L’“Approach pirate attack” e le chiglie simili. Lo scoop ignorato di Capuozzo
Lo scoop realizzato da Toni Capuozzo su “Mezzi toni”, la
sua rubrica di Tgcom24, è stato accolto dal silenzio di chi si occupa,
istituzionalmente e non, della vicenda dei Marò italiani Massimiliano
Latorre e Salvatore Girone. Lo scoop riguarda l’innocenza dei due
fucilieri della marina relegati in India da oltre cinquecento giorni.
L’incidente tra la Enrica Lexie e il peschereccio St. Anthony, in cui
perdono la vita due pescatori, sarebbe avvenuto alle ore 16,25 locali e a
circa venti miglia dalle coste indiane. Nel messaggio originale, in cui
viene segnalato un “Approach pirate attack”, si parla genericamente di
una imbarcazione rilevata dal radar di bordo che si dirigeva verso il
cargo italiano fino a invertire la rotta dopo l’intervento di
dissuasione dei nostri militari con colpi sparati in acqua. Nessuno ha
mai parlato di un peschereccio e in effetti è impensabile condurre
un’azione di pirateria con un battello che non supera gli otto-dieci
nodi di velocità. Dopo tale segnalazione, per cinque ore non accade più
nulla. Il tutto si rianima, con una escalation che ha dell’incredibile,
dopo il rientro, alle 23,20, del St. Anthony nel porticciolo di
Neendakara con a bordo i corpi di due pescatori rimasti uccisi in un
conflitto a fuoco. Ad attenderlo ci sono varie emittenti televisive e,
naturalmente, la polizia. Poco dopo l’armatore e comandante del
peschereccio, Freddy Bosco, rilascia un’intervista televisiva in cui
dichiara che l’incidente è avvenuto verso le 21,30, sempre ora locale.
E così quella sera del 15 febbraio 2012 la guardia
costiera indiana si ritrova sul tavolo l’incidente subìto dalla nostra
nave alle 16,30 e la denuncia inoltrata tramite radiotelefono da un
peschereccio poco dopo le 21,30, che parla di un incidente con un
bastimento mercantile e di due pescatori morti. Ed ecco che due fatti
avvenuti in orari e luoghi diversi diventano uno solo: la Lexie viene
collegata direttamente alla morte dei due pescatori nonostante le
dichiarazioni del comandante del St. Anthony e le comunicazioni via
radiotelefono collochino l’evento intorno alle 21,30. Intanto alle
22,20, all’organizzazione marittima internazionale, giunge un messaggio
dalla nave greca Olympic Flair, che segnala di aver subìto un “Approach
pirate attack” da due imbarcazioni. Il messaggio lo riceve anche la
guardia costiera indiana che, ora, è in possesso di tre segnalazioni:
quello della Lexie delle 16,25, del peschereccio che denuncia la morte
di due pescatori alle 21,30, della petroliera greca per un attacco
pirata avvenuto prima delle 22,20. Gli orari indicati dalla Olympic
Flair e dal peschereccio via radiotelefono coincidono. Eppure le
autorità indiane, spasmodicamente concentrate a dare la caccia alla
Lexie, trascurano tale coincidenza e la lampante evidenza dei fatti.
Cosa hanno in comune la nave greca e quella italiana? Il colore nero e
rosso della chiglia descritto dai superstiti del St. Anthony. Un colore
che fa comodo a coloro che stanno intessendo la trappola ai danni del
cargo italiano, l’unico che si sta dirigendo nel porto di Cochi, mentre
quello greco, nero e rosso anch’esso, viene lasciato libero di
proseguire.
Il silenzio istituzionale italiano
E’ quindi probabile che sia andata come hanno raccontato Latorre e Girone: l’imbarcazione che si era avvicinata all’Enrica Lexie era troppo veloce per essere il St. Anthony. Cinque ore dopo sarà la petroliera greca a essere attaccata da due barchini. E’ sceso il buio e il St. Anthony, che si trova nella stessa zona, viene preso nel mezzo del conflitto a fuoco che ne scaturisce. Dopo un anno dal fatto si è potuto accertare la presenza a bordo dell’Olympic Flair di contractor della società greca Diaplous, dotati di armi e proiettili di calibro Nato. Davanti alle menzogne delle autorità indiane e a prove tanto palesi è incredibile che quasi mai si sia parlato della innocenza dei due Marò.
(Fonte)
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