DAL BLOG DDI FERNANDO TERMENTINI
Il 19 luglio Ezio Mauro pubblica
sul quotidiano ”La Repubblica” un articolo sulla vicenda dei due Marò titolato “L’Italia cede alla condanna pur di farli
tornare presto a casa”
Con assoluta modestia mi permetto di non concordare sul titolo che
forse sarebbe stato più appropriato se espresso, ad esempio, con parole, “L’Italia
non è in grado di pretendere che i due Marò siano giudicati in Patria e
preferisce cedere al ricatto indiano”.
Uno scritto che ci informa fra
l’altro “La Bonino spera per Natale. L’India : stiamo superando gli ostacoli”. Immediata la domanda su quale
certezza il Ministro Bonino fonda la sua speranza che Massimiliano e Salvatore ritorneranno
a Natale. Se il Suo convincimento deriva da promesse indiane sarei molto cauto
nell’accettarne i contenuti.
Sarei, invece, molto confuso se
il pensiero del Ministro fosse indotto
dalla sicurezza derivata dalle famose “regole di ingaggio” concordate con
l’India come ci ha informato alcune settimane orsono i Vice Ministro Pistilli e
si dia per scontato che rientrino con i “ceppi ai polsi” dopo una condanna.
Uno smarrimento che mi spinge a
proporre, seppure come soluzione limite, che forse è arrivato il momento che
nel quadro del processo italiano di ”Spending Review”, sia ridotto al minimo il
Ministero degli Affari Esteri in considerazione dell’efficacia diplomatica
delle sue azioni a fronte di consistenti spese gestionali e funzionali.. Magari,
limitarne le funzioni alla sola gestione
amministrativa dei visti turistici o d’affari.
Un’amara considerazione che
deriva dalla constatazione che coloro a
cui è affidata l’affermazione della sovranità nazionale all’estero, molla
essenziale per amplificare le potenzialità e l’affidabilità nazionale in
termini politici ed economici, da tempo dimostrano di prediligere soluzioni di
compromesso piuttosto che di fermezza.
Nel caso dei due Marò abbiamo
accettato l’altalena decisionale e dilazionatoria imposta dall’India,
rinunciato ai nostri diritti previsti in ambito Internazionale, non in ultimo astenendoci
di affidare il giudizio a parti terze attraverso un arbitrato internazionale.
Si è preferito, invece, accettare che a due militari italiani non fosse
riconosciuta l’immunità funzionale lasciandoli in ostaggio da più di 500 giorno
ad uno Stato terzo. Scegliere la strada
“del minore dei mali” non è vincente nella maggior parte delle controversie
internazionali prediligendo un approccio
pragmatico e semplicistico che può
essere accettabile nella gestione politica di piccoli fatti interni, ma
sicuramente non condivisibile quando la
controversia coinvolge in bilaterale due Stati sovrani.
Nei rapporti del Karzakistan, come
emerge giorno dopo giorno ed anche confermato dalle parole del Presidente della
Repubblica, abbiamo quasi obbedito alle
richieste di un diplomatico straniero
accreditato a Roma senza essere nemmeno preparati a farlo, se è
vero che nessuno degli apparati dello Stato a cui è affidata la sicurezza
nazionale fosse a conoscenza che un “esule” ricercato dall’Interpol vivesse a
Roma. In questo caso, nessuna responsabilità della Farnesina, ma perplessità che dopo quasi un mese il MAE
non abbia espresso il “non gradimento” per l’Ambasciatore kazako ed avviato le
pratiche di rimpatrio, dandone notizia alla Nazione..
Infine, un agente della CIA
catturato a Panama in seguito ad un mandato internazionale emesso
dall’Italia, dopo appena 24 ore viene rilasciato e riconsegnato al proprio
Stato che rivendica giustamente per il suo cittadino “l’immunità funzionale
all’epoca dei fatti”.
Forse, anche in questo caso è
mancata un’auspicabile azione diplomatica a Panama ed a Washington coordinata
da Roma, per ottenere almeno una formale sessione giudiziaria in cui Italia ed
USA potessero esplicitare le reciproche motivazioni..
Un pensiero, questo mio, non di
critica, non provocatorio, solo l’espressione di massima delusione nei
confronti di uno Stato in cui ho sempre
creduto, servendolo per 40 anni in Patria ed all’Estero, penso
con onore e dedizione.
21 luglio 2013 ore 16,00
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