mercoledì 12 febbraio 2014

Marò,"un'altra nave ha colpito i pescatori".

L'intervista dimenticata
«Un'altra nave ha colpito i pescatori»
Il vice della Lexie confermò già un anno fa che i marò spararono in acqua e che ci fu uno scambio di barche

 di CHIARA GIANNINI

¦¦¦ Rischiano fino a dieci anni di carcere,
senza che, però, abbiano commesso
il reato di cui sono accusati. L' affaire
marò , questo è certo, è la più
grossa montatura che l'India
potesse mettere in piedi. Ora
la Procura chiede anche una
condanna in base al SuaAct, la
terribile legge antipirateria e
antiterrorismo, fortunatamente
senza applicazione
della pena di morte. Ma è da
chiedersi: tutto questo è giusto?
Decisamente no. Forse in molti non
si ricorderanno, ma un anno fa già c'era
chi sosteneva che Massimiliano Latorre
e Salvatore Girone fossero innocenti.
Qualcuno che a bordo della Enrica Lexie,
il giorno dei fatti, c'era davvero e che può
testimoniarlo. Il comandante in seconda
della nave della compagnia D'Amato di
Napoli, Carlo Noviello, spiegò subito come
erano andati i fatti e i giudici stessi lo
ascoltarono, a marzo 2013. In un'intervista
rilasciata a Radio Capital, Noviello
raccontò una versione realistica della vicenda.
«Ho visto tutta la scena, di quando
si è avvicinata questa barchetta disse
all'epoca il comandante in seconda -. Fu
fatta subito una segnalazione ottica, perché
noi abbiamo a bordo una search light
che può far luce fino a un miglio di distanza.
Lui (Latorre ndr) si mise col fucile
fuori, ma questi qui, imperterriti, proseguirono.
Era una chiara manovra di ab bordaggio.
Nonostante tutte le segnalazioni
che Latorre e Girone fecero, questi
continuarono imperterriti e alla fine loro
spararono in acqua». Lo disse chiaramente,
Noviello, senza mezzi termini: i
due marò «non colpirono il barchino.
Quando andarono via di poppa, col binocolo
i marò videro che erano armati,
ma non era morto nessuno. La barca su
cui gli indiani dicono che spararono i fucilieri
disse ancora è diversa da quella
su cui trovarono i pescatori morti». E
avanzò un'ipotesi: «Ci fu uno scontro a
fuoco tra un barchino chiarì e la guardia
costiera di Cochi. Si suppone che i
due morti fossero stati li, dopo che dovevano
aver fatto un assalto a una nave greca
e per coprire questo errore ci capitammo
noi di mezzo. La guardia costiera di
Bombay ci chiese esplicitamente di entrare
a Cochi, che loro avevano catturato
due barchette pirata sospette e volevano
che l'eventuale riconoscimento ci fosse
da parte nostra. Tutto si sarebbe protratto
per 5-6 ore di tempo. Ci misero dimezzo».
La barca, sempre secondo Noviello,
era a circa 100 metri dal ponte su cui erano
noi e a 50 metri dal lato della nave, che
viaggiava a 20,5 miglia dalla costa, quindi
in acque internazionali. Una ricostruzione
di cui i giudici, finora, sembrano
non aver tenuto conto. Intanto ieri i giornali
indiani hanno reso note alcune indiscrezioni
legate all'udienza dell'altro ieri
alla Corte suprema di New Delhi. I media
indiani annunciano che si deciderà in
base al diritto, secondo quanto avvertito
dal presidente della Corte stessa B.S.
Chauhan, senza tener conto «delle conseguenze
sul piano delle relazioni inter nazionali».
Una dichiarazione
che ha creato indignazione
nel mondo politico sia nazionale
che internazionale. Da
quanto si apprende, il procuratore
generale indiano, G.E.
Vahanvati, durante l'udienza
di lunedì, avrebbe ironizzato,
chiedendo all'avvocato dei
due marò, Mukul Rohatgi, se
non voleva che i due militari «fossero
condecorati». E ha proseguito: «Hanno
ucciso due persone». Un'ironia che, però,
non ha fatto sorridere nessuno. Tra
l'altro, sulla vicenda, si sta muovendo
anche la comunità internazionale, come
annunciato l'altro ieri proprio dal premier
Enrico Letta: «Italia e Ue ha scritto
reagiranno». E lo ha confermato anche
l'alto rappresentante per la politica estera
Ue, Catherine Ashton, che ha specificato:
«L'idea che l'Italia possa essere designata
come una nazione terrorista è
inaccettabile. Non è soltanto profondamente
inquietante per il governo italiano,
ma è allarmante per tutta l'Unione
europea», riferendosi ai tanti Paesi europei
impegnati nelle missioni internazionali
di tutto il mondo.

fonte LIBERO

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