Il Ministero degli Interni indiano ha dato il via libera all'interrogatorio a distanza degli altri 4 militari italiani imbarcati sulla"Enrica Lexie"
ROMA — Importante svolta nella vicenda giudiziaria dei 2 marò italiani detenuti in India con l’accusa di aver ucciso 2 pescatori in Kerala. Il ministero degli Interni indiano ha dato il via libera a un interrogatorio in videoconferenza degli altri 4 marò italiani che erano imbarcati sulla "Enrica Lexie" il 14 febbraio 2012. Con Massimiliano Latorre e Salvatore Girone sulla petroliera c’erano Renato Voglino, Massimo Andronico, Antonio Fontana e Alessandro Conte. La polizia indiana si collegherà con Roma, dove i 4 militari formalmente verranno interrogati dalla polizia giudiziaria italiana a cui gli indiani faranno le loro domande.
La "National Investigation Agency" indiana, la polizia incaricata del caso dal giudice speciale individuato dalla Corte suprema indiana, sta ricostruendo tutta la vicenda dopo che la stessa Corte suprema aveva ritenuto non valido il procedimento giudiziario avviato a suo tempo dalla polizia e dai giudici del Kerala. La Nia ha istruito il suo rapporto giudiziario: da settimane però mancavano solo gli interrogatori degli altri 4 marò. Interrogatori necessari perché, secondo le perizie balistiche, i proiettili ritrovati nei corpi dei 2 pescatori potrebbero essere compatibili con le armi di altri due sottufficiali invece che con i fucili Beretta in dotazione a Girone e Latorre. Un particolare importante, rilevato sin dal maggio del 2012 dal rapporto sommario redatto da un ammiraglio della Marina Militare.
L’interrogatorio in videoconferenza dovrebbe avvenire l’11 novembre, e questo permetterebbe di accelerare la conclusione dell’indagine e soprattutto la definizione formale dell’accusa per i due marò agli arresti domiciliari nell’ambasciata italiana a New Delhi.
Fino a pochi giorni in India fa il ministero degli Interni era totalmente contrario alla richiesta di un interrogatorio in videoconferenza o per rogatoria, come proponeva l’inviato speciale italiano Staffan De Mistura. Questo perché il ministro degli Esteri dell’epoca, Giulio Terzi, si era impegnato formalmente a far rientrare in India i 4 marò rimasti sulla nave se i giudici indiani avessero voluto interrogarli. Lo stesso direttore generale della Nia, Sharad Kumar, secondo la stampa indiana era contrario a una forma di "cessione di sovranità" da parte della sua polizia.
Il governo italiano ha invece trovato ascolto al ministero degli Esteri indiano dopo che l’inviato speciale Staffan de Mistura aveva sottolineato l’impossibilità di inviare in India gli altri quattro marò che costituivano il team di sicurezza sulla Enrica Lexie. De Mistura temeva che la polizia indiana avrebbe potuto non soltanto interrogare ma poi eventualmente trattenere nell’Unione qualcuno fra gli altri 4 militari italiani, creando nuovi problemi all’Italia per il nuovo incidente.
La "National Investigation Agency" indiana, la polizia incaricata del caso dal giudice speciale individuato dalla Corte suprema indiana, sta ricostruendo tutta la vicenda dopo che la stessa Corte suprema aveva ritenuto non valido il procedimento giudiziario avviato a suo tempo dalla polizia e dai giudici del Kerala. La Nia ha istruito il suo rapporto giudiziario: da settimane però mancavano solo gli interrogatori degli altri 4 marò. Interrogatori necessari perché, secondo le perizie balistiche, i proiettili ritrovati nei corpi dei 2 pescatori potrebbero essere compatibili con le armi di altri due sottufficiali invece che con i fucili Beretta in dotazione a Girone e Latorre. Un particolare importante, rilevato sin dal maggio del 2012 dal rapporto sommario redatto da un ammiraglio della Marina Militare.
L’interrogatorio in videoconferenza dovrebbe avvenire l’11 novembre, e questo permetterebbe di accelerare la conclusione dell’indagine e soprattutto la definizione formale dell’accusa per i due marò agli arresti domiciliari nell’ambasciata italiana a New Delhi.
Fino a pochi giorni in India fa il ministero degli Interni era totalmente contrario alla richiesta di un interrogatorio in videoconferenza o per rogatoria, come proponeva l’inviato speciale italiano Staffan De Mistura. Questo perché il ministro degli Esteri dell’epoca, Giulio Terzi, si era impegnato formalmente a far rientrare in India i 4 marò rimasti sulla nave se i giudici indiani avessero voluto interrogarli. Lo stesso direttore generale della Nia, Sharad Kumar, secondo la stampa indiana era contrario a una forma di "cessione di sovranità" da parte della sua polizia.
Il governo italiano ha invece trovato ascolto al ministero degli Esteri indiano dopo che l’inviato speciale Staffan de Mistura aveva sottolineato l’impossibilità di inviare in India gli altri quattro marò che costituivano il team di sicurezza sulla Enrica Lexie. De Mistura temeva che la polizia indiana avrebbe potuto non soltanto interrogare ma poi eventualmente trattenere nell’Unione qualcuno fra gli altri 4 militari italiani, creando nuovi problemi all’Italia per il nuovo incidente.
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