venerdì 17 gennaio 2014

Marò, anche l’Europa in campo «In bilico gli accordi con l’India»

«Qualora l’India dovesse decidere che i due marò italiani devono essere giudicati per capi di imputazione che contemplano la pena di morte, inevitabilmente l’Europa non potrebbe proseguire le trattative sugli accordi di libero scambio né, tanto meno, continuare a mantenere la situazione di favore con la concessione di tariffe agevolate».




Antonio Tajani, vicepresidente della Commissione Europea, è categorico. Spiega anche da che cosa derivano queste certezze.
«La posizione dura non è mia, è dell’Europa tutta ed è nei fatti. Per l’Europa la pena di morte è inaccettabile. Non dimentichiamo che l’Europa ha preso un Nobel per la pace per il rifiuto della pena di morte. Nella Ue, altro dato importante, non è prevista l’estradizione in Paesi dove viene applicata la pena capitale. Impossibile, quindi, continuare a trattare. Non sto parlando di una ipotetica condanna, mi riferisco anche ai capi di imputazione».

Che da due anni non sono stati ancora formulati.
«Appunto. Allora viene da dire che se non ci sono neanche i capi di imputazione, li rimandino a casa».

Ma non è così immediato.
«Occorre procedere per gradi e ritengo che, rispetto all’incolpazione, ci si può concedere un cauto ottimismo. Soprattutto dopo le dichiarazioni del ministro degli Esteri indiano che ha escluso l’ipotesi di applicazione della legge antiterrorismo».

Che cosa sta accadendo in queste ore?
«C’è un grande lavoro diplomatico e non soltanto da parte dell’Italia. Anche l’ambasciatore Ue, con discrezione, sta operando a Nuova Delhi, così come altri ambasciatori europei, sempre dietro le quinte, si stanno adoperando per risolvere la questione».

Barroso si è impegnato?
«Assolutamente e pienamente. Mi ha ribadito che la Commissione europea farà tutto il possibile per giungere a un positivo epilogo». 

Le pressioni cominciano a farsi sentire?
«Non sono mai mancate. È ovvio, però, che con il ricomparire sulla scena dell’ipotesi pena di morte, si sono rinforzate. In ballo c’è molto: le trattative per gli accordi commerciali, le agevolazioni. Senza considerare che si tratta di due militari italiani che erano impegnati in una missione internazionale contro la pirateria. Un’eventuale incriminazione per terrorismo, come un’ipotetica condanna, mettono a rischio la partecipazione dell’Italia alle missioni di pace del futuro».

Che cosa auspica?
«Nessuna imputazione di terrorismo, un processo rapido ed equo che riporti i due fucilieri in Italia. Tanto più che loro erano in acque internazionali e su suolo italiano, perché la nave che li ospitava è italiana».

Se fosse stato ministro degli Esteri ai tempi della licenza premio in Italia, li avrebbe fatti ripartire?
«Assolutamente no. Come dicevo, l’Europa non concede l’estradizione in Paesi dove vige la pena di morte. Non c’era alcun motivo di rimandarli in India, avevano già dimostrato ampiamente disponibilità e correttezza».


Il testo della lettera firmato dai 58 (su 73) deputati italiani in Europa e inviata al presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e all'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione Catherine Ashton per chiedere un impegno maggiore delle istituzioni comunitarie nella vicenda dei marò: 
Illustre Presidente, Illustre Alto Rappresentante,
come è noto, tra Italia ed India è in corso una disputa nata dall’arresto da parte delle autorità indiane il 15 febbraio 2012 di due Fucilieri della Marina italiana, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, impegnati in un’azione antipirateria in acque internazionali.
A tal proposito, il Parlamento europeo nel maggio 2012 ha adottato una risoluzione sulla "pirateria marittima" in cui ribadiva che "in base al diritto internazionale, in alto mare si applica sempre alle navi e al personale militare a bordo la giurisdizione nazionale dello Stato di bandiera". Le autorità italiane hanno sempre ritenuto che l’India violasse gli obblighi di diritto internazionale consuetudinario e pattizio, in particolare il principio dell’immunità dalla giurisdizione degli organi dello Stato straniero e le regole della Convenzione ONU sul Diritto del Mare (UNCLOS) del 1982.
Nonostante l’Italia abbia a lungo promosso un dialogo con le autorità indiane per la ricerca di una soluzione diplomatica del caso, dopo quasi due anni questa vicenda continua a essere contrassegnata da azioni da parte dell’India non in linea con le consuetudini o le prassi giuridiche applicabili. 
Da ultimo, l’ipotesi di applicare la “Sua Act”, la legge antipirateria che prevede anche la pena di morte.
Solo l'ipotesi di prendere in considerazione una condanna a morte nell’ambito dell´azione giudiziaria avviata contro i due fucilieri della marina italiana, non può non suscitare indignazione presso le Istituzioni europee tutte, sia in quanto palese violazione dei diritti uomo sia perché l'Ue ha ricevuto il Nobel per la pace anche per il suo forte impegno in tutte le sedi istituzionali contro la pena di morte.
Non si tratta, quindi, solo di una vicenda bilaterale tra due Stati, ma è in gioco il ruolo della diplomazia europea e i principi consuetudinari del diritto internazionale.
A tal fine, Le chiediamo di esercitare tutti i poteri e le funzioni attribuite dal Trattato di Lisbona al fine di assistere il Governo italiano, paese fondatore dell’UE, in questa complicata disputa internazionale e in particolare di verificare passo dopo passo la legittimità delle azioni e delle procedure che l’India ha intrapreso o che intende intraprendere, con l’obiettivo primario di far rispettare i legittimi diritti dei due marò (a distanza di due anni non sono stati definiti in modo chiaro i capi di imputazione), scongiurare l’ipotesi di condanna a morte e avvalersi di ogni strumento giuridico, politico e diplomatico a disposizione dell’UE per consentire ai Massimiliano Latorre e Salvatore Girone di poter essere giudicati da un tribunale italiano.
(tratto da: ioamolitalia)

I nomi dei sottoscrittori (solo 56) secondo i media:
Raffaele Baldassarre (Ppe/Fi), Giovanni La Via (Ppe/Ncd), David Maria Sassoli (Sd/Pd), Niccolò Rinaldi (Alde/Idv), Giuseppe Gargani (Ppe/Popolari per l’Europa), Lorenzo Fontana (Efd/Ln), Cristiana Muscardini (Ecr/Csr), Carlo Fidanza (Ppe/Fdi), Magdi Cristiano Allam, Antonello Antinoro, Alfredo Antoniozzi, Paolo Bartolozzi, Sergio Berlato, Fabrizio Bertot, Mara Bizzotto, Franco Bonanini, Vito Bonsignore, Mario Borghezio, Rita Borsellino, Antonio Cancian, Salvatore Caronna, Carlo Casini, Lara Comi, Silvia Costa, Francesco De Angelis, Paolo De Castro, Susy De Martini, Luigi Ciriaco De Mita, Leonardo Domenici, Franco Frigo, Elisabetta Gardini, Salvatore Iacolino, Vincenzo Iovine, Clemente Mastella, Barbara Matera, Erminia Mazzoni, Cludio Morganti, Alfredo Pallone, Pier Antonio Panzeri, Aldo Patriciello, Mario Pirillo, Vittorio Prodi, Licia Ronzulli, Oreste Rossi, Potito Salatto, Matteo Salvini, Amalia Sartori, Giancarlo Scottà, Marco Scurria, Sergio Paolo Francesco Silvestris, Salvatore Tatarella, Patrizia Toia, Gino Trematerra, Giommaria Uggias, Iva Zanicchi, Andrea Zanoni.
I nomi di chi, facendo la differenza, non hanno firmato (non ne è dato sapere la motivazione): 
Andrea Cozzolino (PD), Enzo Rivellini (FI), Fiorello Provera (LN), Francesca Balzani (PD), Francesca Barracciu (PD), Francesco Speroni (LN), Gianni Vattimo (IdV), Giovanni Pittella (PD), Guido Milana (PD), Herbert Dorfmann (Popolari per l'Europa), Lorenzo Fontana (LN), Luigi Berlinguer (PD), Pino Arlacchi (PD), Roberta Angelilli (NCD), Roberto Gualtieri (PD), Sergio Cofferati (PD), Sonia Alfano (Indipendente), Tiziano Motti (Per L'Italia).

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