A New Dheli c'è un pezzo di Italia, una parte di Italia che
non può e non deve essere lasciata sola, che non può essere lasciata oscillare
tra i dubbi e l'incertezza di un destino processuale che non riguarda
semplicemente Salvatore Girone e Massimiliano Latorre ma che riguarda la
responsabilità italiana nel come affronta le situazioni di difficoltà, del come
lo Stato sappia corrispondere a quella promessa di dedizione, rispetto e,
quando necessario, coraggio che uomini e donne ogni giorni rendono reale con il
loro operato.
Possiamo comprendere le attenzioni, il delicato e attento muoversi nelle parole della diplomazia che portano evidentemente alcuni componenti del governo ad assumere posizioni di prudenza rispetto ai progressi nella difficile gestione del procedimento a carico dei nostri fucilieri di marina, ma non possiamo lasciare incertezze nel pieno e determinato sostegno che, come rappresentanti delle istituzioni, che, come cittadini italiani, dobbiamo ai nostri uomini.
Dobbiamo come Parlamento prendere atto che quello che accade a Massimiliano Latorre e Salvatore Girone ci riguarda e ci chiede di avviare un lavoro attento e meticoloso per assicurarci che non si possano più ripetere casi simili. Tutto ciò di cui oggi parliamo è nato dalla crescente insicurezza nei mari, strade che garantiscono i nostri interessi, percorsi attraverso i quali viaggiano merci che sono ancora, nel 2013, sottoposte a frequenti attacchi di pirateria. Deve proseguire senza un attimo di pausa o incertezze di sorta il lavoro diplomatico in tutte le sedi per riportare i nostri fucilieri a casa e dobbiamo impegnarci concretamente a rafforzare le misure di sicurezza e il quadro di accordi internazionali legati alle operazioni di tutela e controllo.
Troppo spesso in Italia abbiamo confuso il rispetto e l'orgoglio verso coloro che indossano un'uniforme con uno strumento di lotta politica, come un'arma retorica scagliata l'uno contro l'altro, divisi su un asse ideale sbilenco, torto tra un'idea di pacifismo oltranzista ed una di responsabilità attiva.
Non possiamo permettercelo, non possiamo permettere che il lavoro, la dedizione e l'identità stessa di coloro che servono l'Italia sia messa a disposizione di un dibattito che con la professionalità che chiediamo ogni giorno a più di 450 mila cittadini non ha nulla a che fare.
Alla politica la responsabilità di quanto succederà in India nei giorni a venire e alla politica da subito l'onere di continuare convintamente e senza cedimenti il pieno sostegno e la vicinanza ai nostri marò e alle loro famiglie.
In una lettera di marzo, poco dopo la nostra elezione in parlamento, Salvatore e Massimiliano ci chiesero di essere uniti, ci chiesero di fare nostro il motto che li contraddistingue e che hanno rispettato in questi due anni di attesa "tutti insieme, nessuno indietro". Non saremo da meno.
(Fonte)
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