Tira una brutta aria per i fucilieri di Marina Salvatore
Girone e Massimiliano Latorre ancora in attesa che si apra il processo a loro
carico presso il tribunale speciale istituito a Nuova Delhi. Secondo la polizia
investigativa anticrimine indiana (National Investigation Agency) che sta
completando le indagini sulla vicenda che li vede coinvolti, i due marò a bordo
della Enrica Lexie il 15 febbraio 2012 non utilizzarono altoparlanti per
lanciare avvertimenti né spararono colpi in aria prima di uccidere due
pescatori indiani a bordo del peschereccio St. Antony. Lo ha rivelato nei
giorni scorsi una fonte anonima del ministero dell'Interno indiano al
quotidiano Hindustan Times, lo stesso che aveva pubblicato nei giorni
precedenti la notizia della possibilità che i due militari italiani venissero
condannati a morte. L'ipotesi venne poi respinta dal ministero degli Esteri
indiano e dalla titolare della Farnesina, Emma Bonino ma le ultime rivelazioni
sembrano indicare che la pena capitale sarebbe legata alla valutazione degli
inquirenti circa la volontarietà e premeditazione dell'azione omicida nei
confronti dei due pescatori. In di
In base all'articolo 3 del SUA Act, la legge per la
repressione degli atti illeciti contro la sicurezza della Navigazione
marittima, chi "causa la morte di una qualsiasi persona sarà punito con la
morte". La NIA ha suggerito al ministero dell'Interno di procedere
all'incriminazione di Latorre e Girone in base proprio al SUA Act che si pone
però in contrasto con le garanzie offerte da Nuova Delhi al governo italiano
circa la non applicabilità della pena capitale. Le fonti dell'Hindustan Times
provengono dalla NIA e dal ministero degli Interni da tempo impegnato in un
braccio di ferro con gli Esteri, considerato troppo accomodante verso l'Italia
circa la vicenda dei marò. Era stato il ministro degli Esteri Salman Kurshid a
ipotizzare un breve processo e poi l'estradizione dei due militari italiani
tenuto conto che il governo indiano si è impegnato a non applicare la pena
capitale. I tempi però si sono allungati (l'avvio del processo non avverrà
prima di gennaio, se tutto va bene) e la sua conclusione potrebbe non essere
troppo morbida. A influenzare il dibattimento contribuisce anche la campagna
elettorale indiana che vede i nazionalisti indù accusare il partito del
Congresso di indulgenza nei confronti dell'Italia a causa delle origini
italiane di Sonia Ghandi, leader del partito di governo. Le affermazioni della
fonte citata dall'Hindustan Times lasciano aperti molti dubbi circa
l'obiettività della NIA nelle indagini. "Quando una imbarcazione sospetta
si avvicina - ha dichiarato la fonte - dovrebbero essere utilizzati
altoparlanti e sparati colpi di avvertimento. Ma in questo caso non sono state
seguite le regole. C'erano undici pescatori sulla St. Antony quando i fucilieri
di Marina italiani gli hanno sparato contro". Tuttavia, ha aggiunto,
"solo due di essi - Ajesh Binki e Jelestine - sono stati colpiti mentre
erano ai comandi del peschereccio. I rimanenti nove dormivano al momento in cui
è avvenuto l'incidente". La fonte ha concluso che a suo avviso i due sono
stati uccisi in una sorta di tiro al bersaglio, colpiti uno in fronte e l'altro
al cuore, colpi che si sono rivelati istantaneamente letali". Di fatto la
Nia sembra aver accettato senza esitazioni la testimonianza dei pescatori del
Saint Anthony che però dormivano e all'epoca dei fatti fornirono due versioni
diverse prima di concordare di essere stati colpiti senza preavviso dal fuoco
proveniente dalla Enrica Lexie. Nelle prime deposizioni alla polizia del Kerala
avevano detto di non essersi accorti di nulla a causa del sonno e di non aver
riconosciuto l'imbarcazione da dove proveniva il fuoco. Solo dopo l'arrivo in
porto e il fermo della nave italiana "ricordarono" di aver visto
chiaramente la scritta Enrica Lexie. Se le indiscrezioni dell'Hindustan Times
trovassero conferma significherebbe anche che le testimonianze dei marò
(Latorre, Girone e gli altri 4 del team) e dell'equipaggio della Lexie che
riferirono dell'applicazione piena delle regole d'ingaggio previste per far
allontanare l'imbarcazione non sono state tenute in alcun conto dagli
inquirenti indiani. Tra l'altro tutte le testimonianze italiane escludono che
siano stati sparati proiettili contro il peschereccio evidenziando come
l'imbarcazione abbia cambiato rotta dopo alcune raffiche esplose in mare dai
marò.
Il vice comandante della Enrica Lexie, interrogato dal vice
ispettore della Nia, P.V Vikraman, dichiarò addirittura di essere sicurissimo
"che l'imbarcazione che ho visto dal ponte della nave non era il
peschereccio St. Anthony" rinnovando l'ipotesi che quanto accaduto sul
peschereccio non abbia alcuna attinenza con la vicenda della nave italiana. Le
dichiarazioni rese dal persone italiano e dai marinai indiani della Lexie
divergono. "Ho immediatamente fatto suonare la sirena antinebbia" ha
dichiarato il capitano Umberto Vitelli ricostruendo le fasi di avvicinamento
del peschereccio. "«Non sono stati suonati segnali d'allarme sonoro"
lo ha smentito Kantamachu Thirumala Reo, marinaio indiano di guardia a bordo
della petroliera. Fonti della Nia hanno detto al giornale di "non avere
avuto alcun aiuto dall'interrogatorio degli altri quattro marò" sentiti
via videoconferenza dopo che l'Italia si era rifiutata di farli testimoniare in
India. Forse per non esporli considerato che il rapporto stilato per la Marina
dall'ammiraglio Alessandro Piroli ha rivelato che il 15 febbraio 2012 a sparare
furono i fucili dei marò Renato Voglino e Massimo Andronico. Un aspetto mai
chiarito che lascia aperto il dubbio che Latorre e Girone si siano assunti la
responsabilità perché erano i più alti in grado del team.
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