09 agosto, 2013 - E’ arrivato ieri a Kochi, stato indiano del Kerala, Carlo Noviello,
che all’epoca dei fatti che coinvolgono i Marò era il comandante in
seconda della Enrica Lexie. Oggi Noviello comparirà come teste davanti
agli inquirenti della NIA, National Investigation Agency, una sorta di
FBI dell’India, per fornire la sua versione sul caso Marò. La sua
deposizione riveste particolare importanza perchè è un teste oculare che
ha assistito direttamente all’intervento di contrasto alla pirateria
posto in atto dai fucilieri del San Marco alle 16.30 dell’infausto
pomeriggio di quell’ormai lontano 15 febbraio del 2012.
Lascia perplessi
che l’interrogatorio si svolga nel Kerala, non a New Delhi dove ha base
la NIA, e che veda il coinvolgimento della polizia di stato locale e
portuale, cioè di coloro che hanno brigato nel modo più scellerato per
falsificare prove, deposizioni e depistare le indagini al fine di
costruire un falso castello accusatorio, un teorema privo di qualsiasi
fondamento o di obbiettivi riscontri probatori nei confronti di Latorre e
Girone. Ma tant’è, questo passa il convento.
Ricordiamo che tra le
“perle” inanellate dalla polizia del Kerala ci sono lo spostamento
accertato di 5 ore del momento della sparatoria, la distruzione della
scena del crimine, cioè il peschereccio St Antony, nonchè la mancata
pubblicazione del rapporto finale delle perizie balistiche, le cui
risultanze a tutt’oggi restano avvolte nel più impenetrabile mistero. Va
sottolineato nel merito, che l’anatomopatologo che eseguì la prima
perizia necroscopica sul corpo delle vittime, escluse categoricamente
che le ogive rinvenute nei cadaveri fossero compatibili con quelle delle
armi in dotazione ai Marò. Nè in due mesi di minuziose perquisizioni a
bordo della Lexie furono mai rinvenute armi che potessero essere
compatibili con tali ogive.
Come non bastasse, la polizia del Kerala fece confusione con le
lingue in cui erano scritti gli atti, una vera Torre di Babele tra
malayalam, italiano ed inglese, che non ha dato modo ai vari
protagonisti della vicenda, ad esempio ai Marò, di verificare se quanto
trascritto riflettesse puntualmente quanto affermato verbalmente nel
corso degli interrogatori. Da questo punto di vista la testimonianza di
Carlo Noviello è fondamentale e risulterà decisiva per smontare uno dei
pochi puntelli al quale gli indiani avevano cercato di ancorare le loro
labili accuse ai fucilieri italiani. In un documento prodotto dalla
polizia del Kerala viene attribuito al Noviello di aver riferito che i
Marò spararono contro il peschereccio per neutralizzarne preventivamente
l’attacco.
Ora non è dato sapere esattamente quale sarà il contenuto
della deposizione di Noviello, sia perchè il suo interrogatorio si
svolge nel momento in cui stiliamo questa nota, sia perchè, per ovvie
ragioni di opportunità, quella che sarà la sua deposizione è circondata
dal più stretto riserbo, non è che di Antonio Esposito al di fuori
dell’Italia ce ne siano tanti in circolazione. Ma secondo quanto
trapelato da ambienti legali vicini al collegio difensivo dei nostri
fucilieri, il vice comandante Noviello si appresta a negare recisamente
di aver mai affermato una cosa del genere e che la sua versione dei
fatti è stata quanto meno travisata, se non addirittura deliberatamente
manipolata, perchè in effetti ha sempre sostenuto che i Marò spararono
in acqua, non addosso al peschereccio.
Con la deposizione di Noviello si completa l’escussione di tutti e
sei i testimoni convocati dalla NIA. Tra questi si annovera il
comandante della Lexie Umberto Vitelli al quale la polizia del Kerala
aveva attribuito una dichiarazione assai compromettente per i Marò, se
verificata, cioè di non aver sentito i segnali acustici di
preavvertimanto prima di sentire i colpi di arma da fuoco. Una versione,
anche questa, risultata del tutto campata in aria, letteralmente
inventata e che Vitelli ha già provveduto a smontare e destituire di
ogni fondamento. Rimane a questo punto il nodo gordiano delle
testimonianze, che la Nia pretende di raccogliere nel Kerala, dei
quattro Marò che si trovavano a bordo della Lexie, non indagati e che
facevano parte con Latorre e Girone del Nucleo di Protezione Militare
della nave e del suo equipaggio.
Gli indiani hanno più volte posto la
“conditio sine qua non” della loro deposizione per concludere le
indagini. In caso contrario, si asterranno dal porre termine alla fase
inquisitoria ed istruttoria, rinviando a chissà quando la soluzione del
caso. A Cordi, Alessandro Magno posto di fronte al nodo che nessuno mai
era riuscito a sciogliere decise di risolvere la questione con un ben
assestato colpo si spada che dissolse l’altrimenti inestricabile
groviglio di funi. Speriamo che la Bonino e il governo italiano si
apprestino a fare altrettanto. Se c’è la buona volontà, non sono gli
strumenti che mancano per sciogliere questa ingarbugliata vicenda e
riportare a casa i nostri eroici soldati.
(Fonte)
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