DAL BLOG DI FERNANDO TERMENTINI
http://fernandotermentini.blogspot.it/
Si è
scritto molto sulle interpretazioni indiane del Diritto Internazionale, della
Convenzione di Montego Bay e delle garanzie che il Diritto pattizio assicura a
chi opera in ambienti
internazionali od in altri paesi perchè
incaricato di garantire la sovranità e la sicurezza al proprio Paese.
Tutti
hanno condiviso che Delhi nel caso della vicenda dei due Fucilieri della Marina
Militare
Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ha
prevaricato anche le norme più elementari che regolano i rapporti fra Stati,
rinnegando anche atti internazionali concordati sotto l’egida delle Nazioni
Unite e sottoscritti dal Governo indiano.
Una verità
ormai riconosciuta da tutti, ma forse ignorata unicamente da alcuni esponenti
istituzionali italiani assoggettati all’arroganza indiana e che, per taluni aspetti,
la condividono accettando che i nostri Marò siano sottoposti a processo penale
in India nonostante che i fatti a loro addebitati sono avvenuti inequivocabilmente
in acque internazionali, su territorio italiano e quindi assolutamente non di
competenza indiana.
In
questo contesto, chi dovrebbe invece puntare i piedi per garantire il rispetto
della sovranità nazionale e del Diritto consolidato sul piano internazionale
unica garanzia per la sicurezza globale,
accetta l’indecente approccio indiano, a partire dalla recente minaccia
di ritorsioni nei confronti dell’Ambasciatore italiano. Un’azione che potrebbe ripetersi come modello ormai consolidato in considerazione
che l’Italia, a suo tempo, ha
supinamente accettato l’iniziativa indiana.
L'India
è arrivata a marzo a minacciare di
arrestare l'Ambasciatore italiano perché, come annunciato dal dott. De Mistura
l’11 marzo 2013 i Ministri italiani coinvolti nella vicenda avevano deciso, con la condivisione dell’allora
Presidente del Consiglio, di non "riestradare" i due Fucilieri di Marina in India dopo la
scadenza del permesso di quattro settimane per partecipare alle elezioni
politiche in Italia.
Un’azione
arbitraria che potrebbe ripetersi solo se l’Italia tornasse a non condividere o
semplicemente a contrastare il “modus operandi” di Delhi, attuando un ricatto
infinito ed inaccettabile sul piano formale e sostanziale.
Qualsiasi
Ambasciatore non può rappresentare in qualsiasi controversia
internazionale “merce di scambio”. Egli beneficia
di determinati diritti e privilegi la maggior parte dei quali codificati nella
Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 1961. L 'articolo 29 della
Convenzione recita, infatti : la persona del diplomatico è inviolabile. Egli
non può essere sottoposto ad alcuna
forma di arresto o di detenzione. Lo Stato di residenza lo deve trattare con il
dovuto rispetto e deve adottare tutte le misure necessarie per prevenire ogni
attacco alla sua persona, alla sua libertà o alla sua dignità.
Addirittura
all’articolo 39 della Convenzione si legge: …….l’immunità cessa quando il
titolare della stessa termina le proprie funzioni e lascia il Paese dove è
accreditato …… ma deve sussistere fino a questo momento, anche in caso di
conflitto armato. Inoltre l’immunità continua a sussistere per tutti gli atti
compiuti dal diplomatico nell’esercizio delle proprie funzioni….. .
La
norma sull'immunità diplomatica si applica a qualsiasi azione penale o civile,
non è un privilegio alla persona ma una garanzia alle funzioni della carica che
essa rappresenta, uno scudo importante
che deve essere gestito da un
sistema internazionale capace di creare e mantenere canali di
comunicazione aperti, per evitare che uno Stato, in un qualsiasi controversia, eserciti
attraverso fantasiose accuse un ricatto politico nei confronti di un altro
Paese.
L’India,
di fatto, da più di sedici mesi sta esercitando questo ricatto e l’Italia
dimostra giorno dopo giorno di non essere in grado di contrastarlo preferendo
ancora una volta la strada del compromesso e dell’accondiscendenza. Un’Italia
che a marzo ha consentito a Delhi di minacciare l’arresto del nostro Ambasciatore pur non avendo motivi legali per farlo e di impedirgli di
fare ritorno nel proprio Paese forzandone ogni diritto.
L’Italia ha accettato tutto questo e sta continuando
a subire una palese prevaricazione della propria sovranità nel momento che il
Ministro Bonino ufficializza che “il processo a carico di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone , i
due fucilieri della Marina militare trattenuti in India, inizierà a luglio e i
due marò saranno "difesi da un collegio di avvocati italiani dello Stato e
da avvocati indiani” e quando il Vice Ministro agli Esteri Pistilli
parla di “regole di ingaggio” concordate con gli indiani per la soluzione del
problema.
Il tutto mentre il dott. De Mistura,
rappresentante del Governo delegato a gestire la vicenda, diventato un
“pendolare con l’India” , non ritiene,
come atto di rispetto nei confronti degli italiani, di informare l’opinione pubblica sui
risultati della “Sua intensa azione di negoziati” a favore di due cittadini
italiani.
Una
vicenda nata male e diventata nel tempo sempre più difficile ed ermetica. Solo un fatto è certo: l’India calpesta il Diritto
Internazionale e l’Italia dimostra accondiscendenza non ricorrendo
all’arbitrato internazionale. Accetta invece il rischio di essere ancora una
volta ricattata da Delhi attraverso possibili azioni ingannevoli nei confronti
di coloro che rappresentano l’Italia in quella terra lontana che forse ha
dimenticato troppo rapidamente i concetti di democrazia ereditati dalla lunga
egemonia britannica esercitata in quel Paese.
Un’Italia
che sta dimostrando di preferire l’accettazione dell’approccio indiano, assopita
di fronte a palesi prevaricazioni della propria sovranità, complice
nell’affermare un modello di controversia fra Stati che se gestito come l’attuale può portare ad
estremizzazioni come avvenuto in un passato anche recente e che hanno
rappresentato un effetto destabilizzante sulla sicurezza internazionale.
30
giugno 2013 , ore 12,00
Nessun commento:
Posta un commento