Gli esuli umiliati a Pola
VOLEVANO RICORDARE LA STRAGE DI VERGAROLLA, MA ALCUNI TITINI E LA POLIZIA HANNO FATTO SPARIRE LO STRISCIONE. UN RAPPRESENTANTE DELL'AMBASCIATA ITALIANA IN CROAZIA NON È INTERVENUTO
VOLEVANO RICORDARE LA STRAGE DI VERGAROLLA, MA ALCUNI TITINI E LA POLIZIA HANNO FATTO SPARIRE LO STRISCIONE. UN RAPPRESENTANTE DELL'AMBASCIATA ITALIANA IN CROAZIA NON È INTERVENUTO
Un gruppetto di esuli umiliati e costretti, in modi spicci, a togliere di mezzo uno striscione che chiede “Giustizia per i ventimila italiani infoibati e uccisi in Istria, Fiume e Dalmazia” fra il 1943 e dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Nostalgici di Tito che gridano “viva il comunismo” e “morte ai fascisti” contro i “provocatori” con lo striscione durante la manifestazione che ricorda una terribile strage di italiani sulle spiagge di Pola. Gli organizzatori della locale Comunità italiana e gli esuli del Libero comune di Pola in esilio inviperiti dal fuori programma con lo striscione. L’incaricato d’affari dell’ambasciata italiana a Zagabria, Marco Salaris, che non batte ciglio e si guarda bene dall’intervenire.
Il tutto ripreso in un video inviato a il Giornale, che dimostra come sia ancora lunga e delicata la strada della riconciliazione con i nostri vicini appena entrati in Europa. Il 18 agosto è stato commemorato a Pola l’eccidio di Vergarolla. Lo stesso giorno del 1946 alcune mine marine in disuso saltarono in aria sulla spiaggia istriana gremita da famiglie di italiani. Fra 80 e 100 le vittime, ma solo 64 vennero identificate. Dietro la strage c’erano gli agenti dell’Ozna, la polizia segreta di Tito, che voleva dare un sanguinoso segnale all’unica città istriana, a maggioranza italiana, ancora sotto controllo inglese. L’eccidio di Vergarolla, gli infoibamenti e le violenze dei titini provocarono l’esodo di oltre 200mila italiani dall’Istria, Fiume e Dalmazia.
Da qualche anno il ricordo viene celebrato assieme dalla principale associazione degli esuli polesani e dai rimasti della minoranza italiana in segno di riconciliazione. Alla manifestazione era presente anche l’Assessore alle Finanze della Regione Friuli Venezia Giulia, Francesco Peroni.
Un gruppetto di sette esuli “ribelli” guidati da Romano Cramer si è presentato con un paio di bandiere italiane e lo striscione bianco a caratteri neri per chiedere giustizia per gli infoibati, una verità storica senza ombra di dubbio. “La nostra era una manifestazione pacifica - spiega Cramer - A Trieste sono sfilati i sostenitori di Tito con bustine e stelle rosse anche sulle bandiere italiane a festeggiare l’occupazione della città (40 giorni di terrore nel maggio-giugno 1945 nda) senza che nessuno poliziotto intervenisse per fermarli. Noi, invece, siamo stati u Gli esuli del Libero comune di Pola la pensano diversamente. Secondo un loro rappresentante “il momento ed il luogo erano sbagliati. E’ l’unica occasione in cui noi ed i croati ricordiamo delle vittime italiane del periodo titino. E stavamo arrivando anche a far mettere sul monumento i nomi di tutti i morti identificati. Dopo questa sceneggiata siamo punto e a capo”.
Le immagini del video parlano chiaro. Contro lo striscione della discordia, che chiede solo “giustizia per gli infoibati” intervengono subito i rappresentanti della Comunità italiana di Pola. Secondo gli esuli “ribelli” sostenendo che avrebbe compromesso la strada della “rappacificazione e riconciliazione fra i popoli”.
Delle guardie private in maglietta blu, assoldate dagli organizzatori della manifestazione, sono riprese mentre si fanno avanti per bloccare il fuori programma, ma sembrano titubanti. Ad un certo punto una voce fuori campo, in italiano, di qualche nostalgico di Tito del posto tuona: “Viva il comunismo”. I passanti e qualche turista si stupiscono, ma capiscono ben poco. Il clima si surriscalda e parte il vecchio slogan “morte ai fascisti” rivolto agli esuli con lo striscione. Alla manifestazione ufficiale davanti al cippo che ricorda la strage, pur con una formula poco chiara, fanno suonare il silenzio e gli animi sembrano calmarsi.
Le note dell’omaggio ai caduti non si sono ancora spente, quando si fa avanti un deciso poliziotto croato in borghese, che controllava la manifestazione. Un tipo corpulento, con la maglietta a righe, che viene spalleggiato dalle guardie private e con modi bruschi fa arretrare gli esuli “ribelli” ed arrotolare a forza lo striscione.
Non proprio un encomiabile biglietto da visita per la Croazia in Europa. Salaris, l’incaricato d’affari dell’ambasciata presente ufficialmente alla celebrazione non muove un dito. Gli esuli ribelli sospettano addirittura che abbia avallato l’intervento della forza pubblica. Sul sito della nostra rappresentanza diplomatica a Zagabria non si fa alcun cenno all’ “incidente”, ma si sottolinea “la ritrovata fratellanza tra popoli europei, suggellata quest’anno dall’ingresso della Croazia nell’Unione Europea”
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