DAL BLOG DI FERNANDO TERMENTINI
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Primo fra tutti, l’inviato speciale italiano che fin dal
primo momento è stato incaricato prima dal Ministero degli Affari Esteri e poi
dall’Esecutivo presieduto dal Senatore Monti e confermato da quello attuale, a rappresentare l’Italia sviluppando ogni
possibile mediazione con l’India per ottenere il rilascio dei due marò.
Un impegno, quello del dott. De Mistura, che continua ancora
oggi che, però, sicuramente per scarsa informazione ed una serie di dichiarazioni
ufficiali non sempre congrue fra loro, induce molte incertezze.
Una prima dichiarazione quella del 18 maggio 2012 che non sto
a giudicare per i contenuti politico/diplomatici ma sconvolgente nella
sostanza. In quella occasione, infatti, il dott. De Mistura dichiarava alla
Televisione indiana “la morte dei due pescatori è stato un incidente fortuito,
un omicidio colposo. I nostri due Marò non hanno mai voluto che ciò accadesse,
ma purtroppo è successo”.
Un’ammissione dei fatti assolutamente coerente a quella dello
Stato del Kerala, ufficializzata dal Sottosegretario agli Esteri, nel momento caldo della gestione degli eventi
e che accompagnava la “donazione” italiana alle famiglie dei pescatori morti ed
al proprietario del peschereccio,. Dichiarazioni ed atti interpretati dagli
indiani ed anche da molti commentatori internazionali come un’ammissione di
responsabilità da parte italiana, assolutamente inopportuna in quel momento.
Quell’esperienza negativa non ha però fermato l’ incongruenza delle
dichiarazioni che si sono succedute. Per raccontarle tutte si dovrebbe scrivere
un libro, ma si preferisce sintetizzarne alcune per proporre una comunicazione
rapida e concreta, da cui ciascuno potrà trarre le proprie conclusioni.
Dopo l’ammissione della “possibilità” di un evento colposo,
il dott. De Mistura dichiarava che Il Governo Italiano continua ad allargare le relazioni con
altri paesi sulla vicenda dei due marò italiani in carcere in India,
Massimiliano Latorre e
Salvatore Girone. Infatti si trattava di una questione di
diritto internazionale in quanto è accaduta in acque internazionali.“Nessun militare, di nessun paese può essere
giudicato fuori dal proprio stato di provenienza”, queste sono state le parole del
sottosegretario agli esteri, Staffan De Mistura, su Rainews.
Questa, ha aggiunto, è una regola internazionale che vale
per tutti, anche per il militare americano che ieri in Afghanistan ha ucciso 16
persone. “Sono sicuro che non verrà
giudicato in Afghanistan” –ha considerato De
Mistura- “Vale per tutti, indiani, americani, italiani devono essere giudicati nel
paese di origine”.
Un’affermazione assolutamente condivisibile, ma che come tante altre è rimasta una dichiarazione di intenti mai concretizzata.
Perentoria anche la frase del’ex Sottosegretario “se non li
liberano alzeremo i toni” (http://video.sky.it/news/mondo/maro_de_mistura_se_non_li_liberano_alzeremo_i_toni/v114415.vid),
quando ce lo dovrebbe spiegare.
Importante, poi,
quella dell’11 marzo 2013 quando fu deciso di non far rientrare i due Marò in
India al termine del “permesso elettorale”. Ore 17,53 dell’11 marzo, l’AGI
informa che De Mistura dichiara “La
decisione di non far rientrare i maro’ in India “e’ stata presa in
coordinamento stretto con il presidente del Consiglio Mario Monti e d’accordo
tutti i ministri” coinvolti nella vicenda, “Esteri, Difesa e
Giustizia”. Aggiunge che “siamo tutti nella stessa posizione, in maniera
coesa e con il coordinamento di Monti”.
De Mistura chiarisce poi
che “a questo punto la divergenza di
opinioni” tra l’Italia e l’India sulle questioni della giurisdizione e
dell’immunità richiede un arbitrato internazionale: il ricorso al diritto
internazionale o una sentenza di una corte internazionale” e che non c’e’ stata
ancora una reazione indiana alla nota verbale consegnata dall’ambasciatore
italiano a New Delhi Daniele Mancini.
Una notizia i cui contenuti da lì a breve , se
non si è compreso male, sarebbero stati smentiti dal Presidente del Consiglio
Senatore Monti quando il 26 marzo in Parlamento dichiara “: "Trattenere i marò in italia era oggetto di
decisioni in itinere che non avrebbero dovuto essere oggetto di precipitose
dichiarazioni alla stampa, che Terzi ha fatto, anticipando il risultato finale
che non si poteva dare per scontato".
Una smentita
all’agenzia del dott. De Mistura dalla quale si evinceva, invece una precisa
condivisione del Presidente del Consiglio (“siamo tutti nella stessa
posizione, in maniera coesa e con il coordinamento di Monti”). Il
Sottosegretario il giorno dopo veniva promosso dal
Senatore Monti al rango di Vice Ministro.
Infine, due altre
modeste contraddizioni . La
prima DE MISTURA : "ABBIAMO GARANZIE SCRITTE SULLA NON APPLICABILITA’
DELLA PENA DI MORTE".
Questo perché Nuova Delhi ha fornito all'Italia una "assicurazione scritta
ufficiale del ministero degli Esteri a nome del governo indiano". De
Mistura ha poi aggiunto che "la stessa assicurazione è stata data
nuovamente dallo stesso ministro degli Esteri Salman Khurshid durante il lungo
e costruttivo colloquio avuto ieri (venerdì, ndr)".
Affermazioni in parte sconfessate da New Delhi, 23 mar. (Adnkronos) - Il governo indiano non ha fornito "nessuna garanzia" al governo italiano in merito alla sentenza che verrà pronunciata dal tribunale speciale ordinato dalla Corte suprema di Delhi sulla vicenda dei due marò italiani Salvatore Latorre e Massimiliano Girone. Lo ha detto il ministro della Giustizia indiano, Ashwani Kumar, in un'intervista all'emittente Tv Ibn.
Al giornalista che gli domandava come mai il ministro
degli Esteri Salman Khurshid avesse rassicurato l'Italia sul fatto che i due
marò non rischiassero la pena di morte, Kumar ha risposto: "Come può il potere esecutivo
dare garanzie sulla sentenza di un tribunale?". Khurshid, ha
aggiunto il ministro della Giustizia, "è anche un avvocato e sul perché
abbia detto quelle cose, sta a lui rispondere".
L’ultima
infine di questi giorni quando sia il Ministro degli Esteri sia l’inviato
speciale in India parlano di una soluzione “equa e rapida” del problema ed il
Vice Ministro agli Esteri Pistelli parla di “regole di ingaggio” concordate con
l’India. La “luce in fondo al tunnel” è, però, ancora spenta.
Una
sintesi di fatti che induce a chi non ha esperienza degli approcci diplomatici
a parlare di incongruenze. Forse una cattiva deduzione derivata da carenza di
informazioni ufficiali. Accogliamo, quindi, l’invito di
“urliamo di meno” raccomandato dal
Ministro degli Esteri il 1 giugno 2013, ma nello stesso tempo vorremmo
capire se e dove sbagliamo nel definire incongruenti certe dichiarazioni.
Il cittadino,
come chiunque altro, non deve urlare per
affermare le proprie posizioni, ma ha il sacrosanto diritto di sapere, perché
attraverso la conoscenza può arrivare ad una partecipazione costruttiva della
vita del proprio Paese, un diritto innegabile
in democrazia.
4 luglio 2013 - ore 14,00
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