sabato 5 marzo 2016

La servitù moderna


Capitolo I: Epigrafe

“Il mio ottimismo si basa sulla certezza che questa civiltà sta per crollare. Il mio pessimismo su tutto quello che fa per trascinarci nel suo vortice.”


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Capitolo II: La servitù moderna

“Che epoca terribile quella in cui degli idioti governano dei ciechi.”
William Shakespeare


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La servitù moderna è una servitù volontaria, consentita dalla massa degli schiavi che strisciano sulla superficie terrestre. Comprano liberamente tutti i prodotti che li asservono ogni giorno di più. Si aggrappano spontaneamente ad un lavoro sempre più alienante, generosamente concesso soltanto se “fanno i bravi”. Scelgono loro stessi i padroni che dovranno servire. Perché questa assurda tragedia sia potuta accadere, prima di tutto è stato necessario sottrarre ai membri di questa classe ogni consapevolezza del proprio sfruttamento e della propria alienazione.

Questa è la strana modernità della nostra epoca. Contrariamente agli schiavi dell’antichità, ai servi del Medioevo o agli operai delle prime rivoluzioni industriali, oggi siamo di fronte ad una classe totalmente asservita ma che non sa di esserlo, anzi, che non vuole saperlo.
Ignorano quindi la ribellione, che dovrebbe essere l’unica reazione legittima degli oppressi. Accettano senza fiatare la vita pietosa che è stata decisa per loro. La rinuncia e la rassegnazione sono le cause della loro disgrazia.

Questo è il brutto sogno degli schiavi moderni che non chiedono, in definitiva, che di lasciarsi andare nella danza macabra del sistema dell’alienazione.

L’oppressione si modernizza estendendo ovunque forme di mistificazione che consentono di occultare la nostra condizione di schiavi.

Mostrare la realtà così com’è veramente, e non come viene presentata dal potere, costituisce la sovversione più autentica.

Solo la verità è rivoluzionaria.



Capitolo III: La pianificazione del territorio e l’ambiente


“L’urbanistica è la presa di possesso dell’ambiente naturale e umano 
da parte del capitalismo che, sviluppandosi logicamente come dominazione assoluta, può e deve ora rifare la totalità dello spazio a propria immagine.”

La Società dello Spettacolo, Guy Debord



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Man mano che costruiscono il loro mondo con la forza del loro lavoro alienato, l’ambiente circostante diventa la prigione nella quale devono vivere. Un mondo squallido, senza odore né sapore, un mondo che porta in sé la miseria del modo di produzione dominante.

Questo scenario è in perpetua costruzione. Niente è stabile. Il rifacimento permanente dello spazio circostante trova la propria giustificazione nell’amnesia generalizzata e nell’insicurezza nelle quali devono vivere gli abitanti. Si tratta di rifare tutto ad immagine del sistema: il mondo diventa sempre più sporco e rumoroso, come una fabbrica.

Ogni frammento di questo mondo è proprietà di uno Stato o di un privato. Questo furto sociale che è l’appropriazione esclusiva del suolo si materializza nell’onnipresenza dei muri, delle sbarre, delle recinzioni, dei cancelli e delle frontiere... sono il segno tangibile di questa separazione che invade tutto.

Ma parallelamente, l’unificazione dello spazio secondo gli interessi della cultura mercantile è il grande obiettivo di questa triste epoca. Il mondo deve diventare un’immensa autostrada, razionalizzata all’estremo, per facilitare il trasporto delle merci. Ogni ostacolo, naturale o umano, deve essere rimosso.

Gli insediamenti nei quali si ammucchia questa massa servile somigliano alla loro vita: sembrano delle gabbie, delle prigioni, delle caverne. Ma contrariamente agli schiavi o ai prigionieri, gli oppressi moderni devono pagare la loro gabbia.

“Perché non è l’uomo ma il mondo che è diventato anormale”.
Antonin Artaud


Capitolo IV: La merce

“Una merce sembra a prima vista qualcosa di triviale e che si risolve in se stessa. La nostra analisi ha dimostrato invece che è una cosa molto complessa, piena di sottigliezze metafisiche e di arguzie teologiche.”
Il Capitale, Karl Marx



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È dentro abitazioni anguste e lugubri che accumula le nuove merci che dovrebbero, secondo i messaggi pubblicitari onnipresenti, portargli la felicità perfetta. Ma più accumula merci e più si allontana la possibilità di essere felice.

“A che serve ad un uomo di possedere tutto se perde la sua anima.”
Marco 8;36


La merce, ideologica per essenza, spoglia dal proprio lavoro chi la produce e dalla propria vita chi la consuma. Nel sistema economico dominante, non è più la domanda a condizionare l’offerta ma è l’offerta che determina la domanda. È così che nuovi bisogni sono creati periodicamente e vengono rapidamente considerati vitali dall’immensa maggioranza della popolazione: così per la radio, poi la macchina, la televisione, il computer e ora il telefonino.

Tutte queste merci, distribuite in massa in un lasso di tempo molto limitato, modificano profondamente le relazioni umane: servono, da una parte, a isolare un po’ di più gli uomini dai loro simili, e dall’altra, a diffondere i messaggi dominanti del sistema. Gli oggetti che possediamo finiscono per possederci.


Capitolo V: L’alimentazione

“Quel che è un nutrimento per uno è un veleno per l’altro”
Paracelso


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Ma è proprio quando si alimenta che lo schiavo moderno illustra al meglio lo stato di decadenza nel quale si trova. Avendo a disposizione un tempo sempre più limitato per preparare il cibo che ingurgita, è ridotto a consumare alla svelta quello che produce l’industria agro-chimica.

Vaga nei supermercati alla ricerca dei surrogati che la società della falsa abbondanza gli concede. Anche in questo caso, ha solo l’illusione della scelta. L’abbondanza dei prodotti alimentari nasconde in realtà il loro degrado e falsificazione. Si tratta notoriamente di organismi geneticamente modificati, di un miscuglio di coloranti e conservanti, di pesticidi, di ormoni e altre invenzioni della modernità. Il piacere immediato è la regola del modo di alimentazione dominante, così com’è la regola di tutte le forme di consumo. E le conseguenze si vedono e illustrano questo modo di alimentarsi.

Ma è di fronte all’indigenza dei più che l’uomo occidentale si rallegra della sua posizione e del suo consumo frenetico. Eppure, la miseria è ovunque laddove regna la società totalitaria mercantile. La scarsità è il rovescio della medaglia della falsa abbondanza. E in un sistema che erige la disuguaglianza a criterio di progresso, anche se la produzione agro-chimica è sufficiente per nutrire la totalità della popolazione mondiale, la fame non dovrà mai scomparire.

“Si sono convinti che l’uomo, specie peccatrice per eccellenza, domini la creazione. Tutte le altre creature non sarebbero state create che per procurargli del cibo, delle pellicce, per essere martoriate, sterminate.”
Isaac Bashevis Singer


L’altra conseguenza della falsa abbondanza alimentare è la generalizzazione delle fabbriche concentrazionarie e lo sterminio massiccio e barbaro delle specie che servono a nutrire gli schiavi. Qui sta l’essenza stessa del modo di produzione dominante. La vita e l’umanità non resistono di fronte alla sete di profitto di pochi.


Capitolo VI: La devastazione dell’ambiente

“È triste pensare che la natura parli e che il genere umano non la ascolti.”
Victor Hugo



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Il saccheggio delle risorse del pianeta, l’abbondante produzione di energia e merci, gli scarti e altri rifiuti del consumo ostentato ipotecano gravemente le possibilità di sopravvivenza della terra e delle specie che la popolano. Ma per lasciar libero corso al capitalismo selvaggio, la crescita non deve fermarsi mai. Bisogna produrre, produrre e riprodurre ancora.

È sono proprio quelli che inquinano che si presentano oggi come i salvatori potenziali del pianeta. Questi imbecilli dello spettacolo, sponsorizzati dalle multinazionali, cercano di convincerci che un semplice cambiamento delle nostre abitudini di vita basterebbe a salvare il pianeta dal disastro. E mentre ci colpevolizzano, continuano senza tregua ad inquinare l’ambiente e la nostra mente. Queste povere tesi pseudo-ecologiche sono riprese all’unisono da tutti i politici corrotti a corto di slogan pubblicitario. Ma si guardano bene dal proporre un cambiamento radicale nel sistema di produzione. Si tratta, come sempre, di cambiare qualche dettaglio perché tutto rimanga come prima.


Capitolo VII: Il lavoro

Lavoro, dal latino Tri Palium, tre pali, strumento di tortura.

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Ma per salire sulla giostra del consumo frenetico, servono soldi e per avere soldi bisogna lavorare, cioè vendersi. Il sistema dominante ha fatto del lavoro il suo principale valore. E gli schiavi devono lavorare sempre di più per pagare a credito la loro vita miserabile. Si sfiancano al lavoro, perdono la maggior parte della loro forza vitale e subiscono le peggiori umiliazioni. Dedicano tutta la vita ad un’attività faticosa e noiosa per il profitto di pochi.

L’invenzione della disoccupazione moderna è lì per spaventarli e farli ringraziare la generosità del potere. Che cosa farebbero senza la tortura del lavoro? E sono queste attività alienanti che sono presentate come una liberazione. Che decadenza e che miseria!

Sempre pressati dal cronometro o dalla frusta, ogni gesto degli schiavi è calcolato per aumentare la produttività. L’organizzazione scientifica del lavoro costituisce l’essenza stessa dell’espropriazione dei lavoratori sia dal frutto del proprio lavoro sia dal tempo che dedicano alla produzione automatizzata di merce e servizi. Il ruolo del lavoratore si confonde con quello della macchina nelle fabbriche, con quello del computer negli uffici. Il tempo retribuito non torna più.

Così, ogni lavoratore è assegnato ad un compito ripetitivo, intellettuale o fisico che sia. Egli è specialista nel proprio campo di produzione. Questa specializzazione si riscontra su scala planetaria nel quadro della divisione internazionale del lavoro. Si concepisce in occidente, si produce in Asia e si muore in Africa.



Capitolo VIII: La colonizzazione di tutti i settori della vita

“È l’uomo in sé che è condizionato al comportamento produttivo attraverso l’organizzazione del lavoro, e fuori dalla fabbrica tiene la stessa pelle e la stessa testa.”
Christophe Dejours



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Lo schiavo moderno avrebbe potuto accontentarsi della propria servitù al lavoro, ma nella misura in cui il sistema di produzione colonizza tutti i settori della vita, il dominato perde il proprio tempo nelle distrazioni, nei divertimenti e nelle vacanze organizzate. Nessun momento del suo quotidiano sfugge alla morsa del sistema. Ogni attimo della sua vita è stato sequestrato. È uno schiavo a tempo pieno.


Capitolo IX: La medicina mercantile

“La medicina fa morire più a lungo."
Plutarco


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Il degrado generalizzato del suo ambiente, dell’aria che respira e del cibo che consuma; lo stress delle sue condizioni lavorative e dell’insieme della sua vita sociale sono all’origine delle nuove malattie dello schiavo moderno. È malato della sua condizione servile e nessuna medicina potrà mai curarlo da questo male. Soltanto la liberazione più completa dalla condizione nella quale si trova prigioniero può liberare lo schiavo moderno dalle proprie sofferenze.

La medicina occidentale conosce un solo rimedio di fronte ai mali di cui soffrono gli schiavi moderni: la mutilazione. È con la chirurgia, gli antibiotici o la chemioterapia che sono trattati i pazienti della medicina mercantile. Ci si accanisce contro le conseguenze del male senza mai cercarne la causa. Le ragioni di questo accanimento sono ovvie: cercare la vera causa ci condurrebbe inevitabilmente a condannare senza appello l’organizzazione sociale nel suo complesso.

Così come ha trasformato in semplice merce ogni dettaglio del nostro mondo, il sistema attuale ha fatto del nostro corpo una merce, un oggetto di studio e sperimentazione consegnato agli apprendisti-stregoni della medicina mercantile e della biologia molecolare. E i padroni del mondo sono già pronti a brevettare la vita. Il sequenziamento completo del DNA del genoma umano è il punto di partenza di una nuova strategia messa in atto dal potere. La decodificazione genetica non ha altro scopo che amplificare considerevolmente le forme di dominazione e di controllo.

Anche il nostro corpo, come tante altre cose, ci è sfuggito.



Capitolo X: L’obbedienza come seconda natura


“A forza di obbedire si sviluppano riflessi di sottomissione.”

Anonimo



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Il meglio della vita gli sfugge, ma lui continua perché è abituato ad obbedire da sempre. L’obbedienza è diventata una seconda natura. Obbedisce senza sapere il perché, semplicemente perché sa di dover obbedire. Obbedire, produrre e consumare, questo è il trittico che domina la sua vita. Obbedisce ai genitori, ai professori, ai datori di lavoro, ai padroni di casa, ai mercanti. Obbedisce alla legge e alle forze dell’ordine. Obbedisce a tutti i poteri perché non sa fare altro. La disobbedienza lo spaventa più di ogni altra cosa perché la disobbedienza significa rischio, avventura, cambiamento. Così come il bambino si spaventa quando perde di vista i genitori, lo schiavo moderno si sente smarrito senza il potere che lo ha creato. Quindi continua ad obbedire.

È la paura che ha fatto di noi degli schiavi e che ci mantiene in questa condizione. È per paura che ci inchiniamo davanti ai padroni del mondo e accettiamo questa vita di umiliazione e di miseria.

Abbiamo però la forza numerica in confronto alla minoranza che governa. La forza non la traggono dalla loro polizia ma proprio dal nostro consenso. Giustifichiamo la nostra vigliaccheria davanti al legittimo scontro con le forze che ci opprimono con un discorso pieno di umanesimo moralizzatore. Il rifiuto della violenza rivoluzionaria è ancorato nelle menti di quelli che si oppongono al sistema nel nome di valori che questo sistema stesso ci ha insegnato.

Il potere invece non esita mai a ricorrere alla violenza quando si tratta di conservare la propria egemonia.




Capitolo XI: La repressione e la sorveglianza

“Sotto un governo che imprigiona ingiustamente, anche il posto dell’uomo giusto è in prigione.”
La disobbedienza civile, Henry David Thoreau



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Tuttavia, ci sono ancora individui che sfuggono al controllo delle coscienze. Ma sono sotto sorveglianza. Ogni forma di ribellione o di resistenza è di fatto assimilata ad un’attività deviante o terrorista. La libertà esiste soltanto per coloro che difendono gli imperativi mercantili. L’opposizione reale al sistema dominante è ormai totalmente clandestina. Per questi oppositori, la repressione è la regola in uso. E di fronte a questa repressione, il silenzio della maggioranza degli schiavi trova la propria giustificazione nell’aspirazione mediatica e politica a negare il conflitto che esiste nella società reale.



Capitolo XII: Il denaro

“E quello che una volta si faceva per l’amore di Dio, ora si fa per l’amore del denaro, vale a dire per l’amore di quello che oggi dona il senso di potere più elevato e la coscienza tranquilla.”
Nietzsche



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Come tutti gli esseri oppressi della Storia, lo schiavo moderno ha bisogno della sua mistica e del suo dio per anestetizzare il male che lo tormenta e la sofferenza che lo opprime. Ma questo nuovo dio, al quale ha consegnato l’anima, non è altro che il Nulla. Un pezzo di carta, un numero che ha significato soltanto perché tutti hanno deciso di conferirgliene. È per questo nuovo dio che studia, lavora, si batte e si vende. 

È per questo nuovo dio che ha abbandonato ogni valore ed è pronto a fare qualsiasi cosa. Crede che possedendo molti soldi si libererà dagli obblighi di cui è prigioniero. Come se il possesso andasse di pari passi con la libertà. La liberazione è un’ascesi che deriva dal controllo di sé. È un desiderio e una volontà in atto. Sta nell’essere, non nell’avere. Ma allo stesso tempo bisogna essere risoluti a non servire più, a non obbedire più. Bisogna essere capaci di rompere con un’abitudine che nessuno, sembra, osa mettere in discussione.



Capitolo XIII: Nessuna alternativa all’organizzazione sociale dominante

Acta est fabula
I giochi sono fatti



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Invece lo schiavo moderno è convinto che non c’è alternativa all’organizzazione del mondo attuale. Si è rassegnato a questa vita perché pensa di non poterne avere una diversa. Proprio qui sta la forza della dominazione presente: alimentare l’illusione che questo sistema, che ha colonizzato l’intero pianeta, è la fine della Storia. Ha fatto credere alla classe dominata che adattarsi alla sua ideologia significa adattarsi al mondo così com’è e com’è sempre stato. Sognare un altro mondo è diventato un crimine condannato all’unanimità da tutti i media e da tutti i poteri. Il criminale in realtà è chi contribuisce, consapevolmente o no, alla demenza dell’organizzazione sociale dominante. Non c’è follia più grande di quella del sistema attuale.



Capitolo XIV: L’immagine

“Se no, sappi o re, che noi non serviremo i tuoi dèi e non adoreremo la statua d’oro che tu hai eretto."
Vecchio Testamento, Daniel 3 :18



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Davanti alla desolazione del mondo reale, si tratta, per il sistema, di colonizzare l’insieme della coscienza degli schiavi. È così che nel sistema dominante, le forze di repressione sono precedute dalla dissuasione che, sin dalla prima infanzia, compie la sua opera di formazione degli schiavi. Devono dimenticare la loro condizione servile, la loro prigione e la loro vita misera. Basta vedere la folla ipnotica connessa davanti a tutti i monitor che accompagnano la loro vita quotidiana. Ingannano la loro insoddisfazione permanente nel riflesso manipolato di una vita sognata, fatta di denaro, di gloria e di avventura. Ma i loro sogni sono tutti penosi, quanto la loro vita miserabile.

Esistono immagini ovunque e per tutti. Portano in sé il messaggio ideologico della società moderna e servono da strumento di unificazione e di propaganda. Crescono man mano che l’uomo viene espropriato dal proprio mondo e dalla propria vita. I bambini sono il primo bersaglio di queste immagini perché si tratta di soffocare la libertà nella culla. Bisogna abbruttirli e sradicare ogni forma di riflessione e di senso critico. Questo accade ovviamente con la complicità sconcertante dei genitori, che non provano neanche più a resistere alla forza d’urto cumulata di tutti i mezzi moderni di comunicazione. Comprano loro stessi tutte le merci utili all’asservimento dei propri figli. Si dissociano dalla loro educazione e la consegnano al sistema dell’abbrutimento e della mediocrità.

Ci sono immagini per tutte le età e per tutte le classi sociali. E gli schiavi moderni confondono queste immagini con la cultura e, talvolta, anche con l’arte. Si richiamano gli istinti più sordidi per smaltire le scorte di merci. Ed è di nuovo la donna, doppiamente schiava nella società odierna, che paga il prezzo più alto. È ridotta ad essere un semplice oggetto di consumo. La rivolta stessa è diventata un’immagine che viene venduta per meglio distruggere il suo potenziale sovversivo. Oggi l’immagine è sempre la forma di comunicazione più semplice ed efficace. Si costruiscono modelli, si abbrutiscono le masse, si divulgano menzogne, si creano frustrazioni. Si diffonde con l’immagine l’ideologia mercantile perché l’obiettivo è sempre lo stesso: vendere, modelli di vita o prodotti, comportamenti o merci, poco importa, ma bisogna vendere.



Capitolo XV : I divertimenti

“La televisione rende idioti quelli che la guardano, non chi la fa”.
Patrick Poivre d’Arvor



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Questi poveri uomini si divertono, ma il divertimento serve soltanto a distrarli dal vero male che li soffoca. Hanno acconsentito che la loro vita fosse priva di ogni significato e fingono di esserne fieri. Provano ad ostentare la loro soddisfazione ma nessuno si lascia ingannare. Non riescono nemmeno più ad ingannare loro stessi quando si ritrovano davanti al riflesso impietoso dello specchio. Così perdono il loro tempo davanti ad imbecilli assennati a farli ridere o cantare, sognare o piangere.

Si mimano, attraverso lo sport mediatizzato, i successi e gli insuccessi, le forze e le vittorie che gli schiavi moderni hanno smesso di vivere nel proprio quotidiano. La loro insoddisfazione li incita a vivere per delega davanti al televisore. Mentre gli imperatori della Roma antica compravano la sottomissione del popolo con il pane e i giochi del circo, oggi è con i divertimenti e il consumo del vuoto che viene comprato il silenzio degli schiavi.



Capitolo XVI: Il linguaggio

“Si pensa che controlliamo le parole, ma sono le parole che ci controllano.” 
Alain Rey


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La dominazione sulle coscienze passa principalmente attraverso l’utilizzo viziato del linguaggio della classe economicamente e socialmente dominante. Con il monopolio dei mezzi di comunicazione, il potere diffonde l’ideologia mercantile attraverso la definizione rigida, parziale e faziosa, che dà alle parole.

Le parole sono presentate come neutre e come se la loro definizione andasse da sé. Ma sotto il controllo del potere, il linguaggio indica sempre una cosa diversa dalla vita reale.
È innanzitutto un linguaggio della rassegnazione e dell’impotenza, il linguaggio dell’accettazione passiva delle cose così come sono e come devono rimanere. Le parole lavorano per conto dell’organizzazione dominante della vita e il solo fatto di utilizzare il linguaggio del potere ci condanna all’impotenza.

Il problema del linguaggio è al centro della lotta per l’emancipazione umana. Non è una forma di dominazione che si aggiunge alle altre, è il cuore stesso del progetto di asservimento del sistema totalitario mercantile.

È con la riappropriazione del linguaggio e quindi della comunicazione reale tra le persone che emerge nuovamente la possibilità di un cambiamento radicale. È così che il progetto rivoluzionario si congiunge con il progetto poetico. Nell’effervescenza popolare, la parola è presa e reinventata da gruppi numerosi. La spontaneità creatrice s’impadronisce di ognuno e ci unisce tutti.



Capitolo XVII: L’illusione del voto e della democrazia parlamentare

“Votare, è abdicare.”
Élisée Reclus



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Tuttavia, gli schiavi moderni si sentono pur sempre cittadini. Credono di votare e decidere liberamente chi condurrà i loro affari. Come se potessero ancora scegliere. Ne hanno soltanto l’illusione. Pensate che ci sia ancora una differenza fondamentale per quanto riguarda il tipo di società nella quale vogliamo vivere tra la destra e i socialisti in Francia, tra i democratici e i repubblicani negli Stati Uniti, tra i laburisti e i conservatori nel Regno Unito? Non esiste opposizione perché i partiti politici dominanti sono d’accordo sull’essenziale e cioè sul mantenimento della società mercantile. Non esistono partiti politici che rimettono in discussione il dogma del mercato in grado di accedere al potere. 

E con la complicità mediatica, questi partiti monopolizzano l’apparenza. Bisticciano su dei particolari purché tutto rimanga come prima. Litigano per sapere chi occuperà i posti offerti dal parlamentarismo mercantile. 

Questi patetici battibecchi sono ripresi dai media per occultare un vero dibattito sulla scelta di società nella quale vogliamo vivere. L’apparenza e la futilità dominano sulla profondità del conflitto delle idee. Tutto questo non somiglia in nessun modo ad una democrazia.

La democrazia reale si definisce prima di tutto con la partecipazione massiccia dei cittadini alla gestione degli affari della città. È diretta e partecipativa. La sua espressione più autentica è l’assemblea popolare e il dialogo permanente sull’organizzazione della vita in comune. La forma rappresentativa e parlamentare che usurpa il nome di democrazia limita il potere dei cittadini al solo diritto di voto, vale a dire al Nulla, tant’è vero che la scelta tra il grigio chiaro e il grigio scuro non è una scelta reale. La stragrande maggioranza dei seggi parlamentari sono occupati dalla classe economica dominante, che sia di destra o della cosiddetta sinistra social-democratica.

Il potere non è da conquistare, è da distruggere. È dispotico per natura, che sia esercitato da un re, un dittatore o un presidente eletto. L’unica differenza nel caso della “democrazia” parlamentare, è che gli schiavi hanno l’illusione di scegliere liberamente il padrone che dovranno servire. Il voto ha fatto di loro i complici della tirannia che li opprime. Non sono schiavi perché esistono padroni, ma esistono padroni perché hanno scelto di rimanere schiavi.



Capitolo XVIII: Il sistema totalitario mercantile

“La natura non ha creato né padroni né schiavi, non voglio né consegnare né ricevere leggi.”
Denis Diderot


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Il sistema dominante si definisce quindi con l’onnipresenza della sua ideologia mercantile. Occupa tutto lo spazio e tutti i settori della vita. Non dice altro che: “Producete, vendete, consumate, accumulate!”. Ha ridotto l’insieme dei rapporti umani a rapporti commerciali e considera il nostro pianeta una semplice merce. Il dovere che ci impone è il lavoro servile. L’unico diritto che riconosce è la proprietà privata. L’unico dio che ostenta è il denaro.

Il monopolio dell’apparenza è totale. Si vedono e si sentono soltanto uomini e discorsi favorevoli all’ideologia dominante. La critica a questo mondo è affogata nell’onda mediatica che decide ciò che è bene e ciò che è male, ciò che si può vedere e ciò che non si può vedere. 

Onnipresenza dell’ideologia, culto del denaro, monopolio dell’apparenza, partito unico sotto le spoglie del pluralismo parlamentare, assenza di un’opposizione visibile, repressione in ogni forma, volontà di trasformare l’uomo e il mondo. Questa è la vera faccia del totalitarismo moderno chiamato “democrazia liberale” ma che bisogna chiamare ora con il suo vero nome: il sistema totalitario mercantile.

L’uomo, la società e tutto il pianeta sono al servizio di questa ideologia. Il sistema totalitario mercantile è quindi riuscito a compiere ciò che nessun totalitarismo era riuscito a fare prima: unificare il mondo a sua immagine. Oggi non c’è più esilio possibile.




Capitolo XIX: Prospettive

Man mano che la repressione si estende a tutti i settori della vita, la ribellione prende il volto di una guerra sociale. Le sommosse rinascono e annunciano la rivoluzione che verrà.

La distruzione della società totalitaria mercantile non è questione di opinione. È una necessità assoluta in un mondo che sappiamo condannato. Il potere è ovunque, ovunque e in ogni momento va combattuto.

La reinvenzione del linguaggio, lo sconvolgimento permanente della vita quotidiana, la disobbedienza e la resistenza sono le parole chiave di questa ribellione contro l’ordine stabilito. Ma per fare in modo che da questa rivolta nasca una rivoluzione, bisogna radunare le soggettività in un fronte comune.

Bisogna adoperarsi per unire tutte le forze rivoluzionarie. Questo si può fare soltanto partendo dalla consapevolezza degli insuccessi passati: né il riformismo sterile, né la burocrazia totalitaria può essere una soluzione alla nostra insoddisfazione. Si tratta di inventare nuove forme di organizzazione e di lotta.

L’autogestione nelle imprese e la democrazia diretta a livello comunale sono le basi di questa nuova organizzazione anti-gerarchica nella forma e nel contenuto.

Il potere non è da conquistare, è da distruggere.


Capitolo XX : Epilogo

“O Gentiluomini, la vita è breve… 
Se noi viviamo, viviamo per camminare sulle teste dei re.”
William Shakespeare


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Jean-François Brient
traduzione : Giorgio-Andreas Del Valentino
http://www.ufoforum.it/viewtopic.php?t=12540&mobile=off

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