venerdì 15 agosto 2014

I DUE MARO’ ITALIANI SACRIFICATI AL POSTO DI NAPOLITANO E BERLUSCONI






di Gianni Lannes

Chi ha realmente ucciso i pescatori indiani Ajesh Pinky e Selestian Valentine, il 15 febbraio 2012? E che fine hanno fatto le loro salme?

Dal rapporto dell’ammiraglio Piroli - un documento che assembla le risultanze giudiziarie indiane passato dai servizi segreti nostrani al quotidiano filogovernativo la Repubblica - emerge che i fucili dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone non hanno ammazzato i due pescatori del Kerala. Ma allora, come mai, questi due militari sono stati privati della libertà dal 19 febbraio 2012, ad opera di uno Stato straniero pur non essendo ancora stato formulato un capo di imputazione certo?

Perché sono stati distrutti in tutta fretta dalle autorità indiane tutti i reperti di prova, come ad esempio il peschereccio St. Antony? 


Perché non c’è agli atti un autentico rapporto balistico dell’accaduto in acque internazionali?

Perché i corpi dei due pescatori non sono stati sottoposti ad autopsia, alla presenza di un consulente di parte italiana? 

Perché non è stata formata una commissione italo-indiana per la valutazione del grave accaduto? 

Dopo il crollo dell'impianto accusatorio indiano, perché il governo Renzi non ha dato mandato agli avvocati difensori dei connazionali Girone e Latorre di presentare urgentemente una richiesta di scarcerazione o comunque la fine della restrizione della libertà personale, considerando che questo è quello che farebbe qualsiasi avvocato difensore quando cadono le accuse al proprio assistito?
E per quale ragione il capo dello Stato Napolitano (già capo supremo delle forze armate) e gli esecutivi Monti, Letta e Renzi, al di là dei proclami propagandistici, dopo due anni e mezzo non hanno provveduto alla nomina dei consulenti tecnici della difesa che avrebbero dovuto partecipare direttamente all’inchiesta giudiziaria in ogni fase?
Perché il governo italiano ha consentito a quello indiano di sequestrare l’ambasciatore italiano a Nuova Delhi?  
In un servizio giornalistico ANSA del 2 aprile 2013 si apprende che il dottor Carlo Sica, avvocato dello Stato che segue i legali indiani di  Latorre e Girone, ha dichiarato che «è necessario un processo rapido ed equo» tenendo presente che «i marò sono bloccati in India solo da una denuncia del proprietario del peschereccio», dopo che la Corte suprema il 18 gennaio ha invalidato quanto fatto dalle autorità dello Stato del Kerala per mancanza di giurisdizione. In un servizio televisivo del 31 marzo 2013 trasmesso da TG La7, realizzato dal giornalista Paolo Argentini, si citava la procura federale indiana che avrebbe definito l'inchiesta fatta in Kerala «incompleta», «falsata» e «illegittima».
Ora se l'impianto accusatorio costruito dalle autorità del Kerala è crollato per la stessa dichiarazione della Corte suprema e della procura federale indiane, i connazionali Girone e Latorre, fino alla formulazione di nuove e circostanziate accuse supportate dalle risultanze probatorie di nuovi elementi di indagine, non sono al momento imputati di nulla. Né può bastare la denuncia del proprietario del peschereccio, mister Freddy Bosco, a trattenerli in una condizione di restrizione della libertà personale senza il supporto di nuovi elementi di prova o almeno di nuovi gravi elementi indiziari contro di essi raccolti dagli stessi inquirenti indiani. Non può bastare perché si tratta della sola parola di un privato cittadino che nel corso di questa vicenda ha continuamente rilasciato dichiarazioni pubbliche contraddittorie fra loro, e da notizie apparse sulla stampa indiana, contraddittorie anche con le dichiarazioni rese dalle altre persone presenti sul peschereccio St. Antony al momento dei fatti; poiché per stessa ammissione delle autorità indiane l'inchiesta finora condotta è stata definita incompleta, falsata e illegittima, e che sono ben noti grazie ad analisi fatte in Italia e supportate dai rapporti di organismi internazionali come l'International Maritime Organization, le evidenze di mancate indagini verso altri potenziali colpevoli presenti sulla scena dei fatti, e l'affondamento del peschereccio St. Antony che rappresentava l'unico elemento su cui verificare i più importanti elementi di accusa alla presenza dei consulenti tecnici della difesa come in ogni procedimento giudiziario.

Un passo indietro. Massimiliano Latorre e Salvatore Girone erano sulla petroiliera italiano Enrica Lexie, con il compito di proteggere beni ed equipaggio dall'assalto di pirati in quanto membri di un nucleo militare di protezione della Marina militare.  Nel tardo pomeriggio del 15 febbraio 2012, ora locale, l'equipaggio ha creduto di essere sotto attacco, i marò hanno pertanto aperto il fuoco contro un ‘imbarcazione.

La professionalità dei militari del San Marco è fuor di dubbio: hanno eseguito direttive e si sono attenuti a regole di ingaggio e procedure standard, viziate a monte da strategie errate giocando sulla ambiguità della nave mercantile in transito pacifico però armata con militari a bordo. Infatti, le direttive, le regole di ingaggio e le misure di contrasto sono state emanate dal Ministero della difesa ai sensi dell'articolo 5 del decreto-legge 12 luglio 2011, numero 107, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 agosto 2011, numero 130 . Si tratta di normative palesemente incostituzionali. promulgate dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e controfirmate dal primo ministro Silvio Berlusconi, nonché dai ministri la Russa, Frattini, eccetera.  

Altro che dietrologie, o inutili risse da sinistra a destra.  I due soldati italiani hanno eseguito gli ordini e sono due capri espiatori, già dati in pasto al governo indiano, poiché le responsabilità sono ai vertici dello Stato (Napolitano, Berlusconi, La Russa, Frattini, eccetera, nonché il parlamento della xvi legislatura) e ben tre ammiragli, tra l'ex capo dell'Aise.

    
Post scriptum

Per la cronaca: attualmente, non è ancora stata realizzata una vera inchiesta giornalistica indipendente sul caso. In compenso c’è un minus habens italidiota che imperversa sul web raffazzonando pure un volume sulla vicenda, che non sa neanche di cosa blatera, non dico che sappia distinguere una petroliera da un mercatile, un fucile mitragliatore da una pistola, un bossolo da un calibro, una rotta nautica da una rilevazione satellitare, una legge nazionale da una convenzione internazionale, e così via. Il paraocchi usato dalla sinistraglia è sempre la solita lente deformante dell’ideologia: se indossi una divisa o prendi le difese di chi veste un’uniforme sei automaticamente un fascista. Però, notoriamente, con me questa solfa stantia non attacca. Mai letto il discorso di Pier Paolo Pasolini sulla polizia sugli scontri a Valle Giulia? Bene, andatevi a documentare. Sull’altro fronte, invece, i facinorosi “neri per caso” hanno offerto il peggio.

Su proposta del presidente del consiglio, il 27 dicembre 2013 il Consiglio dei ministri ha prorogato di sei mesi l'incarico di commissario straordinario del Governo, «inviato speciale» presso il governo indiano per la trattazione della vicenda dei due fucilieri appartenenti al reggimento della Marina Militare «Brigata San Marco», conferito a Staffan De Mistura. Complessivamente, a fronte dei nulli risultati positivi, qual è  l'impegno di spesa totale assunto dal governo italiano per l'incarico conferito nel cosiddetto «decreto Mille proroghe» all'inviato speciale Staffan De Mistura, e quali sono ad oggi le spese totali di retribuzione e le spese accessorie dello stesso inviato speciale fin dall'inizio del mandato?

Che fare? Assediare pacificamente in massa ma ad oltranza l'ambasciata indiana a Roma, per ottenere l'immediata liberazione dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone.

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