venerdì 4 aprile 2014

BAGNAI: USCIRE DALL’EURO SIGNIFICA DIFENDERE L’EUROPA. DIFFIDATE DAI MEDIA, NASCONDONO I VERI DRAMMATICI NUMERI DI QUESTA CRISI



 





DIBATTITI / IL NOTO ECONOMISTA ALBERTO BAGNAI A TUTTO CAMPO: SECESSIONISTI VENETI, RENZI, EURO, MENZOGNE DEL CORRIERE…

venerdì 4 aprile 2014
Oggi criticare l’euro e proporre vie d’uscita, è l’unico modo per difendere l’Europa». Di questo è sicuro l’economista anti-euro, Alberto Bagnai.

In questa intervista, il professore di politica economica all’Università d’Annunzio di Pescara, si è detto convinto che l’unico modo per uscire dalla crisi è analizzare le vere ragioni che l’hanno causata. Obiettivo questo, anche alla base del convegno che l’economista, con la sua associazione “Asimmetrie”, ha organizzato per sabato 12 aprile all’Auditorium Antonianum di Roma, dove parteciperanno importanti economisti da tutta Europa, come Frits Bolkestein (ex Commissario Europeo per il mercato interno, la tassazione e l’unione doganale) e Hans-Olaf Henkel, (già a capo della Confindustria tedesca e ora capolista di Alternativa per la Germania alle europee), ma anche tanti politici.
  Marie Le-Pen, Tsipras, Grillo. A pochi mesi dalle elezioni europee, sembra che i movimenti anti-Europa stiano prendendo piede, con forti ripercussioni sui territori. Il caso dei secessionisti veneti lo dimostra. Come legge questa escalation?
«Il veneto come regione del nordest è sicuramente una delle regioni che è stata più colpita dalla crisi economica e in particolare dalle dinamiche della moneta unica. Quindi dal fatto di avere un euro che per l’Italia è, in realtà, un “Marco” travestito. E che deve competere con le altre economie, come quella tedesca, per le quali, invece, l’euro è una “Lira” travestita. Naturalmente di fronte a questa realtà economica, i mezzi d’informazione politici diffondono messaggi demagogici e populisti, dando la colpa, a cose come la corruzione o la spesa pubblica, spesso falsando i dati».
Come quelli che lei ha “corretto” del Corriere della Sera, che facevano percepire come i numeri della disoccupazione attuale ( 12,1%) fossero tornati ai livelli del 1977. Lei ha prontamente ricordato che a quei tempi era del 7%…
«È stata una correzione non particolarmente fraterna, forse dai toni un po’ accesi ma va anche chiarito il concetto che purtroppo noi siamo in presenza di qualcosa che somiglia molto a un progetto deliberato di falsificazione della storia economica recente. In questo momento, quello che un certo sistema dei media vuole fare è convincerci che non siamo capaci di governarci da soli, che non ci possiamo permettere la democrazia e che quando avevamo degli strumenti di politica economica a disposizione, cioè negli anni ’70 e ’80, le cose andavano più o meno come adesso. È vero che c’erano più tensioni, ricordiamo il terrorismo, ma è anche vero che in quegli anni non abbiamo mai assistito a una disoccupazione come quella attuale e a una recessione, che oggi è senza precedenti dall’Unità d’Italia».
Parlando di mezzi di comunicazione: come giudica lo spot della Rai “pro-Europa”?
«Va capita una cosa: chi critica l’euro è attualmente l’unico vero europeista perché si batte contro quello che tanti economisti, anche di orientamento ideologico diverso, avevano auspicato. Posso citare, forse poco noti al grande pubblico, personaggi come il baronetto Nicholas Kaldor o Martin Feldstein, che, su posizioni diverse, sapevano che fare la moneta prima dell’unione politica avrebbe creato un’enorme disastro economico e sociale e avrebbe compromesso, forse definitivamente, il progetto di integrazione europea. Chi ha realizzato questo disastro, ora ci fa delle belle pubblicità molto allettanti e incoraggianti, mentre che l’euro sta distruggendo l’Europa».
Pensa che il governo Renzi possa avere in mano le soluzioni per uscire dea questo tunnel? Che idea si è fatto delle iniziative sul lavoro presenti nel “Jobs Act”?
«Quello che si ignora generalmente nel dibattito italiano è che il nostro mercato del lavoro, secondo gli indicatori dell’Ocse è già uno dei più flessibili in Europa, in particolare più flessibile di quello della Germania. Si può discutere se sia o no una buona flessibilità ma in questo momento il problema del lavoro è che non c’è. E non c’è non perché gli imprenditori non assumono per paura di non poter gestire in modo flessibile la risorsa , cioè in buona sostanza dare un calcio nel sedere se le cose vanno male; gli imprenditori non assumono perché sanno che se i beni verranno prodotti non potranno essere venduti perché non c’è domanda. È abbastanza evidente alla maggior parte degli economisti che Renzi sta su una strada sbagliata».
Sembra però che Renzi nel suo tour europeo abbia riscosso numerosi consensi…
«Dobbiamo renderci conto che in questo momento una fonte di lacerazione economica dell’Europa risiede nel fatto che alcuni Paesi hanno prestato molti soldi ad altri. Alcuni sono molto creditori e altri sono debitori. Noi siamo più dal lato dei debitori. Il fatto che un nostro governante riscuota abbastanza consensi in giro per l’Europa, in realtà ci dovrebbe preoccupare. Tutti sanno, infatti, che gli interessi di un debitore non sono quelli del creditore. Faccio un esempio: se c’è inflazione il creditore è svantaggiato perché riceve indietro della moneta che vale di meno, tutto a vantaggio del debitore. Questo è esattamente il motivo per il quale non si riesce a trovare una quadra a livello europeo sul ruolo della Bce».
Si spieghi meglio.
«La Banca centrale europea, dovrebbe tenere l’inflazione vicina al 2%, ma come tutti sanno in Europa l’inflazione oggi si aggira intorno allo 0,7% e alcuni Paesi sono letteralmente in deflazione. Questo perché c’è un dibattito politico che noi non vediamo, attraverso il quale la Germania impone le sue volontà. Io non ho voglia di fare bella figura con un tedesco, ma voglio discutere gli interessi dell’Europa su un piano di parità. Non è molto rassicurante che il capo del Governo italiano si “spalma” per convergere sulle posizioni dei governanti di altri Paesi e della Germania. Questa politica rischia di farci entrare in contrasto con gli Stati Uniti, i quali non sono contenti che l’Europa non contribuisca alla ripresa mondiale e che solo Washington e il Giappone debbano sostenere il peso delle politiche espansive».

venerdì 4 aprile 2014

fonte: http://bastacasta.altervista.org 
 
edoardo-medini.blogspot.com 

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