mercoledì 22 luglio 2015

ROMOLO L'HA FONDATA IO L'HO SALVATA : ROMA Mary Pace

Quando si grida sempre "al lupo, al lupo", si determina, come logica conseguenza, che le pecore non siano mai attaccate. Quando invece è tutto tranquillo, quando nessuno si aspetta alcunché di tragico, si è in presenza del momento in cui il nemico sferrerà di certo il suo attacco.
Sulla rivista settimanale "Panorama", del 22 luglio 2015, è stato pubblicato un articolo alquanto sconcertante, dal titolo "Attacco al Vaticano. Un ex carabiniere (che è stato anche agente dei servizi segreti) racconta di un'atomica trafugata che minaccia San Pietro..."
Che dire, se non che l'Intelligence italiana non ha mai cambiato tattica. O meglio, non ne ha mai fatto uso. La tattica è una disciplina militare, la quale richiede uno studio approfondito, prima di essere applicata. I Servizi Informativi italiani hanno invece sempre dimostrato di non conoscerla. Laddove si fossero perfino decisi ad apprenderne i principi fondamentali, essi hanno comunque dato prova, ogni volta, di non averla utilizzata.
Di fondamentale rilevanza risulta il precetto secondo cui non si debbano divulgare i dettagli delle operazioni in corso o pregresse. Troppo spesso, infatti, sono diffuse notizie quali "abbiamo istituito un cordone di agenti in borghese lungo San Pietro, al fine di individuare la presenza di kamikaze", oppure "abbiamo posizionato sui tetti degli immobili circostanti, in punti strategici, molti tiratori scelti, pronti a colpire", ovvero "siamo in quel posto per proteggere quelle determinate persone".
Probabilmente, i diretti interessati, ovvero gli operatori dei Servizi che pubblicano le suddette informazioni, si sentiranno anche galvanizzati.
Ciò nonostante, nessuno di loro ha ben compreso un concetto fondamentale. Si deve stare zitti! Contestualmente, è poi necessario osservare e monitorare le mosse del nemico. Nel caso in cui non fossero state individuate attività di forze ostili, l'Intelligence dovrebbe raddoppiare la propria guardia. In tale circostanza, infatti, un attacco sarebbe imminente. Laddove si riscontrasse del movimento nemico, anzi, perfino in misura esagerata, si sarebbe in presenza di una falsa attività. Si tratterebbe di un tipico diversivo, ossia un'azione consistente nel convogliare l'attenzione delle Forze di Sicurezza in un luogo preciso, che sia lontano dalla zona in cui l'attentato sarà consumato.
In ogni caso, l'attentato terroristico non sarà eseguito mediante l'impiego di un ordigno atomico. Lo Stato Islamico, oppure qualche altra organizzazione criminale, si è prefissato di colpire, quale obiettivo, il Vaticano ed il Pontefice, in quanto simboli per eccellenza della Cristianità. Al Califfato non interessa affatto infierire sull'Italia, come conseguenza nociva che, appunto, si verificherebbe con la deflagrazione di un ordigno atomico. Le notizie in oggetto, diffuse da "Panorama", sono assolutamente assurde, rivelatrici di una indubbia megalomania.
L'Intelligence italiana non ha capito nulla. D'altronde, un tale evento non potrebbe essere paragonato, nemmeno lontanamente, all'operazione con cui, nel dicembre 2003, ho sventato un attentato terroristico, che si sarebbe dovuto realizzare mediante il lancio di una bomba radioattiva, con l'impiego di un aereo dai cieli della Santa Sede. Durante le varie fasi di quella mia attività, ho cercato di sapere, di immaginare, di intuire da quale parte potesse giungere il nemico. In quel caso fui comunque agevolata, poiché la mia fonte mi rivelò che il kamikaze sarebbe arrivato dall'aeroporto di Ciampino.
E' essenziale, quindi, quale primo obiettivo da perseguire, che i Servizi informativi italiani debbano tentare di scoprire da dove può sopraggiungere un attacco di forze ostili, il quale, giova ribadirlo, non sarà certamente di tipo atomico. Per esempio, l'azione nemica potrebbe essere condotta mediante un missile. Ma allora bisognerebbe interrogarsi sulle potenziali zone da dove detta arma possa essere lanciata. Inoltre sarebbe opportuno analizzare le possibili traiettorie che il missile andrebbe a seguire. Di conseguenza, si potrebbe approntare una efficace controffensiva, attraverso l'installazione di un sistema d'arma antimissile, che potrebbe intercettare ed abbattere il missile ostile. Questa è una tattica corretta, da adottare quale idonea contromisura. Peccato che l'Intelligence italiana non risulti in grado di ottemperare a tali disposizioni. I Servizi Informativi italiani si dimostrano assolutamente incompetenti.
Per coloro i quali vogliano condurre un attentato, con le modalità appena illustrate, la relativa concreta realizzazione sarebbe comunque complessa. Ogni Paese, infatti, si trova in stato di allerta, a causa della presenza di un alto rischio di attentati.
Il pericolo, serio e reale, sussiste solo quando nessuno si aspetta alcunché. Le operazioni, gli attacchi, si organizzano e si portano a termine quando invece tutti dormono.
Purtroppo, l'Intelligence del nostro Paese si è sempre limitata, come modus operandi, a fomentare la paura, ossia a spaventare la popolazione. Così facendo, tali Istituzioni sono convinte di intimorire anche il nemico. Tuttavia, esse incorrono in evidenti errori. Il nemico, infatti, è furbo e non si lascia raggirare da questi trucchi.
L'attentato dell'11 settembre 2001 è stato predisposto materialmente da uomini dell'Intelligence USA, pur essendo stato concepito dalla mente diabolica del Mossad. Ma nessuno avrebbe mai pensato, e nemmeno sospettato, che potesse accadere un fatto del genere.
I Servizi informativi non dovrebbero mai scoprirsi inutilmente. Ciò sarebbe assolutamente deleterio per se stessi. Viceversa, essi devono costantemente dare l'impressione che tutto sia tranquillo e, nel contempo, essere in realtà duramente impegnati nelle proprie attività.
Bisogna sempre sapere da quale fonte si possa essere colpiti, con quale mezzo, da quale parte. Solo conoscendo tali fattori sarà possibile prevenire tempestivamente un attacco. Mary Pace


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