di Marco Ventura
ROMA - «Sì, abbiamo completato le indagini sui marò». Contro Massimiliano Latorre e Salvatore Girone è stata usata la legge antiterrorismo sulla navigazione marittima? «Sì, l’abbiamo applicata».
Il Sua Act è la norma che prevede fino alla pena di morte se i nostri fucilieri di Marina saranno riconosciuti colpevoli dal tribunale speciale e condannati per l’uccisione di due pescatori del Kerala scambiati per pirati il 15 febbraio 2012. Quando si farà il processo? E cosa rischiano? «Non posso aggiungere commenti, il caso è ora alla Corte suprema, che a febbraio prenderà una decisione». È secca e decisa al telefono la voce di Sharad Kumar, il direttore generale della NIA, National Investigation Agency, l’FBI indiana che secondo le indiscrezioni avrebbe costruito la base per un processo che potrebbe concludersi con la pena capitale, a dispetto delle assicurazioni scritte del governo indiano lo scorso marzo. Quel documento, concordato fra l’inviato speciale per i marò Staffan de Mistura e il ministero degli Esteri indiano, lascia uno spazio d’autonomia alla magistratura indiana ma sottolinea che la vicenda dei marò non rientra nei pur rarissimi casi che in India comportano la pena di morte. Da allora con la ripresa delle indagini da parte della NIA, che di fatto si occupa dei reati più gravi dal terrorismo al traffico d’armi, dallo spionaggio all’attentato alla sicurezza della navigazione, lo spettro della fucilazione è ricomparso più volte sui media indiani.
LE CONFERME
Il capo della NIA conferma che le indagini in realtà sono finite ma non pubbliche, ed è quindi possibile formulare un capo d’accusa che però non c’è ancora, e la legge applicata è proprio il famigerato Sua Act. Il dilemma che l’amministrazione indiana si pone adesso è come evitare questo esito, per non compromettere le relazioni con l’Italia ed evitare ripercussioni sull’accordo di libero scambio UE-India che potrebbe esser firmato dopo le elezioni indiane di aprile-maggio e le contemporanee elezioni per l’Europarlamento.
La UE fa pressing sull’India. E come quasi sempre avviene in questi casi in India, la questione sarà risolta dalla Corte Suprema. Che ha invitato le istituzioni a trovare un accordo al loro interno. Il clima freddo nella NIA nei confronti dei marò era già evidente a metà aprile, quando un responsabile dell’Agenzia a Kochi disse: «Io non mi occupo di relazioni fra Stati. Io sono un investigatore, mi concentro sul delitto. Il mio compito è scoprire la verità. Non ci faremo influenzare dall’emotività che c’è attorno a questo caso». E ancora: «Non siamo in tempo di guerra, non mi importa se a commettere un delitto sono stati uomini in uniforme». Nessuna immunità.
L’ITALIA
Ieri il ministro degli Esteri Emma Bonino ha portato il caso a Davos, dove ha incontrato i ministri indiani del Commercio e delle Finanze, Anand Sharma e Shri Chidambarn. «Mi hanno espresso con chiarezza l’opinione che la pena di morte non è pensabile». Si sono impegnati a fare «quanto in loro potere» perché vi sia una decisione il 3 febbraio. Certo, ammette la Bonino, «c’è frustrazione in Italia e anche la stampa indiana ammette che la vicenda è stata gestita non in maniera specchiata. Anche la nostra giustizia non brilla per tempismo, ma è sconcertante che dopo due anni non ci sia neppure il capo d’imputazione».
L’Italia è preoccupata per la «politicizzazione» dovuta alla campagna elettorale che vede contrapporsi i nazionalisti al Partito del Congresso dell’italiana Sonia Gandhi. Accenna poi, la Bonino, che «appena finito il processo i marò torneranno in Italia», in base a «accordi internazionali». Infatti, anche se condannati, i due fucilieri potrebbero scontare la pena in patria.
fonte http://www.ilmessaggero.it/PRIMOPIANO/ESTERI/mar_amp_ograve_india_terrorismo_pena_di_morte/notizie/474281.shtml
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