lunedì 21 maggio 2018

Dmitry Orlov: Tanta rivoluzione colorata per nulla


Tanta rivoluzione colorata per nulla
Il nostro concetto di successo cambia con l’età. Quando siamo giovani ma non abbastanza maturi, siamo in grado di impegnarci in ogni genere di ridicola impresa. Poi, quando non siamo più giovani, un viaggio riuscito fino alla dependance è abbastanza per festeggiare. Lo stesso vale per gli imperi che invecchiano. Quando sono giovani, riducono in rovina grandi paesi importanti, ma poi li aiutano a ricostruirli. Poi si limitano a ridurli in rovina. Ancora più tardi, tentano di spazzare via paesi piccoli e deboli, e falliscono anche in questo. Alla fine fallimenti simili diventano troppo piccoli per essere notati. Avete notato cosa è appena successo in Armenia? Esattamente.

Nel caso non lo sapeste, gli armeni sono una delle nazioni più antiche della Terra. L’Armenia ebbe inizio come Regno di Urartu intorno al 9000 a.C., e persiste fino ad oggi, anche se la maggior parte degli armeni ora costituisce una nazione in diaspora, come gli ebrei. Fino agli anni ‘90 l’Armenia faceva parte dell’Unione Sovietica e beneficiava enormemente da questa inclusione, ma dopo la sua dissoluzione, ha languito. Praticamente tutte le industrie che i sovietici avevano costruito in Armenia cessarono di funzionare, e gli specialisti che vi lavoravano migrarono verso pascoli più verdi. L’Armenia si deindustrializzò e divenne in gran parte agricola, la sua economia si concentrò su materie prime come albicocche, vino e brandy, oltre a un po’ di turismo.
Le difficoltà dell’Armenia hanno a che fare con alcuni problemi causati dalla sua posizione. L’Armenia è senza sbocco sul mare, senza accesso alle principali rotte commerciali. Confina con paesi che vanno dall’inutile all’ostile: la Georgia è più o meno ostile e anche economicamente inutile; la Turchia è utile ma ostile; così come l’Azerbaigian (abitato dai turchi azeri); l’Iran è inutile (e anche il nord di questo paese è abitato da turchi azeri). Aggiungete una regione contesa tra Armenia e Azerbaigian (il Nagorno Karabakh), abitata da armeni ma rivendicata dall’Azerbaigian, che richiede la presenza di forze di pace russe per il mantenimento dello status quo, e otterrete una ricetta per il limbo economico e politico.
Le cose sembravano un po’ tristi in Armenia, ma poi si è unita all’Unione Economica Eurasiatica, che è una zona di libero scambio che include la Russia e altre ex repubbliche sovietiche. Fornisce un’area molto ampia per la libera circolazione di capitali, beni e lavoro, e ci sono piani per fornire garanzie di sicurezza. Grazie in gran parte alla sua appartenenza all’EAEU, l’anno scorso l’economia armena è cresciuta di uno strabiliante 7,5% e le persone a Washington, DC e Langley, in Virginia, si sono messe a sedere e hanno preso nota. L’establishment americano considera le storie di successo centrate sulla Russia come le più preoccupanti. Era giunto il momento di mettere l’Armenia alle corde.
Utile a questo sforzo è stato il fatto che Erevan, la capitale dell’Armenia, ospita il secondo più grande complesso di ambasciate statunitensi del mondo, dotato alla perfezione di cambiatori di regime addestrati. Aggiungete a ciò la presenza di ONG occidentali, generosamente finanziate da George Soros e altri, che aiutino nello sforzo. Tutti si sono spinti in direzione, per dirla senza mezzi termini, dello smantellamento dell’Armenia e sulla sua trasformazione in un altro territorio denaturato, gestito alla perfezione da burocrati e banchieri internazionali. In particolare, hanno spinto verso una riforma costituzionale che l’ha trasformata da repubblica presidenziale a parlamentare (una mossa stupida per un paese che si trova in uno stato permanente di quasi guerra a causa di vicini ostili e territori contesi).
Aggiungete a questo il fatto che l’Armenia è un po’ ingenua. Il fatto che il paese d’origine finisca col riempirsi quasi completamente di imbecilli è la rovina delle nazioni in diaspora. Prendete una popolazione di ratti. (Si badi bene, non sto confrontando gli armeni con i topi, sto confrontando l’Armenia con un esperimento di laboratorio). Lasciate che tutti i topi abbastanza intelligenti da uscire con successo da un labirinto – o, nel caso dell’Armenia, di imparare una lingua straniera, prendere un passaporto e un visto, e trovare un lavoro in un paese straniero – scappino, e poche generazioni dopo molti dei topi che non sono fuggiti saranno stupidi come la merda.
E così la Mafia delle Rivoluzioni Colorate si è messa al lavoro. Dopo alcuni giorni di proteste di piazza che hanno paralizzato la capitale, il Parlamento è rimasto sufficientemente intimidito da eleggere come primo ministro Nikol Pashinyan, un politico la cui fazione parlamentare aveva meno del 10% dei consensi. Lo sforzo è stato favorito dal fatto che l’ex Primo Pinistro era piuttosto inefficiente e non sembrava comunque gradire il suo lavoro. Si pensava che il nuovo Primo Ministro sarebbe stato un riformatore filo-occidentale.
In precedenza pensavo che la Mafia delle Rivoluzioni Colorate fosse praticamente morta. In effetti, tutte le principali nazioni hanno sviluppato l’immunità ad essa. La sua ultima vittima è stata l’Ucraina, che sta ancora attraversando le varie fasi del collasso. La Russia è ora chiaramente immune. Il campione dell’Occidente Aleksej Navalny, che era stato indottrinato in tecnologia politica della rivoluzione colorata a Yale, e che era destinato a rovesciare Putin con l’aiuto di una grande folla di adolescenti idioti al suo seguito, è ora un pifferaio magico usato dal Cremlino per liberare le città dagli adolescenti idioti. L’Ungheria ha appena bandito Soros insieme a tutti coloro che navigano sulla sua scia. Ma i rivoluzionari colorati si stanno rifiutando di tornarsene a casa strisciando. Dopotutto, hanno ancora soldi da spendere destabilizzando regimi che diventano troppo accondiscendenti con Mosca, o si rifiutano di giocare a pallone con Washington. E così, hanno deciso di scegliere un obiettivo piccolo e morbido: l’Armenia.
Ma anche in Armenia le cose non sono andate come previsto. I pianificatori della rivoluzione colorata hanno trascurato di prendere in considerazione alcuni parametri dell’equazione politica armena. Innanzitutto, l’Armenia riceve molto denaro dagli armeni che vivono e lavorano in Russia. Secondo, circa la metà della popolazione armena è, per dirla in un modo politicamente scorretto ma accurato, russa: parla russo, è culturalmente in sintonia con la Russia, ed è ancora un’altra nazione che fa parte della grande famiglia di oltre 100 nazioni distinte che si definiscono russe. Terzo, Nikol Pashinyan è un tipo volubile. Ha iniziato come nazionalista, poi è diventato filo-occidentale, e domani diventerà quello che ci vuole in base a da che parte soffia il vento. Ha carisma, ma è fondamentalmente un peso leggero: uno che ha abbandonato l’università senza esperienze di governo o nel mondo degli affari, ma ha istinti opportunistici da vendere.
La natura malleabile di Pashinyan è diventata evidente mentre faceva pressioni sulla sua candidatura davanti al Parlamento armeno. In un primo momento, non aveva affatto una piattaforma e aveva appena espresso vaghi sentimenti filo-occidentali. Rendendosi conto che questo non avrebbe funzionato, ha cambiato marcia ed è diventato decisamente filo-russo. Per essere sicuri, dopo aver assunto il premierato, il suo primo incontro come capo di stato è stato con Vladimir Putin, e le dichiarazioni pubbliche hanno riguardato i legami che uniscono la grande nazione russa e la meno grande nazione armena. Poi è andato al summit dell’EAEU a Sochi, sembrando un po’ alle prime armi accanto a tutti gli statisti stagionati riuniti lì, ma ha ottenuto rassicuranti pacche sulle spalle dai vari personaggi eurasiatici. Il messaggio di base sembrava essere, non rovinare tutto e riuscirai a mantenere una crescita del PIL del 7,5% annuo e sembrerai un eroe.
Quindi, che cosa hanno ottenuto Washington, Langley, Soros e il resto della Mafia delle Rivoluzioni Colorate con tutto questo sforzo e le decine, forse centinaia di milioni di dollari che hanno speso cercando di rimodellare l’Armenia in una nazione occidentale vassalla o, in mancanza di ciò, di trasformarla in uno stato fallito? Sono abbastanza sicuro che nemmeno loro conoscono la risposta a questa domanda. I brillanti geopolitici occidentali hanno guardato una mappa e, vedendo un piccolo, debole, vulnerabile paese posizionato strategicamente tra la Russia e l’Iran, hanno pensato: “Dovremmo andare a farci un po’ di casino”. E così hanno fatto. Ma guardando i risultati, avrebbero potuto benissimo restare a casa, fare un viaggio riuscito fino alla dependance, e celebrare la vittoria.
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Articolo di Dmitrij Orlov pubblicato su Club Orlov il 15 maggio 2018.
Traduzione in italiano a cura di Raffaele Ucci per SakerItalia.

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