA SEMPRE STATO UN POPOLO PALESTINESE INDIPENDENTE AL QUALE NON È STATA OFFERTA L’OPPORTUNITÀ DELL’AUTO-DETERMINAZIONE. IN EFFETTI, SE ANCHE FOSSE VERO (CHE NON È), UN TALE FALLIMENTO SAREBBE PIÙ IMPUTABILE ALLA GIORDANIA CHE NON AD ISRAELE, DATO CHE LA GIORDANIA OCCUPA LA MAGGIOR PARTE DI CIÒ CHE ERA NOTA IN ORIGINE COME PALESTINA ANCHE SENZA LA WEST BANK E GAZA.
Non c’è dubbio che tutto ciò quindi rappresenti una delle più grandi e gravi falsificazioni storiche dell’era moderna. E questo non lo dico io ma tutte le dichiarazioni sopracitate cui aggiungo come se non bastassero anche le parole di Joseph Farah, giornalista arabo-americano, editore e CEO di WorldNetDaily:
“NON ESISTE LINGUA NOTA COME ‘PALESTINESE’. NON ESISTE UNA CULTURA PALESTINESE DISTINTA. NON C’È MAI STATA UNA TERRA NOTA COME ‘PALESTINA GOVERNATA DAI PALESTINESI’. I PALESTINESI SONO ARABI, INDISTINGUIBILI DAI GIORDANI (UN’ALTRA INVENZIONE RECENTE), I SIRIANI, I LIBANESI, GLI IRACHENI, ECCETERA. TENIAMO IN MENTE CHE GLI ARABI CONTROLLANO IL 99,9% DELLE TERRE IN MEDIO ORIENTE. ISRAELE RAPPRESENTA UN DECIMO DELL’ 1% DELLA TERRA TOTALE. Ma questo è comunque troppo per gli arabi. Loro la vogliono tutta quanta. Ed è per questo motivo che, fondamentalmente, oggi si combatte in Israele. Avidità. Orgoglio. Invidia. Bramosia. Non importa quante concessioni di terra Israele faccia, non saranno mai abbastanza”.
Anche l’eminente studioso di storia mediorientale Bernard Lewis affermò a più riprese che:
“…il fondamentale senso di identità storica corporativa [degli arabi palestinesi] fu, a vari livelli, musulmano o arabo, o ancora, per alcuni, siriano; è significativo il fatto che perfino alla fine del Mandato nel 1948, dopo trent’anni di una separata esistenza politica palestinese, non ci fossero assolutamente libri in arabo sulla storia della Palestina…”.
(Bernard Lewis, ‘Semites and Anti-Semites: An Inquiry into Conflict and Prejudice’, (New York: Norton, 1999), p. 186).
Indi:
Auni Bey Abdul-Hadi, un leader arabo locale, dichiarò alla Commissione Peel nel 1937:
“Non esiste alcun paese noto come [Palestina]! ‘Palestina’ è un termine che i sionisti hanno inventato! Non c’è alcuna ‘Palestina’ nella Bibbia. Il nostro paese è stato per secoli parte della Siria”.
Il rappresentante dell’Alto Comitato Arabo alle Nazioni Unite rilasciò la seguente dichiarazione durante l’Assemblea Generale svoltasi a maggio del 1947:
“La Palestina era parte della provincia della Siria… politicamente, gli arabi di Palestina non erano indipendenti, nel senso che non formavano un’entità politica separata”.
Ahmed Shuqeiri, ex presidente dell’OLP, dichiarò davanti al Concilio di Sicurezza dell’ONU: “E’ comunemente noto che la Palestina non è altro che la Siria meridionale”.
Zahir Muhsein, in un’ intervista al giornale olandese ‘Trouw’ avvenuta il 31 marzo 1977, dichiarò:
“Il popolo palestinese non esiste. La creazione di uno stato palestinese è soltanto uno strumento per la continuazione della nostra lotta contro lo stato di Israele per la nostra unità araba. In realtà oggi non c’è differenza fra giordani, palestinesi, siriani e libanesi. E’ soltanto per ragioni politiche e tattiche che noi parliamo dell’esistenza del popolo palestinese, dato che l’interesse nazionale arabo richiede che noi presupponiamo l’esistenza di un ‘popolo palestinese’ distinto che si opponga al Sionismo. Per ragioni tattiche la Giordania, che è uno stato sovrano con confini delimitati, non può avanzare diritti su Haifa e Jaffa, mentre come palestinese io posso senza dubbio rivendicare Haifa, Jaffa, Beer-Sheva e Gerusalemme. Tuttavia, nel momento in cui reclamiamo il nostro diritto su tutta la Palestina, non aspetteremo neanche un minuto a riunire la Palestina e la Giordania”.
Farouk Radoumi, nel 1998, capo diplomatico dell’OLP, chiarì nuovamente il fine ultimo di quell’arma tattica nota come ‘popolo palestinese’:
“Appena lo Stato Palestinese avrà guadagnato un riconoscimento dalla maggior parte delle nazioni del mondo, come ci aspettiamo, la presenza israeliana su terra palestinese diventerà illegale e noi la combatteremo con le armi. La battaglia contro le forze israeliane è un diritto a noi riservato”. (Farouk Radoumi, al giornale dell’AP ‘AL HAYAT AL-JADEEDA’, 15 ottobre l998).
Le dichiarazioni sopracitate da parte dei militanti ‘palestinesi’ sono tutte a conferma del fatto che il ‘nazionalismo palestinese’ arabo (come lo conosciamo oggi) sia una colossale invenzione araba e si può tranquillamente affermare che è soltanto negli ultimi decenni che il termine ‘palestinese’ è stato adottato dagli arabi, come se questo nome appartenesse esclusivamente a loro, fingendo di avere una lunga storia alle spalle ed una identità nazionale indipendente.
L’USO DEL TERMINE ‘PALESTINESE’ SENZA IL SUFFISSO ‘ARABO’ E DI ESPRESSIONI QUALI: ‘PALESTINA OCCUPATA DA ISRAELE’ È SERVITO ALLO SCOPO DI CONFONDERE L’OPINIONE PUBBLICA, INDUCENDO A PENSARE CHE CI SIA SEMPRE STATO UN POPOLO PALESTINESE INDIPENDENTE AL QUALE NON È STATA OFFERTA L’OPPORTUNITÀ DELL’AUTO-DETERMINAZIONE. IN EFFETTI, SE ANCHE FOSSE VERO (CHE NON È), UN TALE FALLIMENTO SAREBBE PIÙ IMPUTABILE ALLA GIORDANIA CHE NON AD ISRAELE, DATO CHE LA GIORDANIA OCCUPA LA MAGGIOR PARTE DI CIÒ CHE ERA NOTA IN ORIGINE COME PALESTINA ANCHE SENZA LA WEST BANK E GAZA.
Non c’è dubbio che tutto ciò quindi rappresenti una delle più grandi e gravi falsificazioni storiche dell’era moderna. E questo non lo dico io ma tutte le dichiarazioni sopracitate cui aggiungo come se non bastassero anche le parole di Joseph Farah, giornalista arabo-americano, editore e CEO di WorldNetDaily: “NON ESISTE LINGUA NOTA COME ‘PALESTINESE’. NON ESISTE UNA CULTURA PALESTINESE DISTINTA. NON C’È MAI STATA UNA TERRA NOTA COME ‘PALESTINA GOVERNATA DAI PALESTINESI’. I PALESTINESI SONO ARABI, INDISTINGUIBILI DAI GIORDANI (UN’ALTRA INVENZIONE RECENTE), I SIRIANI, I LIBANESI, GLI IRACHENI, ECCETERA. TENIAMO IN MENTE CHE GLI ARABI CONTROLLANO IL 99,9% DELLE TERRE IN MEDIO ORIENTE. ISRAELE RAPPRESENTA UN DECIMO DELL’ 1% DELLA TERRA TOTALE. Ma questo è comunque troppo per gli arabi. Loro la vogliono tutta quanta. Ed è per questo motivo che, fondamentalmente, oggi si combatte in Israele. Avidità. Orgoglio. Invidia. Bramosia. Non importa quante concessioni di terra Israele faccia, non saranno mai abbastanza”.
A questo punto analizziamo la situazione delle terre reclamate dai palestinesi, e delle quali comunque hanno già avuto dagli israeliani la maggior parte, consistono nella striscia di Gaza (sul Mediterraneo), nella Cisgiordania (attorno al Mar Morto), di sei città già tutte palestinesi (Qualqiliya, Jenin, Nablus, Tulkare, Ramallah e Betlemme) sparse qua e là per Israele e di 400 villaggi attorno alle città di cui sopra.
Il futuro stato palestinese, quindi, consiste in due territori abbastanza estesi, di cui uno praticamente desertico (Gaza) e l’altro in buona parte (la Cisgiordania) e di qualche villaggio, cittadina o villaggio sparsi qua e là per lo stato di Israele.
Il futuro stato palestinese, DICONO LE FONTI PALESTINESI, potrebbe contare su un prodotto interno lordo di 240 milioni di dollari (numero molto importante che rappresenterebbe poco più della decima parte del bilancio del Comune di Roma!). Ammettiamo perciò che il funzionario palestinese abbia dimenticato uno zero alla cifra che ha dichiarato, siamo sempre e comunque a bilanci assolutamente ridicoli per uno Stato che voglia definirsi tale o che, comunque voglia anche minimamente contrapporsi al suo potente vicino che ha un PIL di 150 mila miliardi. Non credo si debba essere degli esperti di politica per capire che uno Stato come quello sognato dal popolo palestinese non potrà mai esistere se nella sua forma e nei suoi confini non verrà ridiscusso soprattutto con i Paesi Arabi confinanti.
Ma secondo voi è possibile che esista uno Stato dove per andare da un posto all’altro ci vuole il passaporto? Uno stato privo di un tessuto industriale, agricolo e commerciale? Uno stato dove le merci per spostarsi dai luoghi di produzione (ammesso che ne esista qualcuno) a quelli di commercializzazione dovrebbero sottostare all’arbitrio del vicino? Uno stato ove la erogazione dell’acqua è nel più completo arbitrio di quello Stato che fino a poco tempo ha bombardato con razzi e massacrato con attacchi terroristici, kamikaze e non, e che quindi prima della fondazione del suo Staterello era il nemico? Uno stato che non produce energia e dove, quindi, quando il povero palestinese deciderà di accendere la lampadina dovrà pregare Allah di far alzare dal letto per il verso giusto il gestore israeliano della più vicina centrale elettrica? E questo sarebbe uno Stato indipendente?
Ma non basta: l’impossibilità di gestire le reti elettriche, idriche, stradali e ferroviarie del loro futuro Stato li porterebbe ad un asservimento assoluto agli arbitrii degli israeliani; molto peggio di come accade oggi. SÌ, PERCHÉ OGGI GLI ISRAELIANI SONO I SOLI CHE ASSICURANO UN MINIMO DI SOPRAVVIVENZA ALLA POPOLAZIONE PALESTINESE E UN MINIMO DI ISTRUZIONE E DI ASSISTENZA.
Stefano Davidson
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