lunedì 27 gennaio 2014

Le associazioni d’arma in prefettura per i marò



[Ferrara] 25.01 - Una sessantina di persone appartenenti alle varie associazioni d’arma hanno presidiato questa mattina l’ingresso della prefettura per chiedere il rientro in patria dei due marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre al momento trattenuti all’interno dell’ambasciata d’Italia in India, in attesa di giudizio da quasi due anni per l’uccisione di due pescatori indiani nelle acque contigue al largo della regione del Kerala scambiandoli per pirati dopo il non rispetto dell’alt intimato agli stessi.
I manifestanti, appartenenti all’Associazione Nazionale Alpini, alle forze di pubbliche sicurezza, all’Associazione Marinai d’Italia, all’Associazione Lagunari, all’Associazione Nazionale Carristi Italiani e al Gruppo Nazionale Leone di San Marco, muniti di striscioni a sostegno dei fucilieri di marina e chiari nell’esprimere la loro vergogna nei confronti della gestione della vicenda da parte della diplomazia italiana hanno poi ottenuto tramite i loro rappresentanti un incontro con il prefetto durante il quale è stata consegnata una lettera aperta al presidente del consiglio Enrico Letta.
I marò, si legge nella lettera, “sono in stato di detenzione [...] in circostanze, che riteniamo ancora da chiarire, che hanno suscitato nei cuori di tutti gli italiani sbigottimento e profonda amarezza per la successiva fase di un assurdo procedimento fuori da ogni concezione del diritto internazionale”.
“È forte il nostro senso di delusione — prosegue la missiva — in questa vicenda verso i diritti calpestati dei nostri due colleghi [...] che ancora oggi sono detenuti da altro Stato che ancora non definisce nemmeno in modo chiaro un preciso di imputazione”.
Le associazioni d’armi chiedono quindi al presidente del consiglio “di esercitare, con la massima decisione, supportata, siamo certi, dalla forte sollecitazione di tutti gli italiani, tutti i poteri e le funzioni assumibili dal governo italiano, anche con il coinvolgimento della Unione Europea, che possano sollecitamente portare al rispetto dei legittimi diritti dei sue sottufficiali a poter essere giudicati in Italia, da un tribunale italiano e secondo la giurisprudenza italiana” per “restituire parimenti sacrosanta dignità al nostro Paese e a tutti i militari italiani comandati come loro in missione o in servizio in qualunque parte del mondo”.
(Fonte)

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