Parla l'ex ministro degli Esteri: «Ho provato a intervenire, ma oggi il silenzio di Nuova Delhi mi fa temere per la loro vita»
Inerzia, incertezza e affari: c’è tutto questo dietro la storia dei marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre. L’Italia non doveva rispedirli in India senza l’assicurazione che non rischiavano la pena capitale. Giulio Terzi di Sant’Agata, ambasciatore, ex ministro degli Esteri, commenta con preoccupazione la vicenda dei due fucilieri di marina che «non dovevano essere rimandati in India» e, se questo è stato fatto, è anche per le «pressioni di gruppi economici». Ora occorre un grande impegno internazionale in tutte le sedi perché «le speranze riposte in un atteggiamento diplomatico di basso profilo», hanno ben poche speranze. Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, i nostri Salvatore Girone e Massimiliano Latorre rischiano la pena di morte? «Ho visto le notizie di stampa, non smentite dal governo indiano, sulla possibilità dell’applicazione della pena di morte per Girone e Latorre: è chiaro che è inconcepibile pensare a due militari italiani impegnati in un’operazione antipirateria che vengono giustiziati, ma tutto dipende dal tipo di legislazione applicata. Il governo indiano ha affidato le indagini all’agenzia governativa che si occupa di antiterrorismo. E questa agisce nell’ambito di una legge che prevede la pena di morte e può essere applicata anche al di fuori del territorio nazionale indiano. I nostri marò hanno agito in acque internazionali, perciò fuori dal territorio indiano e per questo, per agire, il governo ha ventilato di applicare le norme antiterrorismo». Come è nata la vicenda? «Tutti hanno detto che quella legislazione non era applicabile, che non dovevamo preoccuparci, ma il fatto è che queste assicurazioni non si sono concretizzate. Ho sostenuto sin dall’inizio che un impegno formale sulla non applicazione di questa legislazione antiterrorismo ai nostri marò era il presupposto per la loro riconsegna. Mi sono espresso contro il rinvio dei marò e mi sono appellato al Presidente del Consiglio»
In molti avevano capito che questo impegno era stato preso.
«Avevano capito male. A meno di prendere per buone due righe di un incaricato di affari indiano».
Dietro questa vicenda c’è l’ombra degli interessi commerciali?
«Nell’insieme dei rapporti di un paese gli interessi commerciali pesano sempre molto. Posso dire che in quei giorni drammatici ci sono state forti pressioni di gruppi economici sul governo, che in quel momento stava trattenendo Girone e Latorre in Italia, perché rivedesse le sue posizioni. Non mi spingo a dire che qualcuno abbia detto: ridateglieli. Ma ci fu un forte invito al governo perché rivedesse la sua posizione».
E ora cosa è possibile fare?
«Vedo affacciarsi la via dell’arbitrato obbligatorio, che può sussistere in parallelo al corso della procedura indiana. È un’istanza giurisdizionale presso l’Onu, perché ora serve un’azione energica, visibile, presso la Segreteria Generale e il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. E si deve seguire anche la strada del Consiglio Atlantico, perché Girone e Latorre sono soldati di un paese aderente al Patto Atlantico che hanno agito in una missione di sicurezza in acque internazionali».
E l’iniziativa del vicepresidente dell’Ue, Tajani?
«Sicuramente positiva, perché è necessario portare questa vicenda in tutte le più alte istanze internazionali e servono una grande sensibilità politica e dell’opinione pubblica. Si può pensare anche un intervento all’Nsg, l’ente che si occupa delle energie nucleari e dove è necessario il consenso italiano. Un atteggiamento di basso profilo, affidandosi alla cortesia diplomatica, non può ottenere risultati, serve una forte visibilità internazionale. Mi auguro che subito il governo indiano dica che non verrà adottata la legge antiterrorismo ».
In questo momento molte parti politiche, come il MoVimento Cinque Stelle, si stanno mobilitando andando anche in India. È positivo?
«Sono iniziative che possono essere utili, a patto di non fare confusione. L’Italia deve essere determina e ben organizzata, con il parlamento e i media. Senza farsi strumentalizzare da forze locali».
Antonio Angeli
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