di Antonio Adamo
Domenica 29 settembre 2013
Accertato che sia stato il console italiano a Mumbai (non certo di sua iniziativa) a decidere che i militari del reggimento San Marco dovevano scendere a terra altrimenti la polizia indiana sarebbe intervenuta con la forza e si sarebbe avuto uno scontro. È quanto risulta ai carabinieri del Ros, come pure la Farnesina, hanno inviato l'atteso rapporto in Procura.
Dopo 19 mesi, ci sono le prime ricostruzioni ufficiali con due informative che descrivono quanto è accaduto al largo delle coste indiane il 15 febbraio scorso, a partire dal tentativo di abbordaggio dei pirati fino al fermo dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Sono momenti drammatici, in cui la petroliera italiana ha da poco raggiunto il porto di Kochi e ad aspettarla ci sono la polizia indiana e il console italiano a Mumbai, allertato dal ministero degli Esteri (che quindi era già al corrente di quanto accaduto).
Gli uni e l'altro salgono sulla nave, perché il nucleo militare di protezione deve spiegare cosa è successo (Qui il primo errore in quanto la polizia non poteva salire a bordo senza autorizzazione)
Ma alla polizia indiana i chiarimenti non bastano: vogliono che i marò scendano a terra.
A bordo si discute, alla fine - per evitare attriti e un conflitto armato- il console dà parere favorevole (non prima di aver chiesto istruzioni al suo diretto superiore).
"Qui ipotiziamo che la risposta sia stata:- "fateli scendere che tanto con le autorità Indiane siamo in ottimi rapporti".
E appena lasciata la Enrica Lexie Latorre e Girone vengono fermati. Il pm Francesco Scavo, volato all'Aia per l'annuale conferenza di Eurojust proprio sulla pirateria, leggerà le informative domani, al suo ritorno. E valuterà se dare il via all'inchiesta con una rogatoria.
Nel frattempo però è giallo (per modo di dire) sull'ipotizzato scambio tra l'Enrica Lexie e l'Olympic Flair: da Atene a Roma, da New Delhi a Londra si inseguono smentite e conferme.
La Marina mercantile ellenica infatti nega con decisione (e gran faccia tosta) che il suo cargo sia stato attaccato: «Non risulta che niente del genere sia accaduto a nessuna nave greca in navigazione al largo dell'India nei giorni indicati».
Però un funzionario della società armatrice, la «Olympic shipping and management», raggiunto al telefono dall'Ansa, pur senza confermare il tentativo di abbordaggio non lo smentisce.
Emerge anche una strana circostanza: la guardia costiera indiana avrebbe contattato quattro mercantili per chiedere se fossero stati attaccati dai pirati (oltre alla Enrica Lexie, il Giovanni, pure italiano, il Kamone Victoria e l'Ocean Breeze) ma non l'Olympic Flair. (Perché questa omissione? il tentativo di abbordaggio risulta, senza alcun dubbio, all'International maritime bureau dell'Icc (la Camera di commercio internazionale) di Londra, che lo ha confermato via mail alla Marina militare. Il rapporto inglese, dopo aver indicato la data, l'ora e le coordinate (9.57 latitudine nord e 76.2 longitudine est, a circa 2,5 miglia nautiche dalla costa), descrive l'attacco: «Circa 20 predoni in due barche hanno avvicinato un mercantile ancorato e hanno provato ad abbordarlo». Chi era di guardia, si legge ancora, «ha notato i predoni, ha lanciato l'allarme e ha riunito l'equipaggio. I predoni hanno rinunciato all'attacco dopo aver visto l'equipaggio allertato e mobilitato».
L'analisi Tecnica del Perito Giudiziario Luigi Di Stefano "Enrica Lexie - Le ragioni dell'innocenza" ricostruisce perfettamente la situazione di quel giorno con dovizia di particolari e prove ricavate dai filmati e documenti reperiti dopo un estenuante lavoro di ricerca e con l'aiuto di alcune persone che si sono impegnate per puro senso altruistico.
Per l'Icc «la nave a cui si riferisce l'incidente è l'Olympic Flair battente bandiera greca». E del mercantile ellenico gli inglesi forniscono anche il numero IMO, cioè il codice che identifica ogni natante superiore alle cento tonnellate: 8913966.
Per i fucilieri di marina Girone e Latorre sono passati TROPPI giorni dal loro fermo: più di un anno e mezzo dall'incidente al peschereccio St. Anthony al largo delle coste del Kerala. Da allora i due militari italiani attendono ancora che la giustizia indiana si pronunci sul caso, sulla giurisprudenza e sulle responsabilità che gli vengono attribuite.
Nuovi documenti e studi approfonditi sulla vicenda, condotti da Stefano Tronconi e Luigi Di Stefano non lascerebbero dubbi.
Il "sequestro" di Girone e Latorre sarebbe opera di due potentissimi esponenti politici indiani: Oommen Chandy e A.K.Antony. Il primo è l'attuale primo ministro del Kerala, già coinvolto in diversi casi di corruzione e scandali. Il secondo è invece l'attuale ministro della Difesa indiano, nonché predecessore dello stesso Chandy alla guida dello stato del Kerala e del Partito del Congresso locale. Essi si sarebbero forniti reciproco appoggio e avrebbero sfruttato il "caso marò" per trarne vantaggi ai fini della loro stessa carriera politica (Agevolati da una linea diplomatica Italiana assolutamente Inadeguata e lassista se non addirittura colpevole di negligenza e opportunismo) Da qui una serie infinita di manipolazioni di prove per cercare di coprire gli "errori" commessi dagli inquirenti indiani e attribuire la colpa dell'incidente alla petroliera italiana che imbarcava gli uomini del San Marco in servizio antipirateria.
Va detto, inoltre, che le nostre autorità erano da subito, con faciloneria tipica Italiana e sicure della teoria dell'incidente non voluto, convinte della colpevolezza dei nostri Fucilieri e si sono precipitati a risarcire le Famiglie delle due vittime e il proprietario del S. Antony dimostrando di accogliere le accuse delle autorità del Kerala.
Parlando ad un canale televisivo indiano il 18 maggio 2012, il sottosegretario del Ministero degli affari esteri italiano, Staffan de Mistura, ha affermato: "Loro (soldati della marina italiana) hanno cercato di inviare dei segnali. Hanno sparato in acqua e sparato dei colpi di avvertimento ed alcuni sono andati nella direzione sbagliata". Ha descritto la morte dei due pescatori nella sparatoria come un'"uccisione accidentale" e "un incidente sfortunato di cui tutti si rammaricano. I nostri soldati non volevano che questo accadesse, ma sfortunatamente è successo
Dopo di che è risultato facile, per gli scaltri politici coinvolti, approfittare dell'ingenuità e buonafede delle autorità Italiane non avvezze a confronti di tale portata e alle prese con i numerosi problemi interni.
Le tre mosse delle autorità locali sono state:
1) far sparire la documentazione originale relativa all'incidente (che però, grazie a internet, è stata interamente recuperata alcuni mesi fa);
2) esercitare forti pressioni sul proprietario del St. Anthony, Freddy Bosco, che in in primo tempo aveva dichiarato che l'incidente era avvenuto alle 21.30, salvo poi ritrattare e sostenere che invece i fatti sarebbero avvenuti alle 5 del pomeriggio, in un orario compatibile con quello in cui la Enrica Lexie denunciò di aver incontrato dei pirati;
3) imporre il silenzio sul caso, tramite un'ingiunzione, al prof.Sasikala, il medico legale che effettuò l'autopsia sui due pescatori vittime dell'incidente e che dichiarò che il proiettile estratte era di calibro incompatibile con le armi in dotazione ai militari italiani.
Al lavoro della Guardia Costiera, che avrebbe anche modificato la zona in cui sarebbe avvenuto l'incidente,
facendola ricadere nelle acque territoriali indiane (a 12 miglia dalla costa, invece che a 20) ha anche contribuito la donazione ai familiari delle vittime dell'incidente, da parte dello Stato italiano. Non solo. Da New Dehli, dove si trova Antony, arriva un sostanziale aiuto al collega di partito Chandy: "E' così che l'avvocato dello Stato inizialmente incaricato a Delhi di seguire la vicenda, avvocato che davanti alla Corte Suprema indiana afferma senza mezzi termini che quanto sta avvenendo in Kerala con il sequestro della nave e dei militari italiani è del tutto illegale, viene immediatamente sostituito con un altro avvocato pronto
docilmente a seguire le direttive politiche del clan del Kerala".
Ora, avendo la NIA svolto le indagini ex novo su ordine della Suprema Corte, non potendo effettuare riscontri sugli esami del patologo ne su quelli balistici deve basarsi sulle prove testimoniali di conseguenza, non ritenendo valide quelle acquisite a suo tempo degli altri quattro Fucilieri del Team, è naturale che non possa presentare le proprie conclusioni al giudice designato in quanto non verrebbero accettate essendo incomplete; di qui l'allungamento dei tempi per Max e Salvo.
Considerato tutto questo e facendo una previsione giuridica di quello che potrebbe decidere un giudice monocratico, sulla base degli elementi che gli verranno presentati e sentito il parere di eminenti giuristi Indiani, si può ragionevolmente affermare che potrà essere sancito il "non luogo a procedere" oppure "assolti per non aver commesso il fatto".
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