sabato 12 ottobre 2013

I Marò ci costano quasi 5 milioni

Le spese affrontate per i legali indiani, la cauzione, i voli dei parenti e l’indennizzo ai familiari dei pescatori morti



Non c’è neanche bisogno di dirlo. La cosa importante è che tornino il prima possibile liberi e in patria, dove in realtà avrebbero dovuto essere processati per l’accusa di aver ucciso due pescatori indiani il 15 febbraio 2012. Invece sono passati quasi due anni da quando la petroliera Enrica Lexie, sulla quale sei marò garantivano la sicurezza e la protezione contro i pirati che infestano quelle acque, venne fatta rientrare a terra con un inganno. Da allora Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sono «ostaggio» della giustizia indiana e sono stati dimenticati dal governo italiano. E sarebbe meglio dire «ingiustizia», perché i due fucilieri sono formalmente innocenti, visto che non c’è stato ancora un processo e una condanna, e i tempi sembra che si allunghino giorno dopo giorno.

Nel frattempo la permanenza nel Paese straniero dei nostri militari ci costa un occhio della testa. Quanto? Da un lato ci sono le spese che riguardano le missioni diplomatiche in India per trattare con le autorità del posto, quelle di viaggio per i familiari della coppia (che alloggiano nella nostra ambasciata, dove vivono anche i fucilieri) e lo stipendio che continuano a percepire. Per non parlare della cauzione di 800mila euro sborsata dalla Farnesina il 2 giugno 2013 al fine di far rilasciare Girone e Latorre dal penitenziario di Thiruvananthapuram. Soldi che, però, sono rifondabili. E dell’indennizzo sborsato per risarcire i due pescatori del Kerala che viaggiavano sul peschereccio St. Antony quel maledetto giorno. In questo caso si tratta di 150mila euro a famiglia, versati prima ancora che sia accertato se sono stati veramente uccisi dai nostri soldati: un gesto che potrebbe essere interpretato, a torto, come ammissione di colpa.

Dall’altro, ci sono le spese legali per la difesa dei militari del battaglione San Marco. Finora il Viminale ha liquidato (o sta per liquidare) 3 milioni e 300mila euro. Lo ha fatto in tre tranches, la prima da 900mila euro, la seconda da 800 mila, la terza ancora da 900mila, mentre l’ultima, che deve essere ancora saldata, è di 700mila. L’esborso comprende le parcelle (ma si tratta di un acconto perché, probabilmente, il prezzo finale verrà stabilito alla fine del procedimento giudiziario) dei due studi locali che si occupano di assistere Girone e Latorre, cioè il Nadir e il Titus e dei legali indiani Salve e Rohatgi, patrocinanti alla Corte Suprema. Nella cifra sono incluse anche perizie tecniche, detective che indagano sul posto e altre attività necessarie alla difesa.

Lo stipendio che i due marò ricevevano in missione a quanto pare, non è stato sospeso. I viaggi dei familiari di Girone e Latorre (a carico della Marina), che sono stati in India a Pasqua, d’estate e ci riandranno quest’inverno, sono costati un po’ meno di 40mila euro. L’alloggio niente, perché mogli, compagne e figli sono stati (e saranno) ospiti di una Guest house e di un’altra struttura interna al compound della nostra sede diplomatica a Delhi. I genitori di Girone, infine, la scorsa estate hanno trascorso 15 notti in un albergo, per un costo complessivo di circa 1.300 euro. Il conto finale? Per ora siamo a quasi cinque milioni. Ma la «colpa» non è dei marò. È degli errori che sono stati fatti a Palazzo Chigi e che hanno consentito agli indiani di violare qualsiasi norma internazionale e nazionale e di «sequestrare» i nostri militari per oltre 600 giorni.

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